Oollana "La Rlvolta,,

OPUSCOLETTI DI PROPAGANDA rivoluzionaria e anarchica

PIETRO KROPOTKIN

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La Legge e l'autorité

NOTA delPeditore

Corne ebbimo a prcannunciare con la « Nota » al primo opuscoletto délia « Collana ANTEO », inizia-mo, adesso, col présente, la « Collana LA RI VOLT A ». E, allora, pensiamo sia bene precisare che, inentre la « Anleo » verra a pubblicare opuscoletti di propa-ganda atea, antireligiosa e anticléricale (vedi titoli nella copertina), «La Rivolta » verra a pubblicare opuscoletti di propaganda rivoluzionaria e anarchi-ca, cioè quei « semi del pensiero rivoluzionario e anc-liti di umana ribellione » che ci proponevamo con la prîma « Anteo ».

Come col suo terzo numéro (vedi « Vecchio e nuovo testamento») la «Collana Anteo» si è as-sunto, per meglio qualiflcarsi agli occhi dei lettori, un programma ben definito facendo propria ralîer. mazione bakuniana: « Se dio (>, VVomo è schiavo: ora VVomo pua, DEVE essere libero; dunque dio non esiste », cosi « La Rivolta » avril il proprio, che sarà (juesto: «Solo la distruzione del POTERE politico (Governi-Stato), di (juello economico (Proprietù pri-vata - Capitalisme di Stalo) e di quello relitjioso (Dio -Chiesa) polrà porre fine allô sfruttamento, alla fa. me, aile guerre, all'oppressione, alla dominazione delluomo sulVuomo e alla schiavitù. Solo una Hivo-Inzione di s pi rit i e d'armi distrnggerà i tre pote ri in-fausli quanto eriminali ed anacronistici, realizzando 1)1 FATTO, VAssociazione dei Liberi e Uyuali ».

Programma certamente vasto, complesso ed audace. Ma chiaro ed incquivocabile nella sua prospet-tiva. A qualcuno — o, a molti — puô seinbrare nto-pistico, j)er noi — che non ci spaventa nemmeno il termine utopia — sarà la bandiera con la quale chia-meremo a raccolta gli sfruttati e oppressi e tutti co-loro che — generosi, sinceri, ojiesti, altruisti — han-no fatto, o vorranno fare propria la gran eau sa del riscatto intégrale delITJomo. Siamo convinti che, prima o poi, — è solo questione di volontà, di perseve-ranza, di abnegazione, di entusiasmo — le moltitu-dini (delPignoranza. delTincoscienza, délia paura,

Prefazlone

Qua e là, da questo o da quello, qualche vol ta, quando si vede con occhi propri che le cose non van-no per il giusto verso », si sente dire corne una invo-cazione sommessa che « bisogna ritornare aile fonti », aile origini, alla radice. E allora, siccome per noi « ritornare aile fonti » vuol dire rimettere in di-scussione anche i cardini sui quali si poggiano le strutturazioni politico-economiche-culturali délia so-cietà imprigionaia nella ferrea rnorsa dello Stato, ec-co la necessità délia ristampa di questo opuscoletto del K.; di questo opuscoletto col quale K. va diritto a puntare gli strali arroventati délia polemica anar-chica contro la « Legge » e contro « l'Autorità »: cardini questi che, oggi più che mai, ne\V occident e corne, piaccia o non piaccia, anche in oriente; nei paesi a régime democratico-capitalista, corne in quelli a re~ girne socialista-autoritari e in quelli cristiano-fasci-sta-totalitari, son divenuti dei tabii veri e propri per molta, per moltissima gente.

Si sente discutere di tante cose e si sente criti-care un mucchio di roba davvero anacronistica, da tanta gente, ma nessuno, tranne qualche anar-chico preistoricot che viene a tirare per i capelli la « Legge » e « l'Autorità », quella Legge e quella Autorité che pur assommano tante malefatte e tanti de-litti e tanta responsabilità nelPandamento delle co-se délia società, e Iungo lo svolgimento délia Storia. Nessuno che viene a domandarsi: la «Legge», cos'è la Legge? A cosa serve? A chi serve? E perché? E P« Autorità », che cosa è l'Autorità? Dove afTonda le sue radici maleflche? Qual'è, dappertutto, la sua ve-ra essenza? La sua funzione?

A togliersi i paraocchi délia disciplina rinuncia-trice (cosa che, senza nessuna esitazione, dovrebbe-ro riuscire a fare sopratutto i giovani, gli opérai, i contadini, gli studenti e, in particolare, i rivoluzio-nari) si vedrebbe subito che sono domande pertinen-ti e di cocente attualità: domande, comunque, che tutti coloro che non sono per niente soddisfatti di conte vanno le cose di tutti e di ognnno, délia società e degli individui, dovranno pur porsi ed aile quali do-vranno dare una risposta. Perché, altrimenti, che

senso ha, che valore puô mai avere il parlare _ e

scrivere —, il lottare per la Liberté e per l'Ugua-gîianza?

Bisogna sfatare l'antica leggenda, accomodantc e comoda, secondo la quale è impossibile l'umana convivenza senza la Legge e senza l'Autorità. E, per contro, riconsiderare con molta attenzione e serietà quei concetti principî de « il libero accordo » e del « mutuo appoggio », che son concetti principî kro-potkiniani e anarchici attorno ai quali è possibile — è urgente — fare un lunghissimo discorso, con i quali orientare ogni azione veramente rivoluzionaria, e a-prirsi del le prospettive veramente nuove e veramente degne, cioè rwoluzionnrie.

Noi, intauto, pensiamo che l'opuscoletto del K. assolve, eniro certi limiti, s'intende, a questo coin-pito in modo gagliardo, appassionato e diretto. E vorremmo che non si facesse torto alla moéestia dél testo, ma che si cercasse in esso il « nocciolo délia questione ». Per tirarîo fuori, alla luce di tutti: perché tutti _ tutti, cioè gli interessati — possano ren-

dersi conto appieno di quanta violenza e di quanto sangue si sono insuppati, a danno di tutti, la Legge e VAutorità.

E, allora, si vedrà che questo opuscoletto — corne gli altri che seguiranno — son meno vecchi di quanto possa apparire a prima vista, o di quanto vo'rrebbero tanti superficialoni che si sciacquano la bocca coi termini abusati di « moderno » di « attualità », di « realismo », di « socialismo ».

Quindi un opuscoletto valido sotto molti aspetti. Valido pcr il discorso di cui si diceva prima e chc, comc dicevamo, dovranno afFrontare sopratutto i gio-vani chc, tanto pcr fare un esempio, in fatto di Legge e di Autorité, di anarchia, di anarchici e di anarchi-smo, di rivoluzione e di rivoluzionari, hanno avuto, ed hanno, la rifrittura di tutti quei luoghi comuni i più triti e convenzionali délia più vieta e prevenuta polemica spicciola a base di malafede e di ignoran-za. Un opuscoletto valido anche corne seme pregnan-te di sovversivismo (un termine malfamato che vuol dire qualcosa e che bisogna rivalutare) e corne carica dirompente. Ecco: dare ai giovani, intrappolati nella rete dei pantafolai di tutti i Partiti e le organizzazio-ni sindacali e partigiane, anche, dei testi antichi, se si vuole, ma genuini e freschi, anche se modesti. Dei testi, tanto per intenderci, non sacri (no, perdio!) ma sui quali, se si vuole — Viva la Liberté! — si, potrà pisciarci sopra, sicuri che nessuna Legge e Au. torità anarchica, verranno a processarli per nessun vilipendio od oltraggio, né tantomeno imprigionarli, o fucilarli, come di fatto fanno tutti gli adoratori délia Legge e deWAutorità (con la propria Legge e la propria Autorità) con gli anarchici.

Sono in molti, oggi, a sostenere che Tanarchi-smo è morto o che è divenuto un relitto prcistorico buono per i musei. Ebbene, si consideri Panarchi-smo — le istanze intrinscche che ne derivano dalla formulazione teoretica, dai suoi principî e dalle sue idee e metodi, e come, queste istanze e formulazioni e principî e metodi, afTondino le proprie radici nella reattà e si identiflchino con le aspirazioni più profonde, genuine e rivoluzionarie dei popoli — contrappo-sto alla Legge e all'Auton/à e si vedrà quanto viva e valida e attuale è la sua «carica».

La «Legge» e l'« Autorità »- imperano ancora oggi armati di strumenti liberticidi, di terrore é di coercizione: le polizie, gli eserciti, i tribunali, le galère; le discriminazioni, le persecuzioni, la tortura,

ecc. ecc., sono ancora oggi le « cose », i « mûri » contro i quali si scontrano le più elementari aspirazio-ni e rivendicazioni di benessere, di liberté, di dignité, di autonomia di tutti.

Ciô malgrado, ancora oggi, tutti — meno gli anarchici — che fanno? Non trovano di meglio — corne, appunto quei tutti dei teinpi del l'opuscoletto — che chiedere sempre una nuova legge per sa-nare i mali che li angustiano e aflïiggono, e di ri-chiamarsi a quella Autorité che s'è dimostrata, o-vunque, incapace e impotente, inadeguata e contro-producente, a liberare la società, ammesso che Fab-biano mai voluto, dalle sue profonde contraddizio-ni. Ha davvero ragione K. quando afferma che « L'an-no 1 délia liberté non è mai durato più di un giorno perché dopo averlo proclamato Vindomani stesso gli uomini si ricacciavano sotto il gioco délia Legge e àeW Autorité.

E' vero che K. si rifà alla Société scaturita dal-Fincendio délia « grande rivoluzione » francese, ma il lettore attento di oggi si puô benissimo rifare alla Société di oggi, alla Société scaturita dalle grandi rivoluzioni moderne — in Russia, nel Mexico, in Ju-goslavia, in Cina, nelle Indic, nei paesi delFAfrica e delle Americhe —: non si sente forse ripetere conti-nuamente con toni di minaccia e argomenti liberti-cide, « rispetto alla Legge», e « obbedienza all'Auto-rità », ovunque, corne allora?

Ordun<que, dato che cosi stanno le cose, con più forza che mai noi diciamo col K. che « il meglio che si posêa fare di tutte le leggi (anche dei paesi cosi-detti « socialisti ») è di accenderne un gran falo!

Abbiamo ritenuto opportuno completare l'opuscoletto con lo scritto dello stesso K. « I diritti poli-tici » ed ognuno vedrà dalla lettura come sia vera e attuale la conclusione a cui perviene K.: « Le liberté non si concedono, si prendono »/ Che ognuno ne fac-cia tesoro.

La legge e i" autorità

« Quando l'ignoranza è nel seno délia società ed il disordine negli spiriti, le leggi divengono numerose. Gli uomini aspeftano tutlo dalla legislazione, e sic-come ogni legge produce un nuovo disinganno, essi sono indotti a domandare continuamente alla legislazione ciô che puô risultare soltanto dalVopera loro, dalla loro educazione, dallo stato dei loro costumi ». Non è certo un rivoluzionario colui chc ha scritto ciô c neinineno un riformatore. E' un giureconsulto, il Dalloz, l'autore délia raceolta delle leggi francesi, conosciuta sotto il nome di Repertorio délia legislazione. Eppure queste parole, quantunque scritte da un uomo che era egli stesso un fabbricante ed un ammiratore delle leggi, rappresentano perfettamente lo stato anormale delle nostre società.

Negli Stati attuali una legge nuova è considerata come un rimedio per tutti i mali. Invece di riformare da se stesso il maie, si incomincia col domandare una legge che vi metta riparo. La strada tra due villaggi è impraticable? e il contadino dice che ci vorrebbe una legge sulle strade vicinali. La guardia campestre ha insultato qualcuno profittando délia viltà di coloro che le portano rispetto? e l'insultato dira che ci vorrebbe una legge che ordini aile guardie campestri di essere più garbate. Il commercio e l'agri-coltura languiscono? « Risogna fare una legge protêt-trice »: cosi ragionano il coltivatore, Tallevatore di bestiame, il mercante di grano; e fino il rivenditore di stracci vecchi domanda una legge che protegga il suo piccolo commercio. Il padrone ribassa i salari o allunga la giornata di lavoro? « Ci vuole una legge che rimedi a cià » — esclama il deputato in erba, invece di dire all'operaio che c'è un altro mezzo ben più efficace di « rimediare a ciô », ed è il riprendere al padrone quello che egli ha rubato a intere generazioni di opérai. Insomma sopra ogni cosa una legge: ^na legge sulle strade, una legge sulle mode, una legge sulla virtù, una legge per opporsi a tutti i vizi ed a tutti i mali che derivano solo dalPindolenza e dalla viltà degli uoinini.

Noi siamo tutti tahnente pervertiti da una edu-cazione che fin dall'infanzia cerca di sedare in noi

10 spirito di indipendenza e di promuovere quello di soggezione; noi siamo talmente pervertiti da que-sta vita trascinata sotto la sferza délia legge che regola tutto: la nostra nascita, la nostra educazione,

11 nostro sviluppo, il nostro amore, le nostre a m ici -zie che alla fine, se continua cosi, perderemo ogni iniziativa, ogni abitudine di ragionare con la nostra testa. Sembra ormai che le nostre società abbiano smarrito la coscienza che si possa vivere altrimenti che sotto il regime délia legge, elaborata da un go-verno rappresentativo ed applicata da un pugno di governanti; e quando per caso esse arrivano ad eman-ciparsi da questo giogo, il loro primo pensiero è quello di ripretiderne subito un altro. « L'anno I délia Liberia » non è mai durato più di un giorno, perche dopo averlo proclamato, Findomani stesso gli uomini si ricacciano sotto il giogo délia Legge e del-l'Autorità.

Sono migliaia di anni che i nostri governanti ripetono di continuo in tutti i toni: Rispetto alla Legge, obbedienza all'Autorità. E in questo senti-mento il padre e la madré allevano i loro figliuoli; e la scudla lo fortifica, cercando di mostrarne la necessità ai fanciulli, a poco a poco, mediante dei ritagli di scienza bugiarda abilmente ammannita; fa-cendo un culto delPubbidienza alla legge; unendo il Dio e la legge dei padroni in una sola e identica divinità. L'eroe délia storia ch'essa fabbrica è colui che obbedisce alla legge, colui che la difende contro i ribelli.

Più tardi, quando il fanciullo entra nella vita pubblica, la società e la letteratura con Topera di ogni giorno e di ogni istante, corne la goccia d'acqua che scava la pietra, continuano a inculcargli lo stesso pregiudizio. I libri di storia, di scienza politica, d'economia sociale rigurgitano di questo rispetto alla legge. Han perfino messo a contribuzione le scienze fisiche e, introducendo in queste scienze di osserva-zione un linguaggio falso preso a prestito dalla teo-logia e dalPautoritarismo, son pervenuti abilmente a confonderci la mente, e sempre allo scopo di man-tenere il rispetto délia legge. La stampa serve allo stesso scopo. Infatti non c'è articolo nei giornali che non propaghi Pohbedienza alla legge, mentrc poi la terza pagina constata ogni giorno la sua imbe-cillità, e mostra come essa è trascinata nel fango da coloro che debbono applicarla. Insomma la servi-lità verso la legge è fatta virtù, ed io dubito che vi sia un rivoluzionario il quale non abbia comin-ciato nella sua giovinezza col difenderla dai cosi-detti abusi, che ne sono Pinevitabile conseguenza.

Ed* anche Parte si unisce alla pseudo-scienza. L'eroe del pittore, del musico, dello scultore copre la Legge del suo scudo, e con gli occhi di fuoco e le narici dilatate, c pronto a colpire con la sua spada chiunque osi toccarla. Ad essi innalzano tempii, si sacrano grandi sacerdoti che i rivoluzionari stessi osano appena toccare; e se la rivoluzione viene a spezzare una vecchia istituzione, è sempre con una legge che cerca di consacrare Popera sua.

Questa congerie di regole di condotta, che ci le-garono prima la schiavitù, poi il servaggio e final-mente il feudalismo e la regalità, e che formano la Legge, ha sostituito quei mostri di pietra ai cui piedi si immolavano le vittime umane, e che lo schiavo antico non osava nemmeno di rasentare per timoré di essere ucciso dai fulmini del cielo.

Questo culto si è stabilito specialmente dopo il trionfo délia borghesia, dopo la grande rivoluzione francese. Sotto Pantico regime pochi parlavano di leggi, eccettuati Montesquieu, Rousseau, Voltaire per opporle alParbitrio dei re e dei suoi servi; perché allora bisognava obbedire ai cenni di costoro sotto pena di essere imprigionati o impiccati. Ma durante e dopo la rivoluzione, gli avvocati giunti al potere fecero del loro meglio per consolidare questo prin-cipio, su cui dovevano fondare il loro regno futuro. E la borghesia l'accettô corne un'ancora di salvezza per opporre una diga al torrente popolare; e la pre-taglia si affrettô a santificarla per salvare la barca che rovinava tra le onde del torrente; e il popolo infine l'accettô corne un progresso contro Parbitrio e la violenza del passato.

Bisogna immaginare con uno sforzo délia mente il secolo decimottavo per comprendere questo feno-ineno. Bisogna aver sentito scoppiarsi il cuore al racconto delle atrocità che a quell'epoca perpetravano i nobili onnipossenti contro gli uomini e le donne del popolo per comprendere quale influenza magica le parole: « Egnaglianza davanti alla legge, obbedien_ za alla legge, senza distinzione di nascita e di for-tuna », dovevano esercitare un secolo fa. sullo spi-rito deiPuomo asservito. Egli, che fino allora aveva sofferto un trattamento bestiale, che non aveva giam-mai avuto alcun diritto, e non aveva giammai otte-nuto giustizia contro gli atti più rivoltanti.de! no-bile, se non a patto di vendicarsi uccidendolo e fa-cendosi impiccare, egli si vedeva dichiarato da questo principio, alineno in teoria, alineno in diritto, Pegua-le al suo signore. Qualunque fosse questa legge, essa intanto prometteva di colpire ugualmente il signore e il plebeo, essa proclamava l'eguaglianza, davanti al giudice, del ricco e del povero.

Questa promessa era una menzogna, e noi lo sappiamo; ma a quelFepoca era un progresso, un omaggio reso alla verità. E perciô quando i salvatori délia borghesia minacciata, i Robespierre e i Danton, basandosi sugli scritti dei filosofi borghesi, i Rousseau e i Voltaire, proclamarono « il rispetlo délia

legge, uguale per tutti », _ il popolo, il cui slancio

rivoluzionario cominciava già ad affievolirsi contro un nemico sempre più solidamente organizzato, ac-cettô il coinpromesso. Egli piegô il collo sotto il giogo délia Legge, per salvarsi daU'arbitrio del si-gnore.

In seguito, la borghesia non ha cessato di uti-lizzare questa massima, la quale, insieine al princi-pio del governo rappresentativo, riassume la filosofia del secolo borghese, il decimonono. Essa l'ha pro-fessata nelle scuole, essa ha creata la sua scienza e la sua arte eon questo obiettivo, essa l'ha ficcata dapertutto, come il pinzocchero inglese che vi ficca sotto la porta i suoi testi religiosi. Ed è riuscita tanto nel suo intento chc oggi stesso assistiamo a questo fatto esacrabile: quando al risvegliarsi dello spirito critico gli uomini vogliono essere Iiberi, co-minciano a chiedere ai loro padroni di proteggerli meglio, modificando le leggi create dai padroni stessi.

Ma i tempi e le coscienze da un secolo sono cambiale; e dappertutto si trovano dei ribelli che non vogliono piu ubbidire alla legge, senza sapere di dove essa viene, quale è la sua utilità, di dove dériva Pob-bligazione di obbedire ed il rispetto che si ha per essa. La rivoluzione che si matura è una « Rivoluzio-rxt * e non una semplice sommossa, appunto perché i - ribeHi dei nostri tempi sottomettono alla loro cri-tica tutte le basi délia società, venerata sinora, e primo fra le altre, questo feticcio — la Legge.

Essi rieercano la sua origine, e trovano, ora un Dio — prodotto dai terrori del selvaggio, stupido, me-schino e cattivo come i preti che si fan forti délia sua genesi, soprannaturale, — ora il sangue, la conquista col ferro e col fuoco. Essi studiano il suo carattere, e trovano per tratto distintivo l'immobilité, che so-stituisce lo sviluppo continuo del genere umano. Essi domandano corne la legge si mantiene, e scoprono le atrocità del bizantinismo e i delitti deU'inquisizione; le torture del medioevo, le carni vive tagliate a pezzi dalla frusta dell'aguzzino, le catene, la mazza, la scure al suo servizio; i sotterranei delle galere, le sofferen-ze, i pianti e le maledizioni.

E anche oggi — sempre la scure, la corda, il fu-cile e le prigioni. Da una parte Pahbrutimento del prigioniero ridotto allo stato di belva nella gabbia, e dall'altra il giudice spoglio di tutti i sentiment! che formano la parte migliore délia natura umana, il quale vive come un visionario in un mondo di finzioni giuridiche, e applica la ghigliottina con l'incoscienza del pazzo morale, senza dubitare nemmeno dcll'a-bisso di degradazione in cui è caduto di fronte a coloro che condanna.

Noi vediaino una genia di legislatori privi di qualsiasi competenza, che votano oggi sul risanamen-to délia città, e non hanno la minima nozione di igiene; che regolano domani Pesercito, e non cono-scono un fucile; e che legiferano sull'insegnamento e l'educazione, e non hanno saputo mai dare ai loro figlioli un insegnamento qualsiasi o un'educazione onesta; che sentenziano a diritto e a rovescio, ma non dimenticano mai la pena che colpirà il diseredato, la prigione e la galera che colpiranno degli uomini ineno immorali di loro.

Noi vediamo infine il carceriere che perde ogni sentimento di uomo, il gendarme che si atteggia a cane da presa, la spia che si compiaee di sè stessa, la delazione cambiata in virtù, la corruzione retta a sistema; tutti i vizi insomma, tutti i lati cattivi délia natura umana, favoriti, coltivati per il trionfo délia Legge.

Noi vediamo ciô, e per ciô, invece di ripetere scioe-camente la vecchia formula: «Rispetto alla Legge,, noi gridiamo: « Negazione delta legge e dei suoi attributif ». Che si confrontino soltanto i misfatti com. piuti in nome di ciascuna legge e i benefizi che ha potuto recare, e si conoscerà la giustizia profonda del nostro grido.

u

Quando studiamo i costumi dei popoli primitivi, constatiamo due tendenze diverse.

Poichè Puomo non vive da solo, in lui si elabo-rano dei sentimenti, delle abitudini utili alla conser-vazione délia società e alla propagazione délia specie.

Senza questi sentimenti sociali, senza la pratica délia solidarietà, la vita in comune sarebbe stata as-solutamente impossibile, e non li stabilisce la legge, perché sono anteriori ad ogni legge; non li prescrive la religione, ed infatti si trovano presso tutti gli animali che vivono in società. Essi si sviluppano da per sé, per forza di cose, corne quelle abitudini che Puomo ha chiamati istinti nelle bestie; essi derivano da una evoluzione utile ed anche necessaria, perché conserva la società nella legge per Pesistenza che deve sostenere.

I selvaggi finiscono per non inangiarsi a vicenda, quando si accorgono che è più vantaggioso dedicarsi ad una cultura qualsiasi, che permettersi una volta alPanno lo spasso di gustare la carne di un vecchio parente.

Nel seno delle tribù affatto libéré, che non co-noscono né leggi né capi, secondo il rapporto di parecchi viaggiatori, i membri di uno stesso clan smettono di accoltellarsi ad ogni questione, perché l'abitudine di vivere in comune ha finito per svitup-pare in essi un certo senso di fratellanza e di solidarietà, e preferiscono di rimettere a dei terzi la com-posizione delle loro querele. L'ospitalità dei popoli primitivi, il rispetto per la vita umana, il senso di reciprocanza, la pietà per i deboli, il valore, fino al sacrificio di sé per il bene degli altri, che si comin-cia a praticare prima verso i bambini e gli amici, eppoi verso tutti i membri délia comunità, tutte queste doti si formano nel Puomo prima délia legge, e alPinfuori délia religione, come negli altri animali socievoli. Tali sentimenti e tali costumi non sono ' inerenti alla nàtura delPuomo (come dicono i preti e i metafisici) ma sono il risultato délia vita in società." "

Ma insieme a questi usi, necessari alla consfer-'

vazione dclla società e délia razza, si formano altri desideri, altre tendenze, e quindi altre abitudini e altri costumi. Il desiderio di dominare il prossimo, d'imporgli la propria volonté, il desiderio di impa-dronirsi delle ricchezze appartenenti alla tribù vicina; il desiderio di assoggettare gli altri uomini per gode-re senza lavorare, — questi desideri personali, egoisti, erano un'altra corrente di abitudini e di costumi.

Il prete da un lato, questo ciarlatano che sfrutta la superstizione e che, dopo di essersi liberato egli stesso délia paura del diavolo, la diffonde tra i suoi;

11 guerriero dall'altro, questo rodomontc che spinge aU'invasione e al saccheggio dei vicini per tornare con un carico di bottino e un seguito di schiavi; en-trambi si danno la mano e riescono ad imporre aile Società primitive dei costumi barbari, i quali tendono a perpetuare il loro doininio sutla massa, e valendosi dell'inerzia, délia paura, dell'ignoranza che avvilisce la folla, e grazie alla ripetizione costante dei medesi-mi atti, arrivano a fissare quei costumi che saranno la base délia loro supremazia.

A taie scopo si avvalgono prima dello spirito di adattamento, cosi forte neU'uomo, e che nci fanciulli e nei popoli selvaggi raggiunge un grado tanto alto quanto negli animali. Poichè l'uomo, specie quando è superstizioso, ha sempre paura di cambiare lo stato attuale, e venera generalmcnte cid che è antico.

« I nostri padri hanno fatto cosl; essi sono vis-suti alla meglio; essi ci hanno allevati; essi non furon infelici; fate anche voi lo stesso ». Cosi dicono i vec-chi ai giovani, quando minacciano di cambiare qualche cosa. L'ignoto li agghiaccia, e preferiscono di ag-grapparsi al passato, quand'anche rappresenti la mi-séria e la schiavitù.

Si puô anzi aggiungere, chè quanto più Fuomo è infelice, tanto più teme di cambiare qualche cosa, per la paura di accrescere ancora la sua infelicità. Bisogna che un raggio di speranza e qualche ora di benessere penetrino dentro il suo tugurio, perché

egli incominci a vedere il meglio, a criticare la sua vecchia maniera di vivere, e a desiderare un cambia-mento. Finchè questa speranza non l'ha invaso, finchè non si è afîraneato dalla tutela di coloro che lucra-no su lie sue superstizioni e sulle sue paure, egli pre-ferisce rimanere nella sua situazione. E se i giovani vogliono cambiarla soltanto di poco, i vecchi getta-no un grido di allarme contro gli innovatori. Un sel-vaggio si farebbe uccidere prima di violare il costume del suo paese, perché sin dalTinfanzta gli hanno ripetuto che la minima infrazionc agli usi stabiliti gli porterebbe disgrazia, e perderebbe Tintera trihù. E anche oggi quanti économiste politicanti e pseudo-rivoluzionari agiscono sotto la medesima impressio-ne, aggrappandosi a un passato che fugge! Quanti non si danno altro pensiero che cercare dei prece-denti ! Quanti caldi innovatori si dimostrano semplici copisti delle rivoluzioni passate!

Questo spirito misoneista che ripete Ja sua ge-nesi dalla superstizione, dalla debolezza e dalla pol-troneria, fece in ogni tempo la forza degli oppres-sori: e nelle società primitive fu abilmente sffuttato dai preti e dai capi militari, perché perpetuava i costumi favorevoli ai loro interessi, che essi riusci-vano a imporre aile tribu.

Finchè questo spirito conservatore, abilmente sfruttato, bastava ad assicurare ai capi la violazione délia libertà altrui, finchè le sole ineguaglianze tra gli uomini erano le naturali, non ancora accresciute e ingigantite dalTaccentramento delle ricchezze e del potere, — non c'era alcun bisogno délia legge e dello apparecchio formidabile dei tribunali e delle pene sempre crescenti.

Ma quando la società si divise a popo a poco in due classi nemiche, Tuna che cerca di imporre la propria supremazia e Taltra che cerca di sbarazzar-ne, allora cominciô la lotta. E il vincitore si studiô . di immobilizzare il fatto compiuto, di renderlo indU

scutibile, santo e venerabile, per mezzo di tutto quello che i vinti onorano del loro rispetto. E apparve la legge, sanzionata dai prete, e servita dai l'arme del guerriero. Essa tende a fissare i costumi favorevoli alla minoranza dominatrice, e l'autorité militare si incarica di assicurarle l'obbedienza.

E al tempo stesso il guerriero in questa nuova funzione trova un mezzo per fortificare il proprio potere; poichè non rapresenta più la semplice forza brutale, ma la difesa délia legge.

Ma se la legge non fosse che un insieme di pre-scrizioni vantaggiose soltanto alla classe dominatrice, troverebbc delle gravi difficoltà per farsi accettare ed ubbidire.

Ebbene, il Iegislatore confonde in un codice uni-co le due correnti di costumi di cui parlammo finora: le massime che contengono i principi di moralità e di solidarietà elaborati dalla vita in comnne e gli ordini che devono conservare per sempre l'inegua-glianza.

I costumi assolutamente necessari all'esistenza stessa del la società, furono mescolati nel Codice aile pratiche imposte dai dominatori, ma con finissima abilità « A'on uccidere! » dice il codice e « paga la décima al prete » s'affretta ad aggiungere. « Non ru-barel » dice il codice, e subito dopo: «Colui che non pagherà l'imposta sarà multato ».

Ecco la legge col suo duplice carattere, che conserva ancora ai nostri tempi. La sua origine è il desiderio dei dominatori di perpetuare i costumi, gl'in-teressi, i privilegi délia loro casta; il suo carattere è l'abile confusione dei costumi utili alla società, che non abbisognano di alcuna legge per essere rispettati, coi costumi nocivi alla massa ed utili ai dominatori, che non possono esser mantenuti se non colla paura dei supplizi.

Abolite la propriété privata, che sorge dalla frode e dalla violenza sotto l'auspicio dell'autorità, e la Legge non avrà più titoli al rispetto degli uomini.

Figlia délia forza e délia superstizione, instaurata nel-l'interesse del prete, del conquistatore e del ricco pa-drone, essa deve sparire del tutto nel giorno in cui il popolo dovrà spezzare le sue catene.

Noi ce ne convinceremo ancor più analizzando, nel capitolo che segue, lo sviluppo ulteriore délia legge sotto gli auspici délia religione, deU'autorità e del regime parlamentare dei nostri giorni.

III

Noi abbiamo visto come la legge è sorta dai costumi e dagli usi stabiliti e come, sin dai suo prin-cipio, si forma mediante l'abile connubio dei costumi necessari alla conservazione délia specie e délia società con altri costumi, imposti da coloro che si avvalgono delle superstizioni popolari e del diritto délia forza. Questo duplice carattere determina il suo sviluppo ulteriore presso i popoli più civili. Ma men-tre il nucleo dei costumi sociali raccolti nel codice subisce una lenta e debole trasformazione nel corso dei secoli, l'altra parte si sviluppa potentemente, a vantaggio delle classi dominatrici e a danno delle oppresse. Solo di tratto in tratto i dominatori si la-sciano strappare una legge qualunque che sancisce, almeno in apparenza, una certa garanzia per i dise-redati. Ma allora questa legge non fa che abrogarne una anteriore, fatta a vantaggio del privilegio. « Le migliori leggi, dice Buckle, furono sempre quelle che abrogarono delle leggi precedenti ». Ma quale sacri-ficio d'opera e di sangue ogni volta che si deve di-struggere un'istituzione che serve a tenere il popolo nella schiavitù! Per distruggere le ultime vestigia del servaggio e dei diritti feudali, per annientare la po-tenza délia corte, la Francia dovette passare attra-verso quattro anni di rivoluzione e venti di guerre. Per abolire la più piccola tra le leggi ingiuste che il passato ci lega in retaggio, ci vogliono anni e anni di lotta, e la maggior parte di esse non spariscono veramente che nei periodi rivoluzionari.

Ai suoi primordi la legge era il palio o contralto nazionale. Al Campo di Marte le lcgioni e il popolo stringevano il patto; e il Campo di Maggio dei co-muni primitivi délia Svizzera è ancora un ricordo di quell'epoca, malgrado tutte le alterazioni introdotte dalla mescolanza colla civiltà borghese e accentra-trice. Certamente questo contratto non era sempre liberamente consentito, perché il forte e il ricco sin d'allora imponevano la loro volontà; ma pure trova-vano un ostacolo ai loro tentativi di prepotenza nella opposizione délia massa popolare. Ma a misura che la Chiesa da un lato e il signore dall'altro riuscivano ad asservire il popolo, il diritto di legiferare passava dalle mani délia nazione in quelle dei privilegiati. La Chiesa estendeva il suo potere; forte delle ricchezze che cohnavano i suoi scrigni, s'ingeriva sempre più nella vita privata e, col pretesto di salvare le anime, s'impadroniva del lavoro dei suoi servi, prelevava le imposte su tutte le classi, estendeva la sua giurisdi-zione. Anzi, ingrandendo il numéro delle pene, si ar-ricchiva in proporzione dei delitti commessi, poichè il prodotto delle ammende si accumulava nel suo tesoro.

Contemporaneamente, a misura che il signore estende il suo potere sui lavoratori dei campi e gli artigiani delle città, diviene anche giudice e legisla-tore. Infatti i monumenti di diritto pubblico del de-cimo secolo sono trattati che regolano gli obblighi, i servizi e i tributi dei vassalli del signore. I legisla-tori di quest'opera sono un pugno di briganti, che si moltiplicano e si organizzano per il brigantaggio, che essi esercitano ai danni di un popolo che diventa sempre più pacifico man mano che si dedica alPagricol-tura. Essi sfruttano a loro vantaggio il sentimento di giustizia a loro profitto e formulano le leggi che ser-viranno a mantenere la loro dominazione.

Più tardi poi queste leggi raccolte e ordinate dai savi e dai pratici del diritto serviranno di fonda-mento ai nostri codici moderni. E noi dovremmo, se-condo alcuni, accettare senza discusione Teredità del prete e del barone!

La prima rivoluzionc, quella dei Comuni, non riuscl ad abolire che una parte di queste leggi; poichè le Carte dei Comuni affrancati sono la mag-gior parte un compromesso tra la legislazionc signo-rile o episcopale e i nuovi rapporti creati nel seno del Comune libero. E tuttavia, quale differenza tra queste leggi e le nostre d'adesso! Il Comune non si permetteva di imprigionare o di ghigliottinare dei cit-tadini per una ragione di Stato; esso si limitava ad cspellere colui che cospirava coi nemici del Comune e a radergli la casa al suolo. E per la più parte dei pretesi « crimini e delitti », imponeva semplicemente delle multe; si trova anche che il Comune del secolo XII praticava nel suo sistema giudiziario questo prin-cipio cosi equo, ma dimenticato ai nostri giorni, che tutto il Comune risponde pei misfatti commessi da ciascuno dei suoi membri. Gli uomini d'allora, consi-derato il delitto come un accidente o una disgrazia

— è l'idea del nostro contadino russo__e negando

il pfincipio délia vendetta personale, predicato dalla Bibbia, comprendevano che la colpa di ogni misfatto ricade fatalmente sulla società intera. Ci voile tutta l'influenza délia Chiesa bizantina, che importava nelTOccidente la crudeltà raffinata dei despoti del-rOriente, per imporre ai costumi dei Galli e dei Ger-mani la pena di morte e i supplizi orribili che s'in-flissero più tardi ai pretesi delinquenti; ci voile tutta l'influenza del Codice civile romano — sorto dalla putredine délia Koma impériale — per imporre quelle idee sulla proprietà fondiaria illimitata che distrus-sero il costume comunistico dei popoli primitivi.

E' noto che i Comuni liberi non poterono tfiantè-nersi e diventarono pr,eda délia monarchia e a mi-sura che questa cresceva in prepotenza, il diritto di legislazione passava sempre più nelle mani délia ca-morra di corte. L'appello alla nazione non si faceva che per sanzionare le imposte volute dai re. Dei par-lamentari, convocati a due secoli di intervallo, se-condo il beneplacito e il capriccio délia corte, dei « Consigli straordinari », delle « Assemblee di nota-bili » nelle quali i ministri appena ascoltavano le « lamentanze » dei sudditi, ecco che cosa erano i le-gislatori. E più tardi ancora, quando tutti i poteri sono accentrati in una pcrsona che dice « lo Stato sono iol » è « nel secreto dei Consigli del sovrano », secondo la fantasia d'un ministero o d'un re iinbe-cille, che si fabbricano gli editti cui bisogna obbedire sotto pena di morte. Tutte le garanzie giudiziare sono abolite; la nazione è schiava del potere reale e di un branco di cortigiani; le pene più terribili, la ruota, il rogo, lo scorticatoio, le torture di ogni specic, pro-dotti dalla fantasia malata di monaci e di pazzi fu-riosi che eercano la loro voluttà nelle sofferenzc delle vittime: ecco i progressi che caratterizzano qucst'e-poca.

L'onore di avere cominciato la demolizione di questo ammasso di leggi, che il feudalismo e la légalité ci avevano trasmesso, spetta alla grande Rivoluzione. Ma essa, dopo di aver deinolito alcune parti del vecchio edifizio, rimise il potere di far le leggi nelle mani délia borghesia, la quale a sua volta, in-cominciô ad emanarc un nuovo cumulo di leggi dc-stinate a perpetuare la sua dominazione sulle masse. Nei parlamenti essa légiféra senza fine, e delle montagne di cartaccia s'accumulano con una sorprenden-te rapidité. Ma che cosa sono in sostanza tutte quc-ste leggi?

La maggior parte non ha che uno scopo: quello di proteggere la propriété individuale, vale a dire le ricchezze acquistate per mezzo dello sfruttamento deU'uomo, di aprire nuovi cainpi di operazione al capitale, di sanzionare le nuove forme che prende lo sfruttamento mano a mano che il Capitale accapar-ra nuove branche dell'attività umana: ferrovie, tele-grafi, luce elettrica, industrie chimiche, letteratura, scienza ecc. Il resto delle leggi, in fondo, ha sempre lo stesso scopo: cioè la difesa délia macchina gover-nativa, che serve per assicurare al capitale lo sfrut-tamento ed il monopolio delle ricchezze prodotte. Magistrature, polizia, esercito, istruzione pu bb lie a, fi-nanze, tutto serve lo stesso dio: il Capitale; tutto ha lo stesso scopo: quello di proteggere e facilitare lo sfruttamento del lavoratôre da parte del capitalista. Analizzate tutte le leggi fatte dopo la Rivoluzione, e non vi troverete altro. La protezione delle persone, che si pretende essere lo scopo vero délia legge, non vi occupa che un posto imperecettibile; poichè nelle società moderne gli attacchi contro le persone, moti-vate direttamente dall'odio e dalla brutalità, tendo-no a sparire. Oggi, se si uccide qualcuno è per de-rubarlo, e raramente per vendetta personale. E se questo genere di crimini e di delitti va sempre dimi-nuendo, non è certo merito délia legislazione : è alio sviluppo umanitario delle nostre società, aile nostre abitudini sempre pi,ù socievoli, e non già aile prescri-zioni législative, che noi dobbiamo quella diminuzio-ne. Si abroghino domani tutte le leggi che riguardano la protezione delle persone, cessi domani ogni azione giudiziaria per crimini contro le persone, ed il numéro degli attentati fatti per vendetta personale o per brutalità non aumenterà di una sola unità.

Ci si obbietterà, forse, che da cinquant'anni in qua si sono fatte moite leggi liberali. Ma si analizzi-no queste leggi, e si vedrà che esse non sono che l'abrogazione di leggi che ci erano state legate dalla barbarie dei secoli precedenti. Tutte le leggi liberali, tutto il programma radicale si riassumono in queste parole: aholizione delle leggi divenute incomode per la stessa borghesia, e ritorno aile libertà dei comuni del dodicesimo secolo, estese a tutti i cittadini. L'a-bolizione délia pena di morte, il giurl per tutti i « crimini » (la giuria, e più liberale di oggi, esisteva, nel dodicesimo secolo), magistrature eletta, il diritto di messa in istato di accusa dei funzionari, l'abolizio-ne degli eserciti permanenti, la libertà di riunione.

tutto ciô chc si dice essere un'invenzione del liberali-smo moderno, non è che un ritorno aile liberté che esistevano prima che la chiesa ed i re avessero sot-tomessa Pumanité.

La difesa dello sfruttamento_ dirctta médian te

le leggi sulla propriété, ed'iridiretta inediante la con-servazione dello Stato — ecco dunque Pessenza e la materia dei codici moderni, ecco lo scopo del costoso meccanismo legislativo. E' tempo perô di non conten-tarsi più di frasi vuote e di guardare in fondo aile cose. La legge che al principio si disse essere una raccolta di costumi utili alla société, non è più che uno strumento per mantenerc lo sfruttamento ed il dominio dei riechi oziosi sulle masse laboriose. La sua missione civilizzatrice è nulla oggi; essa non ha che una missione: mantenere lo sfruttamento.

Ecco ciô che c'insegna la storia dello sviluppo délia legge. E' per questo che noi dobbiamo rispet-tarla? Certamente 110. Essa non ha più diritto al nostro rispetto che non l'abhia il capitale, che è il prodotto del brigantaggio. Ed il primo dovere dei rivoluzionari saré di fare un falô di tutte le leggi esistenti, come lo faranno dei titoli di propriété.

IV

Se si studia la miriade di leggi che reggono la umanité, si vede facilmente che esse possono essere divise in tre catégorie: Protezione délia propriété, pro-tezione del governo, protezione delle persone. E ana-lizzando queste tre catégorie, si arriva per ciascuna a questa conclusione: Inutilité e danno délia legge.

In quanto alla protezione délia propriété, i so-cialisti sanno che cosa pensarne. Le leggi sulla propriété non sono fatte per garantire alPindividuo o alla société il godimento dei prodotti del lavoro. Esse sono fatte, al contrario, per derubare al produttore una parte di ciô ch'egli produce e per assicurare ad alcuni quei prodotti, che essi hanno rubato sia ai produttori, sia alla société tutta intiera. Quando la legge stabilisce, per esmpio, i diritti del signor taie dei tali sopra una casa, essa stabilisce il suo diritto, non già sopra una capanna ch'egli ha fatto da se stesso, nè sopra di una casa ch'egli ha costruita col concorso di alcuni amici; se si trattasse di questo, nessuno gli avrebbe contrastato quel diritto. Invece la legge stabilisce i suoi diritti sopra una casa che non è il prodotto del suo lavoro, primo perché l'ha fatta fabbricare da altri, ai quali non ha pagato tutto il valore dell'opera loro, e poi perché questa casa rappresenta un valore sociale ch'egli non ha potuto produrre da solo: la legge stabilisce i suoi diritti sopra una parte di ciô che appartiene a tutti in generale e a nessuno in particolare. La stessa casa, eretta in Siberia, non avrebbe il valore che essa ha in una grande città: ed il suo valore présente proviene dai lavoro di cinquanta generaizoni che hanno costruita la città, che l'hanno abbellita, provveduta di acqua e di gas, di passeggiate, di università, di teatri, di magazzini, di ferrovie e di strade rotabili che vanno in tutte le direzioni. Riconoscendo dunque i diritti di un taie sopra una casa a Parigi, Londra o Rouen, la legge gli aggiudica, ingiustamente, una parte del prodotto del lavoro di tutto il genere umano. E ap-punto perché quest'appropriazione, è una ingiustizia patente (carattere comune, del resto, a tutte le forme di proprietà, ci voile un arsenale di leggi ed un eser-cito di soldati, poliziotti e giudici, per sostenerla contro il buon senso ed il sentimento di giustizia ine-rente alPumanità.

Ebbene, la metà delle nostre leggi_i codici ci-

vili di tutti i paesi — non hanno altro scopo che quello di inantenere quest'appropriazione, questo monopolio, a profitto di alcuni contro l'intera umanità. I tre quarti degli affari giudicati dai tribunali non sono che litigi tra monopolizzatori, due ladri che si contrastano il bottino. E una buona parte delle nostre leggi criminali ha pure lo stesso scopo, perché esse mirano a inantenere l'operaio sottoposto al padrone.

In quanto a garantire al produttore i prodotti

del suo lavoro, non c'è legge che se ne occupi. Ciô tanto semplice e naturale, è entrato tanto nei costumi e nelle abitudini dell'umanîtà che la legge non v*ha nemmeno pensato. Il brigantaggio aperto, con le armi alla mano, non è compatibile coi nostri costumi. Un lavoratore non contrasta mai a un altro il prodotto delle sue fatiche; se vi ha qualche dissidio, essi lo compongono per mezzo di terzi senza ricor-rere alla legge: e non v'è che il proprietario che esi-ga âa~un altro una parte di ciô che egli ha prodotto

— la parte del leone. In quanto aIPumanità in générale, essa rispetta dappertutto il diritto di ciascuno su ciô che ha prodotto, senza perciô vi sia bisogno di leggi speciali.

Tutte queste leggi sulla propriété, che ingros-sano i codici e giovano tanto agli avvoeati, non aven-do altro scopo che quello di proteggere Pappropria-zione ingiusta délia ricchezza sociale a vantaggio di pochi, non hanno alcuna ragione di essere ed i socia-listi rivoluzionari sono ben decisi di farle sparire il giorno délia Rivoluzione. Noi possiamo infatti, in piena giustizia, fare un gran falô di tutte le leggi che riguardano i cosidetti « diritti di proprietà », di tutti i titoli di proprietà, di tutti gli archivi, insomma di tutto ciô che si riferisce a questa istituzione, che presto sarà considerata una vergogna nel la storia del-l'umanità, come lo sono la schiavitù ed il servaggio dei secoli passati.

Ciô che abbiamo detto delle leggi sulla proprietà, si applica completamente aile leggi che servono a mantenere il governo, cioè le leggi costituzionali.

E' un altro arsenale di leggi, di decreti, di ordi-nanze, di pareri, ecc. che servono a proteggere le diverse forme di governo. Noi sappiamo perfettamente

— gli anarchici lo hanno spesso dimostrato_che la

missione di tutti i governi, monarchici, costituzionali, e repubblicani è di proteggere e di mantenere con la forza i privilegi delle classi possidenti: aristo-crazia, clero e borghesia.

Un buon terzo delle nostre leggi _ leggi « fon-

damentali », leggi sulle imposte, sulle dogane, sulPor-ganizzazione dei ininisteri e delle cancellcrie, sul-Pesercito, la polizia, la chiesa, ecc.; e ce ne sono bene

decine di migliaia in ogni paese _ non serve che a

conservare, rabberciare e sviluppare la macchina go-vernativa, che a sua volta serve interamente a pro-teggere i privilegi delle classi possidenti. Analizzate tutte le leggi, osservatele nella loro azione giornalie-ra, e vi accorgerete che non ve n'é una sola da conservare.

Insomma, rispetto a tali leggi non puô esservi dubbio. Non solo gli anarchici, ma anche i borghesi più o meno rivoluzionari sono d'accordo in questo che il meglio che si possa fare di tutte le leggi sulPor-ganamento del governo e di accenderne un buon falô.

Resta la terza categoria, chc è la più importante, perché è intorno ad essa che esistono maggiori pre-giudizi: le leggi per proteggere le persone, per puni-re e prevenire « i crimini ». Infatti, se la legge gode ancora di una certa stima, si è perché si crede questo genere di leggi assolutamente indispensabile alla si-curezza delPindividuo nella società. Sono queste le leggi che si sono sviluppate dai nucleo dei costumi utili aile società umane, di cui si avvalsero i dominatori per sanzionare il loro dominio.. L'autorità del capo-tribù, delle famiglie ricche, dei comuni, del re, si fonda sulla funzione di giudici che esecitavano; e anche oggi, trattandosi délia necessità del governo, si parla specialmente del suo ufflcio di giudice supre-mo. — « Senza governo gli uomini si scannerebbero tra di loro », dice il laico di campagna. — * Lo scopo finale di ogni governo è quelto di dare dodici giurati galantuomini a tutti gli accusati », diceva Burke.

Ebbene, contro taie massa di pregiudizi, è tempo che diciamo altamente che questa categoria di leggi è tanto inutile e nociva quanto le altre.

Anzitutto, è noto che i due terzi e spesso anche i tre quarti di tutti i reati contro le persone ricevono l'impulso dai desiderio di usurpare le ricchezze al-trui. Dunque il giorno in cui la propriété privata cesserà di esistere, questa iinmensa categoria sarà costretta a sparire.

« Ma », ci dicono, « senza leggi punitive, vi sa-ranno sempre dei selvaggi che atenteranno alla vita dei cittadini, che rneneranno un colpo di coltello ad ogni litigio, che vendicheranno la mini ma offesa con un omicidio ». Ecco il ritornello, che ci cantano quando mettiamo in dubbio il diritto di punire che esercita la società. Eppure possianio opporre delle cose inconfutabili come questa: La severità delle pe-ne non diminuisce il numéro dei delitti. Impiccatc, squartate, se vi pare, gli assassini e il loro numéro non diminuirà di uno solo.

E gli statistici e i giureconsulti sanno che giani-mai diminuzione di severità nel codice penale produsse un aumento d'attentati contro la vita dei cittadini. Mentre invece, che il raccolto sia abbondante, che il pane costi poco, che la stagione sia bella, e il numéro degli .assassini diminuirà tosto. E* cosa ccr-ta, la stalwtica- k> ditnosira, che la somma dei reati aumenta e diminuisce in proporzione del prezzo delle derrate e-del tempo buono o cattivo.

Noir dicrermo che itrtti gtt as9assini siano is-pi-rati dalla famé, nulTaftatto; ma quando il raccolto è abbondante e il prezzo delle derrate è modico, gli uomini, più tranquilli, meno miserabili del consue-to, non si lasciano trasportare dalle selvagge passio-ni, e non piantano un coltello nel petto dei loro simili per un motivo da niente.

Inoltre, è noto che il timoré délia pena non iin-pedirà mai ad alcun delinquente di compiere i suoi misfatti. Chi vuole uccidere il suo vicino per vendetta o per miseria, non si ferma a discutere troppo sulle conseguenzc; e non esiste assassino che non si lusin-ghi di fuggire alla punizione. D'altronde, che ciascu-no rifletta da solo sui delitii e sulle pene, sui loro motivi e le loro conseguenze, pensi con la testa libéra da pregiudizi e arriverà necessariamente a questa conclusione: « Senza parlare di una società in cui Vuomo riceva una migliore educazione, in cui lo sviluppo di tutte le sue facoltà e i mezzi di valersene gli procurino tanli piaceri che non cercherà di perderli con un assassiniot — senza parlare délia società fattira, ma délia présente, anche tra questi miserabili prodotti délia miseria che ci circonda, — il giorno in cui nessuna pena fosse inflitla ai delinquenti, il numéro degli assassini non si accrescerebbe di uno solo; anzi è molto probabile che diminuirebbe, spe-cie quello dei recidivi, abbruttiti dalle prigioni ».

Ci parlano sempre dei benefici délia legge e degli effetti salutari delle pene. Ma hanno mai cercato di paragonare questi benefici, con la degenerazione che le leggi e le pene stesse diffondono tra gli uomi-ni? Che si faccia la somma di tutte le malvagie pas-sioni suscitate nelPanimo degli spettatori dalla vis ta delle pene atroci che s'infliggevano nelle nostre stradeî

Chi dunque ha svegliato e ingigantito gPistinti délia crudeltà nelPuomo (istinti sconosciuti agli animali, poichè l'uomo è divenuto l'animale più feroce délia terra), se non il re, il giudice e il prete armati délia legge, che facevano tagliare a pezzi le carni vive, che versavano la pece bollente sulle ferite, disar-ticolavano le membra, sehiacciavano le ossa, spacca-vano Puomo in due, per conservare la loro autorità? Ma si calcoli dunque tutto il torrente di corruzione versato nella società dailo spionaggio, favorito dai giudici e pagato sontuosamente dai governo sotto pretesto di scoprire i delitti. Si penetri nelle galere e si studi la sorte dell'uomo, privo di libertà, méscolato ad altri corrotti che si peggiorano a vicenda: si ri-cordi che le nostre prigioni, con taiiti sforzi di progresso, più si riformano e più diventano detestabili; i moderni penitenziari modello sono cento volte più corruttori delle torri medioevali. Si pensi infine quale corruzione, quale depravazione dello spirito è man-tenuta nell'umanità da queste idee di obbedienza — essenza délia fede, — di pene, di autorità chc ha diritto di giudicarc e di punire all'infuori délia co-scienza; da <jueste funzioni di carnefice, di carcerie-re, di denunziatore — insomma da tutto quest'im-menso apparato délia Legge e delTAutorità. Si ri-fletta a tutto questo, e si riconoscerà con noi che la Legge e le pene sono ahominazioni da distruggere. D'altronde i popoli meno civili, e perô meno imbe-vuti di pregiudizi autoritari, hanno perfettamente compreso che il « criminale » è un disgraziato, e che non bisogna frustarlo, incatenarlo, e farlo crepare nel fondo di una prigione, ma sollevarlo con le cure più fraterne, con un trattamento umano, con la fre-quentazione di gente onesta ed educatrice. E noi spe-riaino che la prossima rivoluzione getterà questo grido:

« Bruciamo la ghigliottina, abbattiarno le pri-gioni, licenziamo il gin dice, il poliziotto, la spia — questo fiore del fango sociale, — trattiamo da fra-tello colui che per impulso di passione avrà danneg-giato il suo simile; e sopratutto toglianw ai grandi delinquenti, a questo frutto mostruoso delVozio bor-ghese, il modo di far pompa dei loro vizi sotto forme seducenti; e siamo sicuri che non avremo più da la-mentare che pochi délitti nella nostra società. Ciô che produce la delinquenza, oltre l'ozio, sono la Legge e VAutorità; le leggi sut capitale, sut governo, sulle pene e sui reati; Vautorità che le émana e le attual ».

Ne abbiamo abbastanza di leggi e di giudici. La Liberté, TEguaglianza e la pratica délia Soiidarietà sono il solo riparo efficace che possiamo opporre agli istinti antisociali di alcuni tra noi.

Aprile 1879

I airlttl poiitiol

La stampa borghese come quella delle democra-zie popolari e degli stati socialisti décanta tutti i giorni e in tutti i toni il valore e la portata delle libertà politiche, dei « diritti politici del cittadino »: suflfragio universale, libertà di stampa, di riunione, ecc. ecc.

« I)al momento che avete queste libertà, essa ci dice, a che giova insorgere? Le libertà che voi posse-ûete non vi assicurano forse la possibilità di tutte le riforme necessarie. senza che abbiate bisogno di ri-correre al fucile? » Analizziamo dunque ciô che val-gono queste fa m ose « libertà politiche » al nostro punto di vista, al punto di vista délia classe che non possiede nulla e non governa nessuno, che ha po-chissimi diritti e molti doveri.

Noi non diremo già, come fu detto altra volta, che i diritti politici non hanno per noi nessun valore. Noi sappiamo benissimo che dopo i tempi del ser-vaggio e anche dopo il secolo scorso, certi progressi sono stati attuati: Puomo del popolo non è più Fes-sere privo di tutti i diritti come un tempo. Il conta-dino francese non puô essere frustato nelle vie, come lo è ancora in Russia. Nei luoghi pubblici, fuori délia sua ofïlcina, l'operaio, soprattutto nelle grandi città, si considéra Feguale d'ogni altro cittadino. Il lavora-tore francese inflne non è piu quell'essere privo di tutti i diritti umani, considerato già daU'aristocrazia come una bestia da soma. Grazie aile rivoluzioni, grazie al sangue versato dai popolo, egli ha acquista-to certi diritti personali dei quali non vogliamo di-minuire il valore.

Ma noi sappiamo distingucre e diciamo che vi sono diritti e diritti. Alcuni tra essi hanno un valore reale, altri non ne hanno affatto, e coloro che cerca-no di confonderli non fanno che ingannare il popolo. Vi sono diritti, come, per esempio, Peguaglianza del bifolco, delParistocratico nelle loro relazioni private, l'inviolabilità corporale^ delFuomo, ecc. che furono strappati di viva forza, e sono abbastanza cari al popolo per farlo insorgere -se venissero violati. Ve ne sono poi altri, come il suflfragio universale, la libertà di stampa, ecc., pei quali il popolo fu sempre indifférente, perché sente perfettamente che questi diritti, i quali servono cosi hene a difendere la borghesia go-vernante contro le usurpazioni del potere e dell'ari-stocrazia, non sono che uno strumento nelle mani delle classi dominanti per mantenere il loro potere sul popolo. Questi diritti non sono nemmeno dei diritti politici reali, perché non salvaguardano niente per la massa del popolo; e se li fregiano ancora di quel nome pomposo, è perché il nostro linguaggio politico non è che un gergo, elaborato dalle classi governanti per loro uso e nel loro interesse.

In realté, che cosa c un diritto politico, se non é uno strumento per garantirc Pindipendenza, la dignité, la liberté di coloro che non hanno ancora la forza d'imporre agli altri il rispetto di questo diritto?... Quale ne é l'utilité se non é uno strumento d'eman-cipazione per coloro che non hanno bisogno d'essere emancipati? I Gambetta, i Bismarch, i Gladstone non hanno bisogno né di liberté di stampa, né di liberté di riunione, poichè essi scrivono ciô che vogliono, si riuniscono con chi loro aggrada, professano le idée che a loro garbano: costoro sono gié emancipati, sono liberi. Se bisogna garantire a qualcuno la liberté di parlare e di scrivere, la liberté di associarsi, é ap-punto a coloro che non sono abbastanza potenti per imporre la loro volonté. Taie é stata anzi l'origine di tutti i diritti politici.

Ma, a questo punto di vista, i diritti politici di cui parliamo son forse fatti per coloro che soli ne hanno bisogno?

Certamente no. Il suffragio universale puô qualche volta proteggere fino a un certo punto la borghesia contro le usurpazioni del potere centrale, senza che essa abbia bisogno di ricorrere costantemente alla forza per difendersi. Puô servire a ristabilire l'equilibrio fra le due forze che si disputano il potere, senza che i rivali siano ridotti a coltellate, come si usava un tempo. Ma non puô essere di nessuno aiuto se si tratta di abbattere od anche solo di limi-tarc i! potere, di aboiire la dominazione. Eccellente strumento per risoivere in modo pacifico le dispute fra governanti, quale utile puô avere per i gover-nati?

La storia del sufïragio universale non è forse fatta per dircelo? Finchè la borghesia ha temuto che il sufTragio universale divenisse nelle mani del popolo un'anna che potesse rivolgersi contro i privile-giati, lo ha combattuto accanitamente. Ma il giorno in cui le fu provato, nel 1848, che il sufîragio universale non è da temere e che al contrario, con esso, si conduce benissimo un popolo a bacchetta, ha subito accettato. Ora è la borghesia stessa che ne assume la difesa, perché comprende che è un'arma eccellente per mantenere la sua dominazione, ma assolu-tamente inefficace contro i privilegi délia borghesia.

Lo stesso dicasi per la libertà di stampa. Quale fu l'argomento più concludente agli occhi délia borghesia in favore délia libertà di stampa? La sua im-potenza. De Girardin ha fatto un libro intero su questo tema: l'impotenza délia stampa. « Un tempo, egli dice, si bruciavano gli stregoni, perché si commette-va la bestialità di crederli onnipotenti; oggi si commette la medesima bestialità con la stampa, perché c creduta, essa pure, onnipotente. Ma non é vero: essa è altrettanto impotente quanto gli stregoni del me-dioevo. Dunque non si perseguiti più la stampa! » Ecco il ragionamento che già faceva De Girardin. E quando i borghesi discutono ora fra loro sulla libertà di stampa, quali argomenti portano in suo favore? « Vedete, dicono, l'Inghilterra, la Svizzera, gli Stati Uniti, doue, pur essendo la stampa libéra, lo sfrutta-mento capitalista è meglio stabilito che in qualunque altra contrada e il regno del capitale è più sicuro che in ogni altra parte. Lasciate che si pubblichino, dicono ancora, le dottrine pericolose. Non abbiamo noi tutti i mezzi per soffocare la voce dei loro qiornali senza ricorrere alla viotenza? E poi, se un giorno, in lin momento di effervescenza, la stampa rivoluziona-ria divertisse un'arma pericolosa, ebbenei quel giorno si sàrà sempre in tempo ad abbatterla d'un sol colpo, sotto un pretesto qualsiasi ».

Per la liberté di riunione identico ragionamento. « Diamo piena libertà di riunione, dice la borghesia, essa non nuoceré ai nostri privilegi. Ciô che noi dob-biamo temere sono le società segrete, e le riunioni pubbliche sono il miglior mezzo per paralizzarle. Ma se in un momento di sovraeccitazione, le riunioni pubbliche divenissero pericolose, noi avremmo sempre i mezzi di sopprinterle, perché possediamo la forza governativa ».

« Vinviolabilité del domicilio? » Perdio! inscri-vetela sui codici, gridatela sui tetti! » dicono i furbi délia borghesia. « Moi non vogliamo che degli agenti vengano a sorprenderci nelle nostre case. Ma istitui-remo un gabinetto nero per sorvegliare i sospetti; popoleremo il paese di s pie, faremo la lista degli uo-mini pericolosi e li ter remo d'occhio. E quando av remo subdorato un giorno che le faccende si guastano, allora senza tanti complimenti, infischiamocene del-Vinviolabilité, arrestiamo i cittadini nei loro letti, facciamo perquisizioni, frughiamo! Ma soprattutto diamo prova di audacia, e se alcuni gridano troppo forte, imprigioniamoli pure e diciamo agli altri: «Che volete, signori! Cosi vuole la guerraî E ne saremo lo-dati! »

« Il segreto délia corrispondenza? Dite dovun-que, scrivete, gridate che la corrtspondenza è invio-labile. Se il capo di un ufficio di campagna apre una lettera per curiosité, destituitelo immediatamente, scrivete in grosse lettere: « Che mostro! che delin-quentel » State attenti affinchè i piccoli segreti che ci confidiamo l'un Valtro nelle nostre lettere non possa-no essere divulgati. Ma se ci consta di un complotto ordito contro i nostri privilegi, allora non esitiamo: apriamo tutte le lettere, nominiamo mille impiegati a tal uopo, se è necessario, e se a qualcuno salta in mente di protestare, rispondiamo francamente, come lo ha fatto ultimamente un ministro inglese, fra gli applausi del parlamento: « Si, signori, è col cuore stretto e col più profondo disgusto che noi facciamo aprire le lettere; ma è esclusiuamente perche la pa-tria (cioè la borghesia e l'aristocrazia) si trova in pe-ricolo! »

Ecco a che cosa si riducono queste cosidette libertà politiche.

Libertà di stampa e di riunione, inviolabilità d^' domicilio e di tutto il resto, non sono rispettate che se il popolo non ne fa uso contro le classi privilégia-ie. Ma il giorno in cui incomincia a servirsene per abbattere i privilegi, tutte queste sedicenti libertà sono messe in non cale.

E ciô è ben naturale. L'uomo non ha altri diritti all'infuori di quelli conquistati di viva forza e che è pronto ad ogni istante a difendere con le armi in pugno.

Se non si frustano uomini e donne per le vie di Parigi, come lo si fa ad Odessa, è perché il giorno in cui il governo osasse tanto, il popolo farebbe a pezzi gli esecutori, Se un aristocratico non si apre più un pasaaggio nelle vie a eolpi di bastone, distribuiti a destra e a sinistra dai suoi servi, è perché i servi dei signore che ne avessero Pidea sarebbero accoppati sui posto. Se una certa eguaglianza esiste tra Tope-raio e il padronc nelle vie e negli stabilimenti pub-blici è perché Poperaio, grazie aile passate rivolu-zioni, ha un sentimento di dignità personale che non gli permetterà di sopportare Poffesa del padrone, e non già perché i suoi diritti siano inscritti nella legge.

E' évidente che nella società attuale, divisa in padroni e servitori, la vera libertà non puô esistere; e non potrà mai esistere finchè ci saranno sfruttatofi e schiayi, governanti e governati. Ciô non vuol mica dire perô che fino al giorno in cui la rivoluzione anar-chica verrà a spazzar via le distinzioni sociali, noi desideriamo vedere la stampa imbavagliata, come lo è in Germania, il diritto di riunione annullato come in Russia, e l'inviolabilità personale ridotta a ciô che essa è in Turchia. Per quanto schiavi del capitale, noi vogliamo poter scrivere e pubblicare quel che ci pare e piace, noi vogliamo poter riunirci come ci ta-lenta; precisamentc per poter scuotere il giogo del capitale.

Ma è tempo di comprendere che non è aile leggi eostituzionali che bisogna chiedere questi diritti. Non è in una legge, in un pezzo di carta, che puô essere lacerato alla minima fantasia dei governanti, che noi andremo a cercare la garanzia di questi diritti natu-rali. E* solamente costituendoci come forza, capace di imporre la nostra volontà, che noi perverremo a far rispettare i nostri diritti.

Vogliamo noi avere la libertà di dire e di scrivere quel che ci piace meglio? Vogliamo noi avere il diritto di riunirci e di organizzarci? Non è ad un par-lamento che dobbiaino andare a chiederne il permes-so; non è una legge che dobbiamo mendicare al se-nato. Siamo una forza organizzata, capace di mo-strare i denti ogni volta che a un individuo qualsia-si salta il ticchio di restringere il nostro diritto di pa-rola e di riunione; siamo forti e potremo star certi che nessuno oserà più negarci il diritto di parlare, di scrivere, di stampare e di riunirci. Il giorno in cui noi avremo saputo stabilire un'intesa taie tra gli sfrutta-ti, che saremo capaci di uscire nella via, in numéro di parecchie migliaia, a difesa dei nostri diritti, nes-sun oserà più disputarci nè questi, nè altri diritti ancora che sapremo rivendicare. Allora, ma allora, solamente, noi avremo acquistati quei diritti che po-tremmo mendicare invano per decine di anni alla Caméra; allora quei diritti ci saranno garantiti di una maniera ben altrimenti sicura che se li scrives-simo di nuovo su stracci di carta.

Le libertà non si concedono, si prendono.

Febbraio 1882.

délia rassegnazione delle quali moltitudini dipende, in grandissima parte anche il destino di TUTTI) fi-niranno col comprendere anche loro. E, allora, la Ri-volta, iniziata, con la propaganda, l'agitazione, la so-billazione e Tazione degli individui più sensibili e au-daci e delle minoranze attive e indomite sfocerà nella grande Rivoluzione Livellatrice e Ugualitaria di tutti o per tutti, tanto violenta e distruggitrice quanto caparbia sarà la resistenza che opporranno i suoi nemici, travolgendo coll'impeto irresistibile dei sempre — e da tutti — ingannati quella maledetta roc-caforte reazionaria che è lo STATO (comunque ca-muffato) cementata, come si sa, dagli interessi concomitant e convergenti dei sopradetti tre POTER1 (che sono tre diverse facce dello stesso spirito au-toritario) che rappresenlano, nella realtà, tutte le forze — e le dottrine e le ideologie — délia conserva, zione reazionaria. Con la distruzione intégrale dei tre

poteri_ e, quindi, dello Stato,_ verra a inaugurar-

si la nuova era, finalmente, dei Liberi e Uguali.

Ovviainente, non ci nascondiamo la grossa diffi-coltà dei testi che anche noi vorremmo aggiornati, moderni, più corrispondenti, cioè, alla realtà di oggi. Ma nemmeno di ciô disperiamo. Anzi, contiamo di addizionare, strada facendo, ai vecchi, testi nuo-vi, di oggi, fatti di uomini — di giovani, preferibil-mente — di oggi. E' questione di volontà - impegni che facendo proprio il categorico rivoluzionario e anarchico, sappiano produrre testi chiari e audaci quanto scmplici e sobillatori, insomma di divulga-zione e di propaganda, senza, quindi, circonlocuzioni e infingimenti, false problematiche, né concessioni di nessuna sorta, a nessuno e per niente.

Chi si sente di adempiere conseguentemente a questo compito, si faccia avanti, ci invii dei testi (o traduzioni di testi da altre lingue, inediti in italiano o che, comunque, si ritiene utile la ristampa) che noi prenderemo nella inigliore considerazione, impe-gnandoci a inserirli nelle nostre Collane (la « An-teo » - «La Rivolta » - e, presto, i « Quadernetti ») oppure, a ritornarli, per raccomandata, airautore.

RIVOLTA

CONTRO

la superstizione e l'oscurantismo

per il PROGRESSO

CONTRO

lo sfruttamento e le sperequazioni

per l'UGUAGLIANZA

CONTRO

i privilegi e le discriminazioni

per la GIUSTIZIA

CONTRO

la guerra c la pace... armata

per la RIVOLUZIONE

CONTRO

la legge e l'autorité

per la LIBERTA'

CONTRO

i governi e gli stati

per l'ANARCHlA

CONTRO

dio e le religioni

per I'UOMO

CONTRO

le ])atrie e le frontière

per l'UMANITA'

A M MINI STB ATI VA « ANTEO » c «LA RIVOLTA»

PER IL PAC.AMENTO E LE PRENOTAZIONI: tanto quelli délia « Anteo » che délia « La Rivolta », reche-ranno come prezzo: UNA copia, L. 100 — CINQUE copie, L. 300 — DIECI copie, L. 500. Fa eccezione il PRIMO délia « Anteo » - La Peste Religiosa, che Costa: UNA copia, L. 50 _ CINQUE copie, L. 100 — DIECI copie, L. 150.

RICHIESTE E PRENOTAZIONI . IMPORTI E CON-TR1BUZION1: vanno indirizzate esclusivamente a : Franco Leggio - Via S. Francesco, 238 - Ragtisa, ed i versamenti vanno effettuati attraverso il Conto Cor-rente Postale N. 16-7939 intestato a Franco Leggio, neIPUff. dei C.C.P. di CATANIA.

Una copia del présente L. 100 . Cinque copie L. 300 - Dieci copie L. 500.

Editrice « LA FIACCOLA » a cura di Franco Leggio

Coop. PoUqr. A. G. - G«nova - T»l. 503 320