I.UIGI FABBRI

L'organizzazione operaia

; e ranarchia

(A ppoposito di sindaealismo)

IIa Edizione

ROMA Casa rdit. lidraria " Il Pknsiero

Via Giovanni Lansa N. 90 1906

XUbaili. Ca77*c?/'0

qi:

H32 ■Tdr- Jy LITIGI FABBKI

l'orcanizzazione OPeRAIA

E L'ANARCrilA

(A proposito di sindaealismo)

IIa Edizione

ROMA

Casa Editrice Libraria " IL PENSIERO „ Via Giovanni I^mza N. iK> 190G

Ii'o^ganizzazione

Spezzare ancora una lancia a favore deirorganizzazione, in Iinea generale, non sarâ inutile in questo inomcnto in cui una mania ingiusti-ficabile di originalità spinge tîinta gante a sostenere le cose più as-«surde, gottando una oonfusione enorine u«*llô idée e rondendo impos-sibile ogni lavoro ordinato e COntinuato di dernolizione e di ricoâtruzioae.

C'era una volta un filosoto greco, un sofista, che s'era messo a sostenere che la uostra esistenza è una illusione, e cho tutto ciô che noi vedianio esiste non di per se ma soltanto nel nostro preconcotto e n^lla uostra fantasia. Si dire ci fosse qualcuno, il quale non trov6 argomento migliore che scaraventare fra capo e eollo al povero sofista una sonora bastouata, per veder di convincorlo che e il bastone e il braccio che lo brandiva avevano uua reale esistenza. La storia e la leggenda non dice se quell'argomento contundente persuadesse il filo-sofo a rinunciare alla sua originalità-

Ebbene, c'è tra i fabbricatori di teorie trasccndontali in questo se-colo di decadenza qualcuno che assomiglia al sofista greco: è colui che nega la utilîtà e la necessità deH'organizzazione nella vita e nella lotta sociale, e clie mette una specie di contraddizione tra forza e unione, tra liberté e associa/Joue. Klevando a corollario iudiscutibile di non so quali argomentazioni il paradosso ib^eniano che « l'uomo isolato è il più forte costoro diinentieano l'esempio infantile del fuscello che ôi spezza facilmente se solo, ma che résisté immensamente se unito a tanti altri fuscelli; costoro dimenticano che è appunto il vivere in société con altri che ci permotte la liberté di muovorci da un punto al-l'altro del mondo in poco tempo, di vestirci non più alla modadi Adamo, di mangiare un po1 meglio dei selvaggi ecc.

L'argomento principale che si porta contro l'organizzazione è quello délia sovranità dell'individuo, che nell'organizzazione, secondo i noetri avvertsari, sarebbe limitata. Krrore! L'associazione aumenta la eovra-nitk individuale, appunto perche puô offrire alPindividuo una «omma maggiore di tor/a por vincero gli ostacoli e per miglioraro in tutti i sensi, ehe mancberebbe a ciascuno preso da solo. K, in fotido, questa sentimento delta utilità di stare uniti che ha prodotto lo spirito di solidarietà, il quale a sua volta, sviluppato fino al punto più idéale, ha generato quel senso di aniore por i propri simili che si chiama al-truismo.

Ma ecco che i nostri eontradditori ci dicono:

« Noi non siamo altrnisti, e Palfcruismo non esiste. L'uomo o egoi-sta, e dal huo io dorivano tutte le .sue azioni e pensfcri, auche quando in apparonza ponsiori ed azioni sembrano altruisti

Ed hanno porfettamento ragions in ciô; il torto loro è semplice-monte di trarre da questa affermazione conseguenze troppo lontano,-che fmiscono anche con l'essere troppo contrarie alla vita, chc 6 fatla di relativité e non di logica assoluta. Certo, l'uomo clic i» toglio i( pane di bocca per darlo al suo si mile atfamato c anche esso un égoïste, in quanto prova intimamento, sacrificandosi, una soddisfazione mag-giore del mangiarsi tutto lui senza dar nutla all'altro. K cosi tutti gli altri sncrifici, anche i più sublimi che la storia ci ricorda. Maèegoi-smo anche quello dello sfruttatore borghese che fa tnorire di famé i suoi opérai, piuttosto che sacrificarsi una s*>ra a non andare a teatro* Egoiamo è Puno, ed «'goiauio è Paltro, ma, p»r baccoî neasuno ne-gherâ clie sieno questi, due egoitmii molto differfcnti Puno dalPaltro. K ncl linguaggio utnano, questa differenz* ha trovato la sua esprcs-sione, battozzando la forma più nobile del l'ego i s «10 col nome di al— truismo. Un altruismo relativo, corne «i vede che non signifîca punto la ncgazione doll'mf ma anzi una sua più compléta esplicnzione, mo raie oltre che inateriale.

Molti individualisé, — e quando dico individualisé intendo dire tutti quelli che sono realmonte tali, dai seguaci di Stirner a quelli di Nietzsche, — pur nogaaido l'organizzaniono, dichiarano di non negare la solidarietà.

Ma la solidarietà è un sentimento che ha bisogno di esprimersi cootinuamerite, por oss^r fattivo di rivoluzione nelle co*cienze e negli avveniuienti; è un liquorepieno di forza e di aroma, che ha bisogno di un vaso che lo contenga per non spandersi al suolo, non rendersi inutile e non far svanire la sua forza e il suo profumo. Questo vaso, questa forma, questa esplicazione délia solidarietâ è Porganizzazione libertaria, in oui le coscienze nou solo non si deteriorano uia, quando non sono ben formate, si completano, e quando sono formate si raffidano. Or-ganizzazione non significa diminuzione delP<o, ma possibilité per questo, con l'aiuto degli altri, di raggiungere il massirao delle sue soddisfazioni ; non signîfica compressione e violazione dellfegaismo naturale dei singoli, ma un suo più perfetto appagarsi, il suo nobi-litarsi in modo, che per provocare un godimento nell'individuo, abbia bisogno non del maie ma del bene altru5. E poichè una tal forma di egoismo nel linguaggio comune vien chiatnata alti-uîsmo, per distin-guerla dall1 ultra forma brutale che nella società présente di padroni e di servi, di governi e di sudditi, consiste nell'appagare il proprio individuo a dan no di tutti gli altri, senza alcun criterio di propor-zione e di relativité, — senza tanti arzigogoli e sottiglfazze filosofiche concludo che lf altruisnio o bene qualche cosa di positivo e di con-creto che s'è formato ed esiste nell'uomo.

C'ô fra i nostri avversari una concordia unanime nel rappresen-tare gli anarchici corne i rappresentanti deirindividualismo a oltrauza contro ogni concetto di société, di associazione, di solidariutà, Leggete tutti i libri che proti, borghesi e socialisti autoritari hanno scritto suiranarchia, — dal Sernicoli al Pieehanoff, — e vedrete oome dap-pertutto si taee a bella posta il lato, la base socialistica dell'anar-chismo. Ora, a furia di sentircelo ripetere dai nemici, è avvenuto che anche qualche nostro amico ha finito per credere la stessa cosa, e per rinnegare il concetto socialista dell'ânarchia* Grave errore, questo, che getta d'un tratto quelli che erano ieri nostri compagni sull'altra riva, ove divontauo nostri avversari.

Sembra un paradosso, eppure l1 individualisme giungondo ad una specie di deificazione del l'individuo, esaltando la potenza délia volontà individuale, non fa altro senza accorgersene che ritornare al concetto metafisico del libero arbitrio. Dimenticando troppo che le azioni, le idee. la volontà degli uomini non sono possibili se non in quanto sono determinate da cause, e fra queste cause una delle prime è la déterminante sociale, si arriva per altro verso a una coucezione délia vita del tutto antiscentifica e simile più che non si creda alla concezione dei deisti e dei religiosi. Per paura dell' Umanifà del Comte si ritorna alla Causa cauxarum di San Tommaso d* Aquino, o, se si vuole altri-menti, al Dio trascendentale di xMazzini e di Tolstoi.

Noi possiamo ribellarci a una cattiva organizzazioue délia società, non alla società in se stessa come vantano di volere molti individualiste La società non è un m?to. non è una idea, non è un organo preordinato e fatto da qualcuuo, e che perciô sia possibile non riconoscore e tentar di distruggere. Non è neppure, come ci acousano di credere gli stir-neriani, un qualche cosa a se, superiorc agli individui, e a cui bisogni far 8acrificio del proprio io come innanzi a un feticcio. La società è semplicemente un fatto, di oui noi siamo gli attori naturali, e che esiste in quanto esistiamo noi clie ne fac^iamo parte. La société è Pin-sieme degli individui viventi; e ogni individuo è a sua volta quale le influenze esterne, non escluse le sociali, lo formano. Tutto ciô è un fatto naturale, collegato alla vita universale del cosmo. Ribellarsi a questo iatto significherebbe ribellarsi alla vita, morire. Ogni individuo esiste in quanto ê frutto matoriale, morale, intellettuale delP uuione di altri individui: e non puô continuare a vivere, non puô essere libero, non puô svilupparsi fisieamento se non a patto di vivero in société.

La massima soddisfazione possibile del proprio to} il massimo be-nessero inateriale c morale, la massima liberté, sono solo possibili quando l'uomo ô vincolato all'altro uorno dal patto del mutuo ainto. Un uomo in accordo eon la société è sempre più libero delPuomoin lotta con la société, E i *ocialisti anarchici combattono Porganizza-zione sociale attuale, appunto perche impedisce che esista una société relativamente utile a tutti i singoli individui, e fa si che la société intera non si regga che sulla lotta più accanita e féroce, sullo sfrut-tameuto e sulla violenza propotente dell'uomo sull'uomo.

L'organizzazione, che i socialisti-anarchici patrocinano non è na-turalmente quel la autoritaria che va dalla chiesa cattolica alla chiesa marxista, ma bcnsi Porganizzazione libertaria, volontaria, delle moite unité individuali, associate in vista di uno scopo comune nclPadope-rare uno o più metodi creduti buoni liberarnente accettati da ciascuno. Certo, non è possibile una talc organizzazione, se gli individui che la compongono non sono abituati alla liberté e non si sono sbarazzati dei pregiudizi autoritari. D'altra parte è necessario organizzarsi, per esercitarsi a vivere liboramente associati; e ncgare Porganizzazione, solo perche organizzandosi si puô cadere in errore, (e ci si cadré certo, almeno in sul principio), vale corne il sostenere che il camminaro è nocivo ed ha sempro per consegueuza il roinpersi la testa, solo perche l'uomo quando comincia da piccolo a camminare cade molto spesao e non di rado si fa del maie.

Iiotta di classe e organizzazione opepafo

Tutto ciô che ho detto sopra a proposito delPorganizzazione in generale, vale ancor più in modo spéciale per Porganizzazione operaia.

Noi anarchici, che siamo socialisti, e nel cui programma è la cialhzazione dclla propriété in senso corn unis ta, e cioè la trasforma-zione dclla propriété, da individuale e privata com'è oggi; in propriété

comune, siamo intéressât! coin© tutti i socialisti delle altre souole a couibattere il privilegio economico e il monopolio capitaliste, cau*a prima di tutte le miserie umane.

Poichè vittime del monopolio e del privilegio economico sono tutti i lavoratori, sfruttati nolPopera loro di produttori a vantaggio di pochi, che detengono tutto e cousuaiano la maggior parte délia ricehezza sociale, taseiandone a chi Tha creata appena tanto da non morire di farcie, — quando non lo si fa anche morire, — tutti i lavoratori sono direttamente înteressati alla scomparsa d'ogni privilegio e monopolio. E noi anarchici, oltre che come tali, ci sentiamo solidali con la classe degli sfruttati perché il nostro partito è composto qua*i esclusivamente di lavoratori; e quindi abbiamo una doppia déterminante, che ci spingr a lottare contre il capitalisme: l'intéressa materiale di opérai che vo-glioao assurgere a condizioni migliori di vita, e il dovere di socialisti che ci spinge a combattere ciô che è il principale nemico del socia-lismo e dell'anarchia.

L'organizzazione operaia o simlacato è una esplicazione pratiea délia lotta di classe, seconde il concetto marxista, Si badi bene perô: non è questa una ragione perché i socialisti démocratie? debbano fare del sindacalismo un monopolio del loro partito, — e ciô solo perche !a lotta di classe è stata volgarizzata sopratutto p<%r merito di qualche uomo délia loro scuola.

In fin de' conti dalla pubblicazione del Manifesta de! comunist* ad oggi son passati ben circa sessant'anni, e il pubblieo ormai puô per esso iovocare la prescrizione del diritto di proprietà letteraria! Il concetto délia lotta di classe, benchè sia stato cosi genialmente per primo illustrato dal Marx, non è più da gran tempo privât i va e monopolio dei soli marxisti e dei soli aderenti ai partito socialista. Gli anarchici del resto sono socialisti; e la teoria délia lotta di classe è patrimonio di tutta la famiglia socialista, e non délia sola sua frazione socialde-inocratica. Con questa differenza, che mentre i socialisti rivoluzionari ritomano ora a ciô che di sano cfera nella dottrina marxista, i socialisti anarchici hanno il merito di aver conservato più a lungo la tra-dizione marxista, periino (e questo è un torto) ciô che in essa vi era di meno buono.

E non è un paradosso. Gli anarchici sono stati per molto tempe i più tenaei marxisti. Da ciô che nel marxismo c'ê di fatalista e di eatastrofieo essi han derivato gran parte del loro atteggiamento apo-calittico; ma ne hanno insieme derivato la fedeltA intransigente al principio puro del socialismo, antiborgheso e antistatale, lo spirito rivoluzionario e il metodo délia lotta e dell'azione diretta. Il par-j, tito anarcbico aveva fatto suo il noto inotto di Marx: L'emancipa-zione dei lavoratori deve essere opéra dei lavoratori 8te$ri. Non è inale ricordare d«*l reste, chu il Maiiifesto dei comunisti fu edito la prima volta in Italia a cura degli anarchici (salvo errore), che il primo compendio del Capitale in lingua italiana fu opéra deiranarchico Cafiero.

L'opposizione dogli anarchici a Marx fu in principio solo ariguardo délia politica pratica e del metodo di azione e organizzazione in seno vXVlnternazionale, non iu quanto aile teorie economiche e sociali, su cui erano quasi del tutto d'accordo. La critica al marxismo, corne coin-plesso di dottrine economiche, coin i ne i 6 più tardi, dopo P85 o il 90; e la critica fu fatta non al concetto délia lotta di classe, bensi ad altre teorie, corne quella del plus-valore, délia concentrazione eapitalista, del materialismo storico (o meglio, aile esagerazioni delPidea del materialismo storico). Taie critica del resto, se fu fatta dal Merlino (al-lora anarchico), dal Tcherkesoff. dal Cornelissen, eccM fu fatta auche da socia'isti democratici, rivoluzionari e riformisti, e da scrittori iMyghesi.

Se Porg mizzaziono operaia è dunque una filiazione délie dottrine di Marx — lo si potrebbe anche contestare, ma ciô non toglie nè ag-giunge nulla alla questione — ciô non implica che gli anarchici, e«-sendone partigiani, non sieno e rimangano lo stesso coerenti a se stessi.

Tornando a noi, dunquo, p*-r combattere il capitalismo, organiz-«azioue complessa e potente di interessi e di korze, è naturale che i lavoratori si associno anche cssi; ed infatti da quando Pidea sociali-sta s'ô affacciata nel uioudo, e squillô la voce di richiamo: « lavoratori di tutto il moudo, unitevi! », dappertutto, in tutto le nazioni ci-vili, gli opérai si sono intesi, si sono organizzati, hanno costituito leghe e fedorazioni di mestiere, e le leghe e federazioni si souo col-legate fra loro da una città alPaltra, dalPuna alPaltra regione, dalPuna airaltra nazione, non tenoudo conto délie frontière artificiali che dividono i popoli, sentendosi tutti uniti malgrado le differenze di lingua e di razza.

Fu con questo fatto meinorabile, in seno alP Associazione Inter-nazionale dei Lavoratori, che la class'* operaia si mise sul pi^de di guerra contro la borghosia, non più supplice ma accampante energica-mente il suo diritto* Da allora il moviinento oporaio o socialisa prose uno sviluppo seinpre più intenso; battaglie memorabili furono combat-tute, e vittorie fécondé e sconfitte doloro3e segnarono il catnmino del-PeJevamento délia coscienza collettiva dol proletariato. E fu da allora, e cioô da quando il primo barlume di coscienza entrô nelPanimo del lavoratore, che questo comprese d'aver diritto di rifiutare Popera sua padrone, allo stesso modo che il padrone ha il diritto di rifiutargli il lavoro. Si chîama appunto questa la libertà del lavoro, di cui la borghesia si mostra cosi tenera.

Fra i giuochi ganguinosi che gli imperatori romani davano in spettacolo ai popolo, ve n'era uno di spéciale crudeltâ, in danno spe-cia!mente dei nemici piti pericolosi delP impero, — fossero essi eri-stiani, oppure congiurati politici o prigionieri toi;i a un nemico odiato. Si gettavano queste vittime prédestinât" nell'arena ehiusa, quasi ignude, a capo scoperto oppure copnrto da un povero elmo di cuoio, e con uii ba^tone in inano; e contro di loro si mandavano gladiatori armati di spada e di scudo, coperti di lorich * e di elmi di ferro, e a cavallo. Messi cosi gli uni di fronte agli altri, la lotta era aperta. C'era bensi libertà per ambedue le parti uguale, di assaliro e difendersi; ma è facile cap ire <• he questa liberté giovava molfco poeo agli inermi o maie armati, destinât! a perire inevitabilmento sotto i oolpi dei loro avversari che combattevano in condizioni tanto migliori.

D'una simile liberta gode Toporaio. nella lotta odierna fra capitale e lavoro. I/operaio si trova nella eondizione di quel cane di cui parla Oatullo Mondes. Il cane, bastonato, martorizzato e sempre tenuto in catena, un bel giorno fu m«»s>o in liberté, * Sei libero; vAttene», gli disse il padrone, — - Ma dove vado? * domandô il cane. — « Arran-giati; sej HIkto. Va dove ti parc» replicô il padrono iroaamente. — Ma il cane, vile come la maggioranza delFumanitâ, non avendo il co-raggio ne di saltare alla gola del padrone, nô di morir di famé piut-tosto cho rimancr schiavo, si sottoinise daccapo alla frusta e alla catena. Che avrebbe fatto délia libertà, quan<lo gli fosse mancato l'ultimo tozzo di pane?

Perô, con l'andar del tempo, la vittima destinât» al macello nel circo, aguzzando Ting^gno ed esercttando nella prigione i muscoli, riusci un po* più spesso a saltare addosso al gladiatore, togliergli un arma e quindi combattere con lui in condizioni migliori, tanto da poter qualche volta riuscire vittorioso. Il cane délia favola seppe ap-profittare délia Iib«rtà relativa concessagli dal padrone, per mordere questi ai polpacci e per persuadcrlo con ringhii minacciosi a dargli insieme alla liberté, Anche un po* di zuppa quotidiana. La classe ope-raia lia finalmente presa coscienza délia propria forza, ed ha cpjnin-ciato ad usarne per strappare alla borghesia migliori condizioni di vita, per incamminarsi verso lo scopo cui naturalmente tende: rientrare in possesso di ciô che lei lia prodotto e di ciô che solo per suo merito e fatica è produttivo.

Il mezzo principale spiesato dai lavoratori in questa opéra di rivendicaz?one parziale è lo sciopero, il rifiuto di lavorare sotto certe

3

cond'zioni, finchè queste condizioni non vengano modifieatc secondo il loro desiderio.

I soeialisti-anarchici hanno partecipato sempre a questo movimento di scioperi o di organizzazione dando ad esso tutto le loro energie. Solo in questi ultimi teuipi. e cioô da una decina di anni, alcuni, che .si dicono anarchici, sono diventati contrari alPorganizzaziono operaia, o per lo meiio tengono di fronte a lei un contegno d'indifïerenza, solo perche organizzazioni oporaie esistenti sono inancipie dei socialisti autoritari, piccoli governi in miniatura coi loro tirannelli e coi loro sfruttatori, agenzie olettorali, snervatrici de lie energie popolari per rnozto de! legalitarismo, toinit» di un corporativismogrettamonteegoista, noncuranti délie finalité emancipatriei del socialismo vero. Ma ciô non significa che F orgauizzazione in se sia noeiva — significa solo che Porganizzazione attuale è difettosa. Negare per tutti i suoi ditetti Porganizzazione corne principio, signiHea, eon la se usa che in una stauza l'aria ê eorrotta, in voce di carnbiarla togliere complet auien te eon una macchioa pneumatrea tutta Paria délia s tan z a .stessa — seuza pensare che chi ci sta dentro preferisce Paria eattiva al inorire per mancanza as^oluta e délia eattiva e di*lla buona.

lo ho notato infatti nel mautovano, ove ii proletariato dei cainpi ê molto organizzato ed è ancora non traviato dal riformismo, che i contadini guard.mo agli anarchici con uiolta simpatia, ne leggono con piacere i giornali, ue ascottano approvandola la propagauda e rieono-scono giuste le eritiche degli anarchici stessi ai metodi autoritari e legalitari dei socialisti nelle organizzazioni operaie. Ma rimangono no-nostante nelle loro leghe di miglioramento e di resistenza, perché, ed hanno ragi^ne, preferiscouo il meno maie, Porganizzazione eattiva, — al maie maggiore, la mancanza assoluta di organizzazione. L'interpretazione individualistica, antiorganizzatrice, che alcuni anarchici mantovani di\nno alPânarchia, fa si appunto che non si pos-*ano cogliere i frutti délia simpatia de^tata dalle nostre idee fra il proletariato campagnuolo. Il quale intuisce che, nonastante tutto, nell'organizzazione è la forza, in lei è la via delPavvenire ; e resta perciô legato a un metodo di organizzazione che lo allontana invece <ii avvicinarlo alla compléta emancipazione. Ma ciô ô naturalo: preferisce Paria eattiva alla ûiorfce per mancanza as^oluta. Morirâ lo stesso forse più tardi, se da sè uon saprà riuuovare Paria e cioè rendere Ii-l>ertario le sue organizzazioui, avveleoate dai gaz mefitici del legali-tarismo e delPautoritarismo; ma in ogni modo per istinto di conser-vazione non vuole privarsi eziandio del poco che possiede, sol perche ô poco buono, per morire anche prima.

Eppure, quanta messe le nostre ideô potrehbero raccogliere prestissimo, se in mezzo al proletariato dei campi, — cho io penso sarà la forza migliore délia rivoluzione futura, — gli anarchici, oggi che il momento è propizio, portassero la loro azione ioformata a cri ter i pratici e positivi, e non por quosto meno libertari! Ma forse ciô che non s'o fatto si farà.....

I/organizzazioue corporativa degli opérai per la resistenza e Tat-tacco antipadronale puô divenire libertaria, sol che gli anarchici vi portino in mezzo non la dissoluzione ma il sollio delle loro idée vi-viGcatrici, esercitandovi la propria influenza immancabile alla loro energia rivoluzionaria. Che sia possibile che l'organizzazione operaia assuma carattere rivoluzionario e libertario e che si sia sulla via per renderla taie anche in Italia, ce lo dice il rnovimento aneora confuso ma che si va sempre più precisando, sotto il nome di snulacalùmo. K la sua necessita si afferma sempre più, non solo come arma di lotta, catapulta potente contro il muraglione che difende gli interessi di classe délia borghe*ia, ma anche e sopratutto come rorganismo che si appresta a sostituire, senza nécessité di poteri statali e centralizzatori, dopo la rivoluzione. gli organismi autoritari che oggi gestiscono i ser-vizi pubblici, e tutto il congegno, oggi monopolizzato a vantaggio d'una minoranza oziosa e spogliatrice, délia produzioae e délia dLstribuzione. K il concetto di Bakounine, che le libéré organizzazioni di mestiere, federate nei comuni, dei comuni nella nazione, delle na/Joni nell'inter-nazionale, — sostituiranno il meccanismo pesante, per tre quarti inutile e nocivo, dello stato autoritario e prepotente. Il sîrutacato> come ora si ehiama, sarà il nucleo-base délia società socialista o libertaria.

Dunquc, per noi socialisti-anarchici, l'organizzazione operaia deve avere uno scopo ultimo, ed uno immediatô. Lo scopo suo ultimo deve essere Tespropriazione del capitale per parte dei lavoratori associati, la restituzione cioè ai produttori, e per essi aile loro associazioni, di tutto ciô che il loro lavoro ha prodotto, di tutto ciô che ha prodotto il lavoro délia classe operaia a traverso i secoli, di tutto ciô che senza l'opéra dei lavoratori non avrebbe alcun valore. Lo scopo immediatô è sviluppare sempre più lo spirito di solidarieta fra gli oppressi e di resistenza contro gli oppressori, tenerc esercitato il proletariato con la ginnastica continua dclla lotta operaia nelle sue forme più diverse, couquistare oggi stesso tutto ciô che è possibile strappare, per quanto poco possa essere, al capitalismo, in benessere e in libertà.

L'organizzazione operaia ha anche una missione civile di educa-zione, oltre che quella di combattimento economico, ben altrimenti intéressante che la propagaoda spéciale di uno spéciale dogma politico.

Essa ha la missions di unire in un solo palpito il proletariato al di-sopra dellô divisioni scolastiche, partigiane, politiche e nazionali, e di farno un Uocco unico contro il capitalismo internationale, il quale ci insegna corne si fa a stare uniti, col l'opprimerai, sia esso azzurro, bianco o scarlatto, sia esso italiano, francese o tedesco. Ed oltre a questo, ha la miasione di essere il crogiuolo in cui si formano le coscien/e adatte ad una société avvenire di liberi e di uguali, poichè nelTorganizza-zione operaia gli anarchici vedono le stesse forme in emhrione del la société socialistica e libertaria, i nuclei iniziali ch«§ permetteranno al popolo, ammaestrato cosi ad amtninistrarsi da sè, «lî sostiiuire al sistema autoritario odierno quello libertario, senza cr.ïarsi daccapo delle dictature più o mono democratiche.

Perche le unioni operaie si mantenganp su questa direttiva, bisogna che abbiano cura di non perder mai di vista lo seopo ultimo, e cioè che gli scopi immediati non sieno mai in eontraddiziouc con quelli me-diati, e cosi i mezzi adoperati sieno, oltre che adatti a raggiungere un intento e un miglioramento parziali*.* anche tali da non iucammi-nare il proletariato su di una via opposta a quella che lo condurré aU'aboliziono di tutti i privilégia Oltre a ciô Torganizzazione operaia deve badare che ad essa tutti gli opérai poasano appartenere, qua-lunque sia la fede politica spéciale di ciascuno, — bastando che tutti sieno concorcli contro il capitalismo.

1/unico terreno adatto aU'arinonia di tutti gli aforzi, di tutte le attivita e le individualité, ed adatto eziandio all'armonia e alla continua correlazione tra il fine o i mezzi, tra lo seopo ultimo générale e gli scopi immediati, parziali, — questo unico terreno è Tazione di-retta, spiegata dai lavoratori nel campo economico, indipendente da qualsiasi partito politico, fuori d'ogni inHuenza e intromission© gover-nativa e parlamentare, basata e fiduciosa solo nel le proprie forze ad esclusione di ogni m*zzo che non scaturhca dalla organizzazione stessa e che da questa non si possa completaracnte e direttamente esplicare.

Questo concetto délia lotta operaia che i socialisti-auarchici hanno avuta sempre, ô precisamente quello che con parola uuova, abbracciato oggi da un numéro sempre maggioro di lavoratori anche non anarchici, si chiama $indacalwno} — parola nuova che dice una cosa molto vecchia, poichè il sindacato non è altro, con parola derivata dal fra*i-cese (syndicat)t che Funi#ne di mestiere e precisamente la nostra lega di resistenza.

Il Sindaealismo

Con questo nome viene chiamata intatti la tendenza del movi-mento socialista e operaio a non aspettare dalle classi dirigent! capitaliste e governative alcuna riforma o miglioramento, o a non aspettare l'emancipazione totale dei lavoratori, che dall'azione diretta di pre3-sione, di resisfcenza o d; attacco dei lavoratori stessi, per mezzo délia loro organizzazione di classe, - con parola francese, ormai entrata nelTuso, chiamata organizzazione nindacaU.

Questa tendenza che orauiai ha la caratteristica d; una vera e propria teoria, non è affatto nuova, Chi conosco la storia del socialisme sa bene che precisamente, questa era la tendenza de!Nnternazionah\ Ne poi talo concetto © eaduto nel dimenticatoio; parecchie scuole socialiste, quale più e quale meno, IVbbero come proprio. Specialmente lo consorvarono nella sua integrità e continuarono a propagarlo i socialisti-anarchici, eontinuatori d^lKopera délia frazione bakunista delPInternazionale.

Appunto per es*ere stata per molto tempo quasi esclusivo patri-monio degli anarchici, questa tendenza poco per volta srè assimilata moite carattoristiche essenzialmente libertarie oltre che rivoluzionarie. Il sindacato, Torganizzazione operaia di resistenza che prende questo nome, s9q integrato con lo spirito socialista puro. Se lVmancipazione dei lavoratori deve essere opéra di loro stessi, n'è scaturito il concetto che vano è rattendere miglioramenti parziali o radicali da organismi che non siano emanazione diretta e assoluta dei lavoratori interessati. E gli unici organismi verameute interpreti délia classe operaia sono le orgonizzazioni operaie di resistenza e di lotta.

Lo altre associazioni, che hanno il nome di partiti — socialisti ilemocratici o anarchici — potranno giovare, e sono utili infatti per condurre lotte speciali d'indole politica, per la propaganda delle id<*5 socialiste o anarchiche, per la formazione delle coscienze libéré per mezzo dei dibattiti teorici, ecc. Non solo son utili, ma necessarie; e possono anche riuscire di aiuto valido alla lotta diretta, sindacale dei lavoratori. Ma il sindacato ha su loro una incontrastata supériorité: quella di avere per base, più che una teoria politica e sociale, tutto un cotnplesso di interessi di classe, e di essere composto eaclu-sivamente di elementi direttamente e personalmonte interessati alla lotta antipadronale.

II sindacato sfugge cosi aU'influenza dei dottrinari che, transfughi dalla horghebia ma non ancora liberati da molti pregiudizi, nei partiti soglion portaro i preconcetti (li eostruzioni ideali non direttamente basate sulla realtA o di teorie che teiidono a svisare con una estrema unilateralité la visione dolle case. Non avendo di fronte a se che un fine, migliorare sempre piu, fino alla conquista integrale del bonessere e délia liberté le coudizioni délia classe operaia, basandosi unicamente eu lie forze oporaie in lui organizzate, il sindacato si appalesa corne Torganizzazione per eccellenza, Punica rispondente a tutti i bisogni e a tutte le aspirazioni dei lavoratori, e per ci6 appunto sufficiente a compiere tutte le funzioni délia lotta antieapitalista.

Se da un lato il sindacaiismo permette il combattimento di tutti i giorni contro il padrone, per miglioramenti e rivendicazioni, d'altra parte esso è Tunico uiezzo adatto a rivolnzionare la société, a condurré a buon fine l'opéra di espropriazione capitalisa e di riorga-nizzazione sociale, che i socialisti, illusi dalla fede nello Stato, xpe-rano dalla presa di possesso del petere politico (Kinile Pouget: Les Hases du Syndicalisme).

il sindacaiismo cosi, senza faro una esplieita ed esclusiva dichia-razione di prineipii antiparlamentari ed anarchici, giunge per la via pratica aile stesso conclusioni cui giungono le teorie anarchiche per la via dottrinale. Kgli, avocando a se nella société présenté tutta la lotta operaia anticapitalista, rende inutile il parlamentarismo e la conquista dei pubblici poteri; e riservandosi per Tavvenire, la fun-zione di riorganizzaziono delPcconomia sociale, rende inutile lo Stato. socialista o no.

Il sindacato ammette nel suo seno tutti gli opérai interessati a lottare contro il padrone, senza chieder loro quale sia la propria idea politica. L'operaio socialista democratico e Tanarchico possono apparte-nere al sindacato, purchô non voglian traseinare questo sul proprio spéciale terreno politico. Il sindacato, autonomo dai partiti, indipen-dente da qualsiasi chiesa o governo, fa la lotta contro il padrone ed i suoi alleati e puntelli: stato, miKtarismo, preti; ma questa lotta fa, sorvendosi délia sola forza che scaturisce dall'organizzazione de' suoi aderenti. La politica parlanientare esorbita dalle sue mansioni ed egli non se ne occupa, nè per patrocinarla. ne per avversarla. Ora, questo inetodo, mentre rispetta tntte lo liberté, indirettamente, per la forza stessa delle cose, si risolve in metodo libortario, — giaechè non partecipare (sia pure senza lottarle contro) alla politica parla-, mentare è gia una negazione délia sua eflicacia.

Cosi, basare sulle organizzazioni di mestiere il concetto di riorga-nizzazione fatura deîla vita economica e sociale, e vedere in loro le dirette esplicatrici di ogni funzione ordinatrice, significa scartare a priori Tidea dello Stato. D'altronde questa è stata sempre la teoria sostenuta dai socialistî-anarchici, seguaei e continuatori di Bakounine: che le organizzazioni operaic devono essere prima i nuclei del movi-inento rivoluzionarie di espropriazione capitalista, e poi le assuntrici immediatô e principal!, sulla base del discentramento iederalista, délia gestion e délia propriété socializzata.

Questo concetto dell'azione diretta popolare e operaia, per un po* di t^mpo pote essere, per colpa anche degli anarchici, miscono-scinto, — sia perché il periodo terrorista degli attontati fece perder di vista ad amici ed avversari i metodi di lotta meno rumorosi e più sempliei e in odes ti nell'apparenza del sindacalismo ; sia perché le mauifestazioni più geniali delTanarchismo teorico fcono state per un certo tempo quasi esclusivamente d'indole morale, filosofica e lette-raria, tanto da stornar T-ittenzione dei più dalla parte socialistica di taie dottvina. Tutto ciô se fu un be.ne sotto molti punti di vista, dal punto di vista délia pratiea organizzatrice segna una specie di so>ta; e non sarebbe stato un malo, se al terrorismo ed al dottrinarismo non si tasse aeeompagnata qualche degenerazione delle più ridicole e malsane, e alcuni anarchici non fossero giunti per questa strada al decadentismo letterario, alTindividualisino anticomunista, alla nega-zione deirorganizzazione, — vale a dire alla negazione compléta del lato socialistico deiranarehia.

Ma errori e deviazioni tutti i partiti e tutte le id^e ne contano; e talvolta ciô che ci sembra errore e deviazione puô anche essere btato un utile antidoto contro la fossilizzazione e la unilateralitA. Certo è porô che gli errori e deviazioni suddette non tolgono che la caratte-ristica del sindacalismo sia essenzialmente socialista anarchie*. E ciô è tutt'altro che maie, non solo per una considerazione d'indole liber-taria, non solo perché il sindacalhmo serve a ricondurre le torze rivo-Inzionarie dal terreno politico parlamentare ove stavano atrofizzandosi sul terreno economico anticapitalista, — ma anche e sopratutto perché daildo uno scopo rivoluzionario e non soltanto immediatô allorga-nizzazione operaia, impedisce che questi si immobilizzi e si esautori neiresclusivo scopo di tnigliorare le attuali proprie condizioni, senza curarsi nè deiravvenire né degli altri miseri, che non sono compresi nelTorbita delTorganizzajHone.

Il sindacacalismo a questo modo acquista un'aIta funzione morale, quella di educatore delle masse alla solidarietA; e contribuisce al loro progresso intellettuale pel fatto che le spinge a studiare da se le proprie condizioni e le possibilitA e probabilità dei miglioramenti radicali futuri. Qu sta educazioue non dAnno certo alcuue organizza-zioni operaie inglesi e nord-américano, che anzi, inconscientemente forse, favorifono il forinarsi di una cas ta privilegiata nella stessa classe operaia e l'orgattizzazione adoperano nelTegoistico intento di star sempre meglio cssi soli, anche a costo aIî dauneggiare altre catégorie di lavoratori e di allear.si col governo, i capitalisti «*d i preti. L'as-setiza di spirito rivoluzionario nelle trade-unions favorisée appunto il formarsi di quella apecie di aristocrazia operaia, per oui non ô molto, il capo bene stipendiât^ d'una délia più importanti Unioni di me-stiere degli Stati Uniti, sedeva a banchetto col présidente délia Re-pubblica, con un capo délia polizia fédérale e con un vescovo.

Che il sindacaiismo sembri la stessa cosa del social ismo libertario, lo spiega il fatto, che in Francîa, da cui ce n'è venuta la parola, il sindacaiismo ô sorto sopratutto per opéra di auarchici, aiu-tati da pochi socialisti democratici rivoluzionari e dissidenti. Prima d'allora le stesso idee molti anarchici (in italia e Spagna la maggto-ranza) patiocioavano; ma non ci si face va caso. In Francia i m»'de-si mi concetti, da dieci anni in qua, messi con molto entusiasmo in pratica e presentati in forma meno osclusivista, ebbero più forcuna.

Fiuo al US94 le organiz/.azioui operaîe fraocesi^ erano tutte in inano ai socialisti demoeratici riformisti. Tranne poche eccezioni, gli anarchici non se ne occupavano. Ma quando, in s«kguito alla fase ter-rorista del movimento anarchico, — dal 1KD0 al IKJK> ~ la perseeu-ziotie più spietata rese iuipossibile ogni altra propaganda dottrinaria, e i giornali furono soppressi, i couferenzieri e scrittori più in voga arrestati o messi in fuga, i gruppi sciolti e proces*ati per associa-zione di inalfattori, lo spirito d'iniziativa d^gli anarchici cercô nuovi modî di esplicazione. K chi si diede a orgauizzare seuole libertarie, chi a patrocinare université popolari, chi a penotrare nei circoli lot -terari, artistiei, teatrali ; moltissimi rivolsero la loro attenzione aile organizzazioni operaie, e quivi appunto — sulla scorta di vecchi compagni che ve li avevano preceduti — trovarouo il miglior campo alla loro azione piena di energia.

I)a allora il movimento operaio in Francia, nel volgere di poco tempo, ha cambiato completamente di indirizzo. Anarchici notiasimi, corne il Tortellier, il Pelloutier, il Pouget (antico redattore del brioso Père Peinard), il Delesalle ed ait ri molti si gettarono con entusiasmo a lavorare nei sindacati. Sebastiano Faure. contrario prima alla organizzazione operaia, ne divenne favorevole; anche dei dottrinari come PHamon, il Grave, il Kropotkine diedero l'appoggio morale del loro assentimento. Il Bancel portô addirittura la questione anche sul terreno délia cooperazione. Non audô molto che i congressi dei sinda-cati c delle borse del lavoro di Francia si misero apertarnente sut tfcrreno rivoluzionario, dichiararono che la lotta operaia doveva ten-dere all'abolizione del salariat o e alla espropriazione capitalista, ri-pudiarono Tazione parlamentare e decisero di non più appoggiane candidature di sorta; tolsero dalla direzione delle organizzazioni fede-rate gli uomini politici e ii sostituirono con uiiliti senza titoli e con opérai intelligent!, quasi tutti anarchici.

Anima di questo movimento fino al 1900 fu Fernando Pelloutier, che scrisse articoli innnmcrevoli, opuscoli e libri per spingere sempre più gli anarchici verso il movimento operaio, e 1e organizzazioni ope-raie verso il movimento libertario. Dopo la sua morte fu nominato segretario délia Confédération générale du travail un altro anarchico, TYvetot, che, se non per inteiligenza, certo per attivitA sostituisee il Pelloutier. Come già l'Ouvrier des deux mondes redatto dal Pelloutier, anche Tattuale Voix du jteuple — organo délia Confederazione del lavoro e dell'Uniooe delle Borse del lavoro di Francia — è redatto in eenso tanto Iibertario, che i gruppi anarchici parigini lo diffondono a titolo di propaganda. E di questo giornale sono tuttora redattori e collaboratori anarchici conosciuti come il Pouget, l'Yvetot, il Niel, il Delesalle, — i quali per i primi hanno généralizzato e reso nota questa applicazione del metodo libertario alla lotta operaia col nome di sindacalismo. Emilio Pouget ha anche scritto tre o quattro opuscoli rocentemente su quest'argomeuto senza contare altri opuscoli prece-denti, sempre trattanti la stessa queetione, del Bancel, del Delesalle, del Luquet, del Niel, del gruppo degli Studenti anarchici di Parigi (E. S. K. I.), ecc.

Questo movimento splendido di attivitA libertaria trovô imita-zione subito alPestero, e propugnatori vivissimi prima di tutti fra gli anarchici. Non solo nei paesi dove il metodo era giA stato adot-tato prima, — per es. Olanda o Spagna, — ma anche nel Belgio, in Boemia, in Svizzera, in Germania, nella Hepubblica Àrgentina la me-desima via fu battuta; con »ucceaso perô, per ora, solo nella Svizzera francese, in Boemia e nelT Argentina. Nel Belgio e in Germania si formarono alcuni sindacati indipendenti rivoluzionari, o ci furono di quelli che si staccarono dalle federazioni perché troppo legalitarie. E dappertutto la prima .spinta é stata data dagli anarchici.

In Inghilterra uno degli oratori migliori dei tradunionisti, John Turner, che è un anarchico redattore del Freedom di Londra, segue gli stessi concetti: e recentemente, fece chias^o il suo arresto negli Stati IJniti, ove s'era recato per ponto di alcune Unioni di mestiere, per un giro di propaganda anarchica e sindacalista.

Ih'\ resto nel 1898 Pietro Kropotkine era stato anche lui negli Stati Uuiti, e in qualche conferenza, spécial mente Tultima tenu ta a New York, parlô a lungo sulla nuova Internazionale che i lavoratori costruiscono. federando le loro unioui su Imsi tattiche rivoluzionarie e libertarie: siudacaliste in una parola.

A coloro che in Italia, dalle colonne dei giornali e delle riviste socialiste parlauo del sindacalismo e delPazione diretta, come di cosa scaturita dal seno del loro partito. rammentiamo che i metodi del sindacalismo rivoluzionario, prima che da loro, erano stati patroci-nati, per non parlare che degli ultirni tempi, da Errico Malatesta nel IH97-9H, e quindi da tutti o quasi gli anarchici-socialisti parti-giani dell'organizzazione. Non risaliamo più indietro, — per es., alla attività organizzatrice del Galleani in Piémont»4 e in Liguria, alla propaganda nello stesso seneo del Oori ed altri in seno al Partito operaio, ecc. — perche ci dilunghoremmo troppo.

Questo è in ogni modo il sindacalisuio, questi sono i suoi carat-teri. queste le &ue tendenze, questo il suo concetto. E ognun vede quanta diversità ci »ia fra il sindacalismo propriamente detto di cui siamo partigiani noi, insieme coi nostri amici di Francia o altrove, e il sindacalismo ultimo modello, che alcuni cosidetti socialisa rivo-luzionari italiani vanno da un po' di teinpo propagande, quasi come cosa loro: — un sindacalismo rivoluzionario a parole, legalitario nei fatti, che copia parola per parola le frasi del sindacalismo franceso fingendo d'ignorarne la caratteristica estremamente antiparlamentaro ; che dice anzi di uniformar^i a quello e invece non ne prende che qualche atteggiamento esterioTe. Taie sindacalismo, — vedete la Caméra del lavoro di Milano, — s'impantana nelle, elezioni, riuscendo magari a fiaschi colossali; e non solo non ripudia il parlamentarisino, ma anzi lo eoinputa fra i mezzi de' quali deve servirsi.

Tutta la difterenza ô nelle parole. Prima era il partito elettorale socialista che si serviva per raccoglier più voti dell'organizzazione operaia; ora è Torganizzazione operaia, sotto lo falsa maschera del sindacalismo, cho dovrebbe servirsi del parlamentarismo per rafforzare le conquiste proletarie, vigilare il nemico... e che so io. La conclusione e lastessa: le organizzazioni operaie servono in sostanza a fare da piodi-stallo ai deputati opérai rivoluzionari, come prima servivano ai depu-tati socialisti riformisti. Le parole, appena le parole sono cambiale. E Tidea sindacalista, di origino libertaria, libertaria e rivoluzionaria nella sua essenza, a questo modo la guasteranno, come hauuo gua-stato pel passato tante idee, metodi o manifestazioni d'iudole o di origine tutt'altro che legalitaria.

Coloro duoque cho cono^cono il sindacaiismo per quello che è in Francia, in Spagua, in Olanda, in Svizzera, in Boeinia, nell'Ar-gentina, e, in parte, nel Belgio e in lnghilterra, non si facciano pren-dere alPamo da questo anfibio dallo stesso nome, che una frazione del partito socialista italiano tenta gettare sul mercato fra noi. Ciù sa-rebbe grave danno, perche ancora una volta sarebbo sacrificata l'idea alla parola, la sostanza alla forma.

Quando sentite par lare di sindacaiismo non vi formate alla prima afferinazione e gunrdate che cosa sotto di essa c'è di concreto. E ri-cordatevi che non e sindacaiismo vero quello che per una via o per Taltra cerca impegnare le orgauizzazioni economiche degli opérai in lotte che non sieno d'iudole economica e rivoluzionaria, che non si basino sulla loro azione diretta, — e che invece tendano a sollevare sopra gli altri uuo o piu individui per mezzo di delegazioni di po-tere e di mandati politici di qualuuque specie.

lia legislazione sociale

Ma, ci obiettano i nostri avversari e i socialisti riformisti, se voi vi ponete del tutto al di fuori deirambiente legislativo e politico. corne farete a ottenere dal governo quelle leggi che sono indispensabili a sanzionare le conquiste parziali dei lavoratori e a renderle intangibili?

Questa domanda presuppone tutta una teorica positiva sulla legge, che gli anarchici, e cosi pure i sindacalisti, negano complet amen te.

Noi dobbiamo aver cura di conquistarci la simpatia dei lavoratori, ma non dobbiamo perô, solo per timoré di una momentanea sfiducia, renderci incoerenti con tutto il nostro programma, giacchè taie, in apparenza, innocua dedizione è il maie piu grande che da noi si possa fare agli opérai. Permettere infatti che la massa operaia continui ad illudersi col giocattolo délia legislazione del lavoro è la stessa cosa cho continuar noi alla nostra volta 1* deleteria educazione del popolo ad aver fiducia nolla legge, ciô che al compagno meno intelligente apparisce come la più enorme incoerenza con l'idéale anarchico, cui ripugna assolutamente qualunque concezione legislativa.

Eppoi, se gli anarchici cominciassero a desiderare e dare impor-tanza aile cosidette leggi in favore degli opérai, se crodessero aul serio alla loro importanza, che cosa avverrebbe? Che i socialisti legalitari avrebbero ragione in parte di rimproverarci perché non vogliamo con-tribuire a fare queste leggi per mezzo délie elezioni. E cosi si soi-volerebbe, senza accorgersene, daccapo nel più antipatico opportunismo.

Certo, quando i deputati socialisti con un pô di chiasso riuscis-sero a far prendere in considerazione dal governo una legge sul lavoro — supponiamo una legge cho garantisse ai lavoratori le otto ore di lavoro — potrobbo sembrar strano che noi socialisti anaichici, che senza alcun interesse siamo del popolo amici sirieeri, si fosse contra ri a che il popolo si agitasse per ottenere l'approvazione di una tal legge.

Ma ciô non sembrerà più strano ad alcuno quando tutti avran compreso il concetto che ci guida in taie atteggiamento ; poichè molto diversH è Popinione che noi abbiamo de lia legge in se stessa, da Popi-nione cho ne hanno tutti gli altri partiti autoritarii.

Montre gli altri credono che i cattivi eftetti di una legge derivino dal fatto che questa legge ô buona o cattiva, noi invece siamo certi che la legge, essendo sempre per la sua stessa essenza e per il fatto stesso che è una legge, cattiva, tutti cattivi ne souo gli effetti, tutte peseime ne souo le conseguenze.

In ogni modo sta in fatto che mai nessnn vantaggio hanno potuto i vinti ricavare dalle leggi fatto per comodo delle classi privilegîate, se non quando questi vantaggi i lavoratori han sapnto conquistarseli senza Paiuto délia l^gge, colla propria cuorgia, caso questo in cui la legge, non essendo forse nociva, è nonostante del tutto inutile.

I nostri avversari invece credono che ba*ti far approvare dal governo una legge a favore degli opérai perche gli opérai nel caso contemplato dalla legge stessa possano essere sicuri di se Btessi e del proprio diritto. •

Ecco Perrore: i lavoratori, fidenti nella legge e nei carabinieri che le porranno in esecuzione in loro favore, non si curano d'imporre da ae stessi, con la forza di volonté, ai padroni Posservanza dei diritti che loro spettano, e danno cosi ai padroni agio di eludere la legg^ suddotta (giacche per essi e per taie r^ato, il più orribile, non vi sono manette) e di fare proprio Popposto che il bene voluto dal h^gislatore. Mentre invece, se i lavoratori volessero, anche senza nessuna legge, potrebbero costringere i padroni a concedere sul serio tutto ciô che loro bisognasse; e in tal caso, di fronte ad una massa cosciente dei propri diritti e risoluta a difenderli, i padroni davvero non saprebbero come eludere la volontà e le prêtée degli opinai, bon più positive e ben più difticili a sfuggjre cho gli articoli di un intero codice sul lavoro.

Per esempio, immaginato che una l^gge dello stato garantisca agli opérai le otto ore di lavoro quotidiano. Se gli opérai non sono forti ab-bastanza, i padroui di froute a questa legge troveranno il modo di eluderla, facendo si che i lavoranti volontariamente (e cioè per no» essere licenziati o per guadagnare di più) Iav rino più di otto ore.

Viceversa, poi, se gli opérai sono energici e vogliouo sut serio lavorare solo otto ore al giorno, non oecorre che facciano la doppia fatàca di volera prima la legge e di pretenderue poi l'osservanza o il di-tritto che ne dériva: basta che sieno energici davvero, e senza interme-diari di sorta impongano in principio ai padroni 1e condizioni loro più eonvonienti. Del resto la vérité è che, se la société vive e progredisce lo fa non mediante la legge, ma malgrado la legge; la quale trova la sua ragione d ossere soltanto nella falsa organizzazione sociale odiema, basata sulla lot ta, sullo sfruttamento, e sulla violenza dell1 uonio contro l'uomo.

Nessun passo l'iiinattité ha fatto, anche minimo, verso il suo miglioramonto senza che una legge che lo impediva sia stata dovuta infrangere, senza che un'altra legge poi abbia cercato diminuirne i buoni risultati sanzionando a suo modo il fatto compiuto. La storia ci insegna che, ogni volta che i popoli hanno infranto col proprio sforzo diretto un privilegio ed una istituzione, ci sono stati sempre i furbi, che prima erano oppressori o amici degli oppressori, i quali, profittando di quella certa accalmia che succédé aile agitazioni più intense, con la scusa di conxolidare la vittoria del popolo Thanno tradottn in tanti articoli di legge. iSono essi. questi eroi délia sesta giornata, che allora si dan da lare e arrutftino le cose in modo, con la pretesa di inetterle in online e condurle ra(jio)ievolmente} che dopo un po* di tempo !a conquista popolare è ridotta ai minimi termini e non si riconosce più.

11 popolo conquista la liberté; i politicanti con l'aria di crearle <lelle garanzie durevoli la assottigliano legalizzandola. « La starnpa è libéra, ma c'è una legge per reprimere gli abusi » dice lo Statuto; intanto se noi qui ci azzardassimo a scrivere non frasi retoriche ma qualche verita délie più scottanti su lie istituzioni politiche d'Italia, il prœuratore del re ci soquestrerobbe, e noi andremmo in galera. Cosi, secondo la legge, dire la verità diviene un abuso coudannabile.

Eppure per una illusione ottica di oui tutti, tranne che gli anarchici, son vittime, si attribuisoe sempre alla legge il rnerilo di un progresso che essa invece ha limitât o e ridotto. Ed è per questo che i più ogni volta che si trovano di fronte a una ingiustizia dicono subito che per combatterla ci vuole « una buona legge », invece di mettersi oasi stessi ad abbattere queiringiustizia direttamente. Di questa illusione ottica tutti gli aspiranti al potere, in buona o mala fede, dal clericalo al socialista, profittano per guadagnarsi l'appoggio <lel popolo. « Dateci il potere — essi dicono — e noi allora faremoî dclle buone leggi per farvi star meglio ». Come se il voto di un par-lamento avesse il potere di cambiaro le coudizioni politiche, econo-miche e moral i di tutta la società!

La legge è veuuta sempre dopo il fatto, e, lo ripetfamo, per di-minuirlo. Essa poi, se lo precedesse, non solo sarebbe inutile perché* mancante d'un substrato positive, ma riuscirebbe anche allora dan-nosa, perche gli interessati cullandosi nella fiducia délia legge si lascierebbero vincere daU,;ne,rzia e nou otterrebbero mai in fatto ciô che avessero ottenuto in diritto. Ricordiamo che in Francia, quando Napoleone III, spawntato dal sorgere àxXY Internationale) voile pre— yenirne gli scopi facendo approvare qualche leggina sul lavoro, questa rimaae le t ter a morta, perche gli opérai non furono essi a strapparla o non se ne curarono; e quiudi i padroni furono lieti di non curer-sene neppur essi. Del resto, anche in Italia non abbian visto e non ve-diamo 3cempiamente delusa la legge, in apparenza discreta, sugli in-fortuni del lavoro e sul lavoro delle donne e dei faaciulli, e il governo non curarsi affatto di farla osservare o esserne impotente?

Ricordiamo a tal proposito un altro esempio.

Negli Stati Uniti tempo addietro u*oIti opérai minatori con uno sciopero formidabile ottennerc Tabolizione d'un abuso padronale; e il movimento fu cosi energico che se ne occupô il Parlamento di Washington, il quale diede ragione agli scioperanti, e fece una legge per ganzionare la loro vittoria. Manco a farlo apposta, dopo poco tempo» malgrado la legge, l'abuso ricominciô e continué per un pezzo senza che gli opérai se ne occupassero, fidenti che e>so sarebbe stato combattu to o punito dai gendarmi e dai tribunali. Se vollero che quel l'a-buso cessasse daccapo dovettero ricorrere a un nuovo sciopero, come se la legge non ci fosse. Cioè, ignoriamo — ma la cosa è molto probable — se la legge, inutile contro i padroni, abbia servito a legit-timare invece durante lo sciopero le violenze dei gendarmi contro gli scioperanti. La storia delle repressioni repubblicane dai fatti di Chicago a quelli ultimi di Parigi ce ne diee qualche cosa.

Insomma la legge è fatta e applicata sempre nelPinteresse delle classi e delle caste dominanti o privilegiato, ed esisterA finchè divisioni di classe, di casta, esisteranno fra gli uomini ; e questo divisioni essa contribuée a mantenere essendo perciôdi esse volta a volta causa ed effetto.

In un pregevolissimo studio critico sulla storia délia Rivoluzione Francese il nostro compagno Pietro Kropotkine dice qual'è la ragione del perpetuarsi anche fra gli studiosi di questa illusione, la quale fa attribuire alla legge ed ai legislatori il merito dei progressi ottennti invece soltanto dall'iniziativa popolare, i quali dalla legislazione ve-nuta molto dopo sono stati al contrario diminuiti. La ragione è questa,

che fiuo ad oggi gli storici uel raecontare le vicende delTumanité hanno trascurato quasi sempre Topera paziente, evolutiva o rivoln-zionaria, delle masse, e si sono preoccupati soltanto di ciô che han fatto i re, i sacerdoti, i capi, i parlamenti, ece. Cos* si dice che il Parlamento francese decretô nel 1793 la repubblica; ma si tace molto volentieri cho la mouarchia Taveva abbattuta il popolo con una serie ininterrotta di insurrezioni comineiate molto prima délia presa délia Bastiglia; si tace che mentre il popolo inneggiava alla repubblica, in parlamento i deputati e lo stesso Robespierre si dicevano monarchici e dichiaravano la repubblica un assurdo. Si tace cho quando TAs~ semblea Nationale aboli per legge i privilegi, i privilegi non esiste-vano più, distrutti dalla furia popolare; la legge contrîbui, alTopposto a ric.hiamarne in vigore qualcuno, e a crearne dei nuovi poco meno ohbrobriosi dei vecchi. Ri tace (por veniro a tempi più vicini a noi) che se Carlo Alberto concesse lo Statuto, il popolo qtieste liberté statutarie se Tera già conqnistate col movimento rivoluzionario ; in foudo gli si cedeva a mala voglia ciô che lui s'era gié pigliato, e la formalité 1-gale délia concessione non servi che a limitare quanto più fu possibile la conquista popolare.

Questa ê storia; e se la storia ô inaestra délia vita, i lavoratori debbono trarre ammaestramento da essa, piuttosto che dalle chiac-chiere dei politicanti.

L'organizzazione operaia, dunque, deve disinteressarsi delTopera dei parlamenti \ e se anche certe volto Topera di questi fosse per pre-giudicaro la causa operaia, allora il proletariato organizzato deve dal di fuori, con Tagitazione popolare diretta, imporsi perche in parlamento come in tutti gli ambienti di governo non si faccia opéra deleteria alla causa operaia. Non è lontano il tempo in cui i sommovimenti popolari e gli scioperi o Torganizzazione operaia han costretto in Italia e altrove i varii governi a rallentare i freni délia *eazione, e a pren-dere quei provvedimenti in pro' delle folle che invano per anni ed anni erano stati riebiesti dai deputati in parlamento.

Rifopme e migliopamenti

Ci si domanda: « Se siete contrari ad ogni idea di leggi e di ri-forme législative per ottenere per il proletariato sofferente migboramenti immediati ai suoi mali più urgenti, come conciliate voi taie assen-teismo con Taffermazione che spesso fate del desiderio che anche oggi il proletariato possa ottenere qualcuno dei suddetti miglioramenti? »

Vogliftiqo, cioc, noi anarchici, o non vogliamo lo riforme?

Iuuauzi tutto che intendono per riforme i nostri avversari?

Quando gli opérai lavorano dieci, dodici o quattordici oro al giorno, e hanno deciso di farla finita con uno sfruttamonto cosi inu-manu, e non avendo la forza di liberarsi del tutto dalla tirannia capitalistica cominciano intanto a pretendere da questa inigliori con-dizioni di lavoro, e dicono di non voler più lavorare che ofcto ore al giorno; quando gli stessi opérai non contenti d'una mercedo irrisoria ne chieggono l'auinento; quando accorgendosi di lavorare in condi-zioni inaUane pretendono e ottengono che queste sieno cainbiate, che i laboratori siano più salubri e diminuisea cosi il pericolo d'infortuni; quando per tali infortuni sul lavoro si fanno stabilire dal capitaliste un parziale rifacimento di danni; quando insomma gli opérai riescono a migliorare in qualche uickIo la propria condizione economica, a modificare a proprio beneficio il contratto di lavoro, a rendere ineno pesante in una parola lo sfruttamonto e un po' piu gradita la vita, e questi miglioramenti sostanziali vogliamo ehiamarli riforine — noi certamente allora siamo partigiani convinti di queste riforme.

Quando gli opérai vogliooo organizzarsi come che sia, in leghe di resistenza, in coopérative, in associazioni politiche, o in altra forma qualsiasi che abbia uno scopo sia morale o materiale, econo-inico o politico, educativo o ricreativo, e iutpongono al gcverno e al capi ta lista il rispetfco del loro diritto di a&soeiarsi, e nei conflitti im-pongono ail' avversario di trattare le possibili tregue df armi con Tassociazione che rapprcsenta il loro intéressé; quando vogliono che la liberté del pensiero e délia esplicazione del pensiero sia rispettata e riescono a Jimitare gli arbitrii dei p< tere; quando conquistano una maggiore liberté di azione, nel campo economico o politico che sia, diminUendo l'autorité del potere costituito, e riescono a eliminare negli effetti una legge restrittiva, un regolamento odioso, o anche una semplice abitudine di prepotenza; su tutto ciô puô eonglobarsi nel nome di riforme — ben vengano questo riforme.

Cosi pure tutto ciô che facilita il progresso, dal punto di vista intellettuale e scientifico, od è di ostacolo alla reazioue; ogni pregiu-dizio cho cade, ogni idea nuova che si avanza, ogni bricciola di be-nessere e di sapere riconquistata dalle masse, — per quanto piccola essa sia; — o che si assicuri la refezione ai bambini delle scuole, o che si facilitino ai poveri gli studi superiori cui volessero accedere, o che si strappi la scienza al monopolio delle université regie dove la si inquitia col renderla ufficiale e si rendà popolare, tutto, tutto, anche se si tratti di poco, purchè sia un passo avanti e non uno indietro, noi Faccettiamo come riforma buona ed utile.

Poiehè siamo convinti di una cosa, che cioè ô un errore il credere che la soflerenza e la privazione massiina faciliti, per una spccie di reazione, il progreaso, e che invece il benessere addoruienti le énergie popolari: o almeno ê un errore il crederlo in modo assoluto.

Certo, se una massa che ha presa una data abitudine di benes-sere ed ha in se non estiuto del tutto il sentimento délia propria conservazione viene defraudata a un tratto, da un colpo di mano, nei suoi interessi e costretta a peggiorare, si ribellerà a nelPatto délia ribellione riconquisterà non solo il perduto, ma molto di più. Cosi, alPopposto, se una classe di lavoratori £ riuscita ad elevarsi econo-micamente di parecchio al disopra degli altri, ma non l1ha aniuiata nella sua lotta di elevazione che l'intéressé gretto ed esclu.^ivo del proprio benessere, se una idealità non si t'a strada in lei che le faccia desiderare di far migliorare con se i suoi fratelli di fatica, questa massa si fossilizzerà ed addormentera sugli allori in un egoismo collettivo, che la visione délia miseria altrui basta a far contento dol relativo lwnessere di cui gode.

Ma si tratta di casi eccezionali che non possono fornire la regola délia condotta nella lotta sociale. Nella maggior parte dei casi la miseria massiina prostra del tutto ogni energia, montre il beuessere rinfranca o spinge a conquistare un benessere maggiore. Le classi dominanti sferrano la maggiore prepotenza loro sulle masse aucora incoscienti e miserabili, perche sanno che di la meno probabile ô la resistenza; è più facile strappar di mano un soldo a chi ne ha due soltanto clie a chi ha il borsellino pieno. A Milano i proprietari non si peruietteranno mai le prepotonze che si permettono i latifondisti pugliesi e siciliani sui miseri -contadini; fra1 quali se talvolta la dispe--razione provoca un fremito di rivolta, questa dopo un triste bagliore di gangue e di morte, si spegne e lascia più tristezza di prima, se gli stomachi vuoti hanno impedito la serenita del pensiero ai cervelli.

Perd, quaudo Televarsi délia coscienza operaia avrà aumentati i bisogni dolle masse, e quando queste con la resistenza invadento oltre che difensiva avranno conquistato tutto quanto è compatibile conquistare neirambito delle istituzioni presenti e del sistema capitalista, e vorranno per la legge naturale del moto continuo passar oltre, allora le istituzioni od il sistema reagiranno, cercheranno ritogliere il già concesso e sbarreranno in tutti i modi il cammino; e avverrà il con-flitto. La evoluzione non più contenibile neirinvolucro antico, si tramuterà in rivoluzione per romperlo e passar oltre. Fatalità storica determinata non dall'aspettativa znussulmana délia concentrazione del capitale e délia miseria erescente, ma dalle attivité collettive dei lavoratori organizzati, chiedenti e pretendenti sempre maggior benessere e liberté, senza arrestarsi ne contentarsi mai.

Questa che è vérité nel le grandi linee délia storia, è vérité anche pei conHitti minori, per gji avvenimenti che si succedono di giorno in giorno nello svolgersi délia lotta di classe in seno alla vita sociale, per casi minori e singoli. Non v'è rivolta proficua e conquista dura-tura che laddove la déterminante c stata, come ho detto sopra, la coscicnza di un bisogno nuovo o di un interesse offeso. K il l>enes-scro maggiore che ne dériva è incentivo a desiderare un benessere ancora superiore: VappelHo vient mangiando, specialmente in chi, come nelle classi operaie, è molto lontano dalPessere sazio comple-tamente.

Dunque i rivoluzionari socialisti non devono disprezzare le bric-ciole di pane, per quanto minute sempre buone a mangiarsi per chi ha molto famé, da conquistarsi dai lavoratori nella lotta per la loro emancipazione totale. Sulla via di rientrare nel possesso definitivo di fcutta la ricchezza sociale, siccome anche nel frattempo c'è bisogno di nutrirsi e di vivere, gli opérai devono non lasciare intentato aie un mezzo per migliorare la propria condizione politica, economiea ed intellettuale, — ogni volta risoluti a conservare il gié preso e a con-qui*tare di più.

La causa délia emancipazione dei lavoratori si avvantaggoré cosi dal doppio punto di vista morale e materiale : saré anmentato alquanto il benessere operaio e migliorate quindi le condizioni anche intellet-tuali; o la intelligcnza collettiva delle masse avré conquistata, nella battaglia salutare delle battaglie parziali o delle scaramucce, la coscienza rivoluzionaria del come si deve fare per ottenere Tintento in simili lotte, nonchô Tincentivo e il desiderio sempre più forte di ottenere di più e di riprendersi il tutto. In tal caso, lo ripetiamo, Vappetilo viene mangiando.

Ma solo in tal caso, intendiamoci. Vale a dire che solo a patto che il miglioramento sia frutto délia esigenza invadente e rivoluzionaria dei lavoratori, esso puô essere una porta aperta a maggiori con-quiste, una spinta sempre più poderosa verso Tavvenire. Che se al-l'opposto gli opérai ot'engono qualehe vantaggio, non con la resistenza e con Tazione diretta ed ostile verso gli oppressori, ma con la sotto* missione, pagando con l'inchiuo umiliante perfino il sorriso di chi lo sfrutta, venendo a patti con lui, e, nella smania d1 essere troppo pra-tico, rinunciando alla gallina di domani per ottenere l'uovo oggi, — invece di pretendere F uno e Paîtra, — compromettendo eoai î'avve-nire e fiaccando ogni propria energia, questo vantaggio, anche se non è soltanto apparente, rieace sempre una truffa da parte del capitalista, il quale fa il suo interesse da usuraio, dando oggi dieci per gu&ia-gnare cento fra un anno.

Ci sono due modi, per un dipendente, per ottenere dal suo pa-drone il riconoscimento d'un diritto: accampare apertamonte questo diritto c proclamarlo a voce alta pretendendono il rispetto coi pugni levati, oppure divenendo ancor più strisciante ed umile ai piedi del potente e chiedergli per elernosina come un favore ciô che questi sa-rebbe in obbligo di coucedere al diritto.

Avviene talvolta, di rado perô e solo momentaneamente, che il secondo possa ottenere più del primo; ma oltre l'avvilimento délia sua coscienza. egli non potrÀ ricavare altri frutti e maggiori dopo taie vantaggio immediatô, mentre il primo avrà sempre davanti a se la strada aperta e possiederà tuttora l'energia necessaria per tentare di avere di più, con la sicurezza prima o poi di riuscire.

L'organizzazione operaia deve sempre trovarsi nella condizione del primo, che protonde con la propria forza diretta l'uovooggi senza rinunciare alla gallina di domani, anzi preparandosi apertamento a strap-parc di mano alla borghesia anche questa. A torto dunque i nostri av* versari, quelli che corne noi vogliono F emancipazione operaia ma sono legalitari, ci accusano di trascurare il présente per l'avvenire, di non curarci del bisogno che c'è di leniro la miseria attnale, e d'essere con-trari ai miglioramenti immediati. Come si vede, essi s'ingannano; non siamo contrari affatto a questi miglioramenti, ma vogliamo perô che essi aieuo sostanziali e non i soliti specchietti per le allodole; e vogliamo ottenerli in modo da non rinunciare per essi aile conquiste future, alfavvenire.

Sta nel modo di conquistare tali miglioramenti la differenza; ed è il modo che in questo caso ha la ma&sima importanza. Noi pen-siamo cho gli opérai devono chieder sempre maggior somma di be-nessere e di liberté al govenio ed ai padroni, senza contentarsi mai, facendosi valere con Forganizzazione delle proprie forze, con la mi-naccia e Fattuazione délia resistenza diretta, con Fagitazione popolare, con tutti quei mezzi che il numéro, l'unione e la coscienza del diritto mettono a loro disposizione, non perdendo mai di vista il fine ultimo délia riconquista totale e lottando senza mescolarsi al nemico, «enza chiedeme l'intervento nelle proprie faccende e senza pretendeje di metter lo zampino nel meccanismo d* oppressione che è il governo (sia pore col preteetô di mitig&rne il maie e di convertirlo a fin di bene) restando, in una parola, sul terreno délia lotta di classe. I legalitari invece fanno l'opposto, e dicono sempre che non bisogna esagerare, che occorre contentarsi, per ora — sempre per ora! — del poco, si aftannano a formulare programmi di rivendicazioni minime che di-ventan poi per loro la prcoocnpazioie maggiore che fa djmenticare le rivendicazioni massime, e sulla base del programma minimo, cho poi s'assottiglia sempre di più, la lotta di classe è cambiata in una specie di commercio dalle transazioni più vergognose nelle quali è sempre il padrone che fa la parte delPusuraio e si mangia i bocconi migliori: alTazione popolare diretta sono sostituito le trattative per mezzo di incaricati speciali condotte negli ambienti governativi, e imposte nello loro conelusioni dall'alto, quando non si chiama addi -rittura nei conflitti ad arbitro il rappresentante patentato ed uffi-ciale délia classe avversa, e cioè lo stesso governo. Cosi si snerva e dévia la energia proletaria, illudendola con la speranza di eonqui-stare per mezzo dei suoi incaricati il potere, e con la promessa che questi incaricati faranno, una volta giunti ad alferrare il mestolo, l'intéresse dei lavoratori; vana speranza e promessa bugiurda, cho intanto fanno perdere alla classe lavoratrice la visione netta del suo intéressé, cho non sa più distinguere dalPintere^se délia classe bor-ghese appunto per la coufusione «Mie nella coscienza operaia ha ge-nerato il mescolare i due inter«'S$i nel crogiuolo délia politica parla-mentarista, — cui il proletariato in niun modo avrebbe dovuto parteci-pare, giacchè ciô siguifica partecipare alla sua propria oppressione, fabbricare e ribadirsi sempre più al piode le stesse catene da cui credeva in tal modo di liberarsi.

Puô darsi, ripetiamo, che, dal crogiuolo in cui si afiaiinano, gli alchimisti délia legalità riescano a trarre qualche pagliuzza, se non d'oro, almeno di rame, con cui i lavoratori possano comperare pochi contesimi di pane di più. Succédé perô spesso che ai più miopi il rame nuovo e luccicante sembri oro colato; taie illusione, fomentata dalle chiacchiere dei ciarlatani, sparisco non appena il tempo ha ap-pannato il métallo, e allora il disinganno déprimé le vittime e le getta in un avvilimento ed in un'angoscia maggiore, che neutralizza ed annulla quel po' di bénéficié immediatô ottenuto.

Il maie è poi anche più gravo se si pensa che di tali bonefici immodiati, per quanto poco utili alla causa délia emancipazione totale, se ne ottengono anche mono di quanto noi stessi più sopra abbiamo voluto ammottere, por poterli meglio discutere.

Infatti i riformisti legalitari, non attendendo i miglioramenti do-siderati daU'aiione rivoluzionaria del proletariato — parlo di 6ostanza e non di parola rivoluzionaria, e lo dico intuendo l'obiezione dei ri-formisti, cho ancho essi diconsi rivoluzionari — ed opponendo anzi a taie azione una quantité di inciampi, sono costretti ad aspettarli, e li aspettano anzi di proposito del'berato dalTazione legislativa come effetto di leggi emanate dall'alto.

Laseiamo andare il ca*o eccezionaliseimo in cui una legge o una misura legislativa fosse davvero utile; nei quai caso bisognerebbe bene meditare s** non sia più conveniente rinunciare a taie utilité piuttosto che ottenerla con un mezzo cosi tristo, e per ottenere la quale in ogni modo basterebbe e sarebbe sempre più efficace la près-sione dal basso in alto esercitata dal popolo sni poteri legislativi, dal di fuori e senza partecipare alla funzione del potere, e alla fabbriea délia legge.

Ricordiaino piuttosto quanto di regola anche una legge buona in so stessa sia inutile, quando non vfè la volonté popolare présente ad imporne lo spirito, e come taie legge diviene eattiva allorche esiste Y inerzia popolare che dalla legge ottiene allora non alt.ro che una formale sanzione, e in pratica una limitazione sempre. Di ciô, vale a dire délia inefficacia pratica, quando per eecezione non è un danno gravissimo, delle leggi, intese nel senso di norme coattive imposte dalPalto, abbiamo detto sopra ; e del resto varrebbe poco farne la ri-petizione, giacchè chiunque ha un po* di esperienza délia vita sociale moderna ne è bastantemente couvinto. \

lia politica nette ofganizzazioni opepaie

Le divisioni, le diseordie ch* dividono e suddividono oggi Torga-nizzazione operaia, dovunque la politica di parte riesce a penetrare nel suo seno, ci imp^nsieriscono oltremodo. Sappiamo che soltanto la solidarieté operaia giungeré presto o tardi a spezzare Tanello di ferro di tutte le oppressioui politiche, economiche e morali che ci avvincono allo scoglio délia miseria e dMla sehiavitù; ed ecco perche tutto ci6 che tende a menomare questa solidarieté ci appare come una specie di complice dei nemici délia classe operaia e p'>rciô ci addolora im-mensamente.

E ci addolora non tanto perché taie stato di cose urti con i metodi di lotta a noi più cari. Qui parliamo non in nome délia spéciale cd esclusiva nostra opinione politica, per quanto questa anche su taie argomento guidi la nostra intelligenza. Parliamo in nome dell'interesse nostro e delle nostre organizzazioni, per combattere non gli uomini, ma i sistemi sbagliati che questi uomini —in buona fede, non vogliamo dubitarne — hanno introdotto in mezzo aile nostre file, un vero cavallo di Troia che vi ha seminato la confusions e la discordia.

Donde dériva la discordia?

I* discordia é originata da un concetto errato che molti lavoratori hanno del principio di organizzazione per la resisteoza contro il capitale sfruttatore.

In genere si crede che le Camere del Lavoro e le Leghe di resi-stenza sieno orgauismi da adoperarsi, come tutti gli organismi politici, a raggiungere uno spéciale fine di partito. K cosi i partiti autoritari di qualunque scuola, coloro che tendono alla conquista dei pubblici poteri, perche credono (a torto, seconde noi) con essi emanciparo il popolo, guardano aile amministrazioni delle associazioni operaie eouio a pubblici poteri che bisogna conquistare e piegare ai propri fini di parte. Non tutti confes3ano apertamento questo scopo, nessuno lo diee pubblicamente ; ma questo silenzio e questa dissimulazione non na-sconde la vérité, — silenzio e dissimulazionc adoperati solo per la nécessité di raccogliero attorno a sè il maggior numéro di adesioni, anche dei più incoscienti, anche di coloro che vi si rifiuterebbero, se sapessero decisamento il perché di certi spcciali metodi.

A questo proposito molto volentieri si giuoca sull'equivoco. Quelli che per una ragione o per Paîtra si sentono forti dell'adesiono délia maggioranza operaia, dicono apertamente che anche nelle associazioni operaie bisogna fare délia politica, perché un'organizzaziono di classe ha come taie anche ed in gran parto interessi politici da far valere. E questa ragione, in certo modo vera, serve loro poi a trascinare gli opérai a fare non tanto la propria politica di classe, quanto la politica spéciale e determinata di un dato partito con uomini esclusiva-mente iscritti a questo partito, nella persona dei quali si muove alla conquista delle amministrazioni delle société di resistenza.

Gli altri, (come han fatto spesso i repubblicani) se più deboli, si oppongono ai primi dicendo che non bisogna far délia politica, ma riescono per un altro verso a far la lo stesso impersonando Top-poBizione loro in uomini del proprio esclusivo partito; oppure (come fanno i riformisti) riducendo Torganizzazione operaia. sur un concetto <ii antiquato e nocivo corporativismo, ad un organo amorfo e senza spina dorsale, quasi che il non fare dclla politica significhi poi disin-tereesarsi da parte delle organizzazioni operaie anche di quel la politica di opposizione a tutte le tiraunie, senza di cui non avrebbero ragione d'esistere le associazioni di resistenza. E giungono cosi a ne-gare perfino il vero scopo per cui queste sono sorte: la lotta di classe

Nè gli uui, nè gli altri hanno ragione. Le organizzazioni ope raie devono fare la loro politica; ma questa non sia la politica specialo di un determiuato partito, e i suoi metodi di lotta non sieno i metodi esclusivi di questa o quella frazione popol&re. Diremo anche di più: le organizzazioni operaie devono avere un carattere socialista; non perô nel senso di adesione incondizionata a questa o a quella scuola del socialbmo, sia comunista che collettivista, sia repubblicana che anarchica (i socialisti non anarchici sono in politica repubblicaui), ma nel senso di opposizione costante al capitalismo considerato come nemico che bisogna annientare, e non come vorrebbe qualcuno, come avversario in un contratto, col quale si ha interesse di mettersi d'ac-cordo : nel senso cioô délia lotta di classe combattuta con lo scopo délia intégrale emancipazione econoniica délia classe operaia.

Su questo terreno ê possibile, è necessario c)v> tutti gli opérai sieno d'accordo; ma Taccordo si puô ottenere solo quando ciascuno rinunci a far prevalero in seno ail'organizzazione operaia i metodi e le idee spécial i del proprio partito politico, metodi ed idée che met-terebbero una parte délia classe operaia — mmoranza o maggioranza, poco importa — nella dura alternativa, o di divenire incoerente aile proprie opinioni, diverse da quelle imposte dai primi, o di rompero la compagine operaia.

Il terreno su cui rimanere tutti d'aceordo e larghissimo, ed il programma che tutti insieme si potrebbe attuare è tanto vasto da non bastarne il tempo o la volontA ad esaurirlo. Fra opérai, in seno aile organizzazioni, ce n'ê abbastanza da discutere sui movimenti di classe, sul modo di condurre le battaglie contro il capitale, sugli scioperi e su tutto ciô che riguarda le questioni economiche più vitali di salari, di orari di lavoro, di miglioramenti in genere, per non perderci a litigare fra noi per la prevalenza, spesso del tutto formale e perso-nale, di questo o quel partito.

Tutti i partiti in genere sono d'accordo che insieme alPazione spéciale politica di ciascuno c'è un'azione generale di resistenza diretta da spiegare, per mezzo délia pressione popolare, délia propaganda e délia formazione delle coscienze, délia educazione alla soli-darietA, deU'affermaziore del diritto di tutti a sempre un maggior benessere e una maggiore libertA. Ecco un terreno su cui non fini-remmo mai di lavorare, se volessimo, d'amore e d'accordo; ciascuno proseguendo in altra sede, nel suo rispettivo partito, la sua azione spéciale, quella consigliata dalle personali opinioni politiche.

Posta cosi la questione, è facile risolverla. Ogni operaio, magari il più lontano da noi, se sente U spinta del suo materiale intéresse più urgente ed immediatô, volonté o notante, si unira alla falange degli opérai organizzati, per finire, com'è naturalo, presto o tardi col divenire un milite délia emancipazione sociale; ciô che non avverrà se ci vedrà divisi e quindi se vedrA diminuito il proprio interosse di unirsi a noi. *

Contro il capitalisme e i suoi sostegni più energici — per esempio, in questo momento, il cleriealismo ed il militarismo — tutti gli opérai potrebbero trovarsi d'accordo in una azione comune; prose-guendo questo accordo anche quando sia esanrito, ed e difficile esau-rirlo, il possibile programma di azione comune, col colpire ciascuno, con i propri metodi speciali, il nemico di tutti. Le organizzazioni proletario francesi, che da dieci an ni o poco più, combattouo con questi criteri, ci danno l'esenipio. R«*se hanno il merito maggiore, ed il merito acquistarono seguendo la via migliore — questa che noi additiamo — se in Francia e quindi in Kuropa i tentativi délia rea-zione mililitaresca. clérical e nationalisa sono stati resi vani, mal-grado la solidarietA di tutti gli elementi délia violenza, deirignoranza e délia tenebra coalizzati in uno sforzo comune contro la civiltA.

Tutti gli opérai hanno bisogno di vîYnre, di gua<lagnare, di mi-gliorare le proprie condizioni. Se l'organizzazione operaia persegue questo scopo, ogni discordia di parte non ha ragione di esistere in mezzo a loro. PotrA darsi fra essi un disparere momentaneo, non una guerra intestina.

E siccome l'organizzazione operaia non lia in fin de1 conti altno scopo che migliorare le condizioni dei lavoratori, fino a dar loro col sociplismo il maximum di liberta e di benessere, anche questa è una ragione per cui bisogna lasciare la parola agli interessi, più che aile rivalitA politicho degli opérai. Con*erviaino la solidarietA operaia. e facciamo in modo che questa conquisti sempre più miglioramenti di ogni sorta politici ed economici ; verrA il giomo in cui — se la solidarietA operaia sarA stata educata rivolnzionariamente e libertaria-monte — tutti i lavoratori combatteranno per il socialisme, per Tanar-chia e per la rivoluzione.

La propaganda di idée, il movimento politico spéciale di parte e la discussione sui problemi che dividono le coscienze moderne, sui metodi più o meno acconci a rovewiare il présente ordine di cose, e sul modo migliore di organizzare la società socialista, non debbono ccrtamente essere trascurate; ma sono funzioni che spettano ai singoli partiti politici di compiere. L'organizzazione operaia ha, nel campo délia educaziom» morale, lo scopo di condurre i lavoratori alla rivoluzione non per mezzo délia persuasione dottrinaria, ma per mezzo délia persuasion© empirica dei fatti, délia costatazione dei bisogni, delle nécessité giorno per giorno piu impellenti. Cosi lia la inissioue pratica, per dir cosi, di far toccaro con inano ai lavoratori che e necessario per il loro i.Jeresse e per la forza delle cose e dei tempi passare per la via délia rivoluzione e del socialismo.

Ma per ottenere che tutti gli opérai possano direttamente e per-sonaluiente soutire su se stessi rinrtuenza di tutte quitte determi-nanti storiche ed economiche, bisogna che partccipino eome démenti integranti alla vita storica ed economica délia société, K nel mede-simo modo occorre che, per partecipare come organismo vitale alla evoluzione uuiversale, essi, non aneora e non tutti e non compléta-mente eonquistati dalla propagande teorica, sentano tutti i giorni la spinta a stare organizzati, il bisogno délia solidarieté. Kcco la nécessité, oltre che per il resto, délia organizzazione operaia di ottenere per mezzo di mai interrotte battaglie sempre nuove inigliorio di con-dizioni di vita, perché i lavoratori sempre piu imparino ciô che Tunione puù far loro ottenere e perché inangiando venga ad essi un sempre maggiore appetito.

Ognun vede come, l'intéressé essendo la inolla più forte cho pu6 spingere sulla via délia rivoluzione i lavoratori tutti, occorre che questo intéresse pcrmanga e non si affiovoliaca mai. Invece i lavoratori non avranno più intéressé ad appartenere alTorganizzazione ope-raia, quando questa, per le scissioni nel suo se no, come ho detto .^opra, saré debole e non pot ré pin allettarlo verso eonquisto mag-giori facendogli .fin da oggi fare qualche passo avanti.

Messo invece sulla buona strada, il proletariato giungeré per intuizione logica a capire il concetto délia vera resistenza al capitale, délia nécessité délia espropriazione finale délia propriété per mezzo dello sciop^ro générale e délia rivoluzione, o délia possibilité infiuo di organizzare la produzione e il consumo per suo conto, socialisti -camente e libertariamente, in aeno e per mezzo dello associazioni operaie, divenute la ossatura délia société avvenire. — Concett: che la propaganda teorica si incarica di rendere concret! in seno ai partiti poliiici, man mano che gli opérai dall'associazione puramente operaia sentiranno il bisogno di elevarsi a discutere eon la mente le question! più scottanti délia vita moderna e del socialismo.

Non solo quindi portare la divisione di teorie e di metodi politici in mezzo aile société di resistenza è un maie; ma è cosa per l'interesse délia propaganda neppur necessaria. La propaganda, è naturale, da individuo a individuo, con la predicazione, la discussione, l'opusolo, il giornale, Tesempio, si fa dappertutto, non e8cluse lo organizzazioni opérai e. wSolo voglio (lire che queste non devon essere trainutate in organo ufHciale di questa o quella propaganda dottri-naria spéciale; ma tutte le propagande devono pofcervi esser fatte liberamente, quando tutte non contradicano il concetto délia resistenza al capitale, délia opposiziotie aile oppression d'ogni specio, délia lotta contro il capitulismo fino al-a emancipazione totale dei lavoratori dalle sue ritorte. E tutto questo non ê poco.

Coloro dc-gli opérai che hanno couvinzioni politiche déterminât*-non sono per questo impediti di agire come vogliono, a seconda délia propria coscienza. Solo, in seno aile organizzazioni di classe, devono penwire che li (lentro non tutti condividono le loro idee e che percid> per rispetto aile opinioni e libertà altrui, hanno il dov^re di inante-nere il patto per cui le organizzazioni sono sorte, lavorando at-torno gli scopi comuni e senza volerle trascinare a servire scopi bpeeiali — anche creduti buoni, ma che non corrispondono a! desi-derio degli altri.

Ecco perché noi anarchici deploriamo le attuali discordie in seno air organizzazione operaia, discorde che vi si sono introdotte appunto per la mania di trasportare nei sind;icati le questioni speciali di partito, come fanno specialmente i social-democratici. I quali si vogliono servire delle organizzazioni operaie per facilitare ai propri uomini la conquista del potore politico, dall'alto del quale poi si spera debba piovere la uianna proverbiale délia felicitÀ universale.

Questo cho abbiamo esposto è il concetto sindacalista dell1 organizzazione di mestiere délia classe operaia.

La principale caratteristica (o per lo meno una delle. più note e più in contrasta con le caratteristiche speciali dei partiti politici) di questa teoria, di questo metodo e di questo movimento è: il dizinte-teresmrsi completamente da parte delle. organizzazioni opérait delle lotte elettorali e parlamentari. Il sindacato non è prô nè contro il par-'lamentarismo: non se ne occupa, seinplicemente, poichè la sua fun-zione sta fuori delTambito delle funzioni parlamentari.

Questo h l1 unico terreno su cui il proletariato rivoluzionario di tutto le scuole e le dottrine, puô unirsi per lottare contro il capitalisme. Su questo terreno specialmente anarchici e socialisti possouo ed hanno iutereaso di mettersi d'accordo, a patto che gli uni abbiano il coraggio di separarsi dagli individualîsti e gli altri dai riformisti e f'ai non sindacalisti.

Ma per lavorare insieme, è chiaro, bisogna scegliere un campo in cui gli uni e gli altri possano stare a loro agio, senza urtarsi ne di-veaire incoerenti con le vednte e il programma fondamentale dei ri-spettivi partiti politico-sociali, e senza lasciare adito aile diseordie fratricide. Ciô e posai bile solo se il sindacaiismo si concepisca in senso antistatale e rivoluzionario, nelPambito deirorganizzazione operaia e delTazione diretta,/uoW e ad esclwione compléta di ogni intromission? e funzione elettorale e parlamentare. Lasciare la possibilité al-Felezionismo e al parlamentarismo di entrare nel sindacato, significa aprire le porte di questo a tutte le divisioni iosanabili ed aspre che dilaniano il socialismo dal 1870 in poi.

Alla prima convocazione dei coinizi elettorî, se il sindacato come organo e con i mezzi che gli vengono dagli organizzati volesse spie-gare una azione in pré d'un candidato, sia pure operaio e rivoluzio-rio, gli opérai anarchici si troveranno, per non essere incoerenti con le proprie convinzioni costretti a opporsi e, quando la loro opinionë non prédominasse, a uscire dalPorganizzazione. Se vi rimanessero ancora, sarebbe peggio: la lotta fra olezionisti e astensionisti rinascerebbe più aspra. E quel cho subito, aile prime elezioni, succederebbe fra anarchici e socialisti, avverrcbbe in seguito fra i socialisti delle diverse correnti, e cosi via di seguito... precisamente come è avvenuto fin qui nel partito socialista; la discordia caccia ta dalla porta per amor délia teoria, rien-trerebbe dalla finestra per tutto quel complesso di cause che sogliono fermentare in periodo elettorale in ogni dove, nel campo operaio, con-fessiamolo, come noi campo borghese.

Il potere, la lusinga di poterlo conquistare, 6 il pomo simbolico délia Discordia, che la borghexia ha gettato in mezzo al proletariato in forma d'una scheda elettorale. Questa le ha servito a instaurare il proprio dominio sulle rovine del vecchio regime, e continua a servirle per mantenerglielo contro il proletariato che a sua volta muove alla conquista del suo diritto.

Concludendo: Torganizzazione operaia, secondo i concetti del sano sindacaiismo, è il mezzo con cui tutto il proletariato esercita la sua azione diretta; attribuirle anche l'azione indiretta, e cioè quella che si esplica per inezzo del mandato elettorale, significherebbe farla esor-bitare dalla sua funzione specifica, e dividere il campo operaio. Ciô che bisogna assolutamente evitare.

Nè si dica che il sindacaiismo, significando anche la tendenza del-Vorganizzazione operaia ad assorbire le funzioni dei partiti, bisogna che si preoccupi anche délia funzione politica elettorale. fc vero che è augurabile che i partiti politici scompaiano; ma finchè idee politiche diverse ci sono, è fatale che i partiti ci sieno. Lasciamo dunque ad essi compiore le loro funzione, e non prctendiamo di far fare tutto dal sindacato, ancl.e ciô che non e azione sindacalista; tanto più cho »

- 36 -

il contrario significherebbe portare nel sindacato le discordie e le ma-gagne che vi sono nei partiti tuttiT senza esclusione di alcuno.

Sia dunque e rimanga l'org&nizzazione operaia il fascio concorde, per la dife^a dei propri interessi e per la conquista di un sempre inag-gior benessere, di tutti i lavoratori, con a base il mutuo rispetto ed il mutuo aceordo, per tare delle singole energie una forza unica da contrapporre a quella, sempre più anch'essa solidale, dei padroni.

Seioperi e sciopetro generale

La manifestazione più genuina e più appariscente délia lotta di classe è il conllitto fra capitale e lavoro per mezzo dello sciopero.

Fino a poco tempo addietro, e in générale anche oggi, lo sciopero avviene cosi : gli opérai di uno stabilimento o di due o più officine, in seno alla loro lega di mestiero decidono di eluedero al padrone uu miglioramento delle condizioni di lavoro: aumento di salario, dimi-nuizione delle ore di lavoro giornaliere, modificazioni tecniche e igie-niche nelle officine, ecc. Si fanno noti al padrone i desideri dei suoi opérai; e se questo accons^nte, va bene: si continua a lavorare, finchô non sorgera il desiderio e il bisogno di un nuovo miglioramento. Se il padrone non cede, allora i suoi opérai abbandonano il lavoro, e non lo riprendouo finchè il padrone sotto la spinta del suo intéressé non ha acconsentito aile richieste dei lavoratori.

Ognuno vede come in questi casi la lotta si puô svolgere. Gli opérai in sciopero per vincore consumano i loro magri risparmi, se ne hanno, consumano il fondo di cassa délia loro lega, vivono aiutati dalla solidarietà degli opérai délia propria iudustria e delle organizzazioni operaie in gonorale; soflVono la famé, e la vittoria costa loro sacrifici iminensi. Il padrone invece è in condizioni diverse; ogli attende, iiumtre l'otKciua è chiusa, seduto a tavola coi suoi anfitrioni, che la famé costringa alla resa gli opérai. Ogni giorno che passa gli costa, è vero, migliaia di lire, ma egli, se ô tenace, non si turba p'»r ciô; malgrado tutto, non la famé batterà eosi presto aile sue porte. Se vincera, in poco tempo riguadagnerà il p^rduto col frutto del cento per cento.

Nonostante gli opérai possono vincore; Tinerme puô abbattere Tuoino armato. Ma per ciô bisogua che concorrano alla vittoria condizioni speciali di lottat — condizioni che Toperaio non puô trascurare. Ci sono dei momonti e dello circostanze in cui la sospensione del lavoro puô dauneggiare il padrone in modo spéciale: Turgenza di fiilire certi lavori talvolta è cosi grande, che il padrone deve a tutti 1 costi cedere per non ineorrere in un danno maggiore.

I lavoratori in questi casi ricavano dallo sciopero un utile reale, che non va disprezzato. Ma per ottenerlo bisogna che vi concorrano quelle date eircostanzo e le loro richieste sien tali, che il padrone, messo eon le spalle al inuro, si trovi ad aver inayyiore interesse a cedere aile rivendicazitori operaie piutfosto che resistere. Ma, lo si capisce bene, finché il padrone, anche nel migliorare le condizioiti dei lavoratori, continua ad avere il suo intéressé, e cioè finchô guadagnera sul lavoro altrui seuza lavorare egli st-sso, i cardini délia société capitalisa rinmngono rigidairtente solidi. Dunque lo sciopero parziale, eosi come l'abbiam visto, non puô considcrarsi eomo una azione vera-mente socialista, bensi semplicemmto come una vendita a migliori condizioni délia forza di lavoro, — allo stesso modo che non !:a a che fare eol socialismo o con Tanarchia T ottenere dal fornaio o dal sarto di eomprare il pane o il vestito per un prezzo migliore.

Ma tanto il eompran- a m in or prezzo il pane e il vestito, come il vendero a migliori condizioni il proprio lavoro ô un vantaggio non trascurabile; prima di tutto perche ê naturale che si cerchi di vivere, anche ogj:iT prima del trionfo del socialismo e delTanarchia, in migliore condizione che ô possibile; e poi perché, corn»- abbiamo già detto, un elevamento dello condizioni di vita eonduce anche, o per lo meno ô condizione essenziale di un elevamento délia coscienza e delTintel-Iigenza. Purtroppo, quando si ha lo stoinaco vuoto, si ha vuoto anche il cervello; e la rivoluzione social»- cui noi an^liamo non ê con Pin-coscienza che puô trionfare.

Ferciô la vittoria d1 uno sciopero o un miglioramento, ô indiretta-ment1 fattore délia lotta di classe, fattore socialista. K perciô non va traseurato. Ma errore grave di molti socialisti è, poco per volta, di prendere questo, che o un mezzo di rivendicazione, per il fine di tutte le rivendicazioni e per lo scopo unico ed ultiino delPorganizzazione operaia. E questo errore che ha gonerato il riformismo, e ha ridotto il partito social democratico ad una frazione délia borghesia radicale, insieme coi repubblicani, — dei quali per giunta non hanno neppurt lo spirito di conihattivitA contro la monarchia.

Questo dur»- la massima importanza agli scioperi parziali a scopo di riforme parziali ed ai miglioramenti immediati ha finito per far di-menticare a molti lo scopo vero del socialismo, cho è la ripresa di tutto il capitale esistente da parte dei lavoratori, a proprio esclustvo beneflcio. Nè poteva essere difïerentemente, poichè coi soli scioperi parziali a scepo di riforme parziali ed immédiate, se si puô ottenere qualche cosa, non si puô mai giungcre al socialismo, — perché lo con-quiste possibili con tali tnezzi sono limitât** nell'orbita dello istituzioni borghesi. II padrone cedera allé richieste degli opérai finchè rimarrA per lui un margine di guadagno, finchè cioè gli rimarrA la possibilitA di sfruttare ; — e finchè ci sarA sfruttamento ci sara il capitalismo, e non ci sarA punto il socialismo.

Questo giro vizioso ha condotto i socialisti riformisti a formulare la strana teoria che gli opérai debbano, negli scioperi, prebccuparsi de.irinteres.>e dei padroni e delle. condizioni dell'industria. « Ma il vo-stro sciopero, — si è sentito dire, — rovina l'industria nazionale! Le condizioni delPindustria non permettono che voi lavoriate meno di dieci ore al giorno, che guadagnate piu di tre lire! Ma voi finirete col ro-vinare il « povero padroue » ! E cosi si è giunti a dar torto a^li ope-rai iu sciopero e ragione ai capitalisé, in nome d'una nuovissima in-terpetrazione del socialisino.

Si e dimenticato che invece souo gli opérai che hauno sempre ragione, sempre, sempre; anche quando dichiarano uno sciopero fuori tempo, danneggiando se stessi. Certo, fanno maie a ingaggiare una lotta in condizioni sfavorevoli, quando la loro sconfitta e sicura; ma fanno maie rispetto al Tin ter es se proprio, non perche il padrone abbia ragione lui, e perché ci sia davvero un diritto degli industriali contro i salariats. Finchè il lavoratore lavorerA un'ora sola a beneficio d'un padrone, e finchè il padrone guadagnerA un solo ceutesimo sul lavoro d'un operaio, la lotta dell'operaio contro il padrone $ara sempro giu-sta, l'operaio avrA sempre il diritto dalla sua, — il diritto sacrosanto che e la base del socialisino e dcU'anarchia, che non vuole ci sieno più padroni e schiavi, capitalisti e proletari, ma solo lavoratori associati per produrre in comuno e consumare a seconda dei bisogni di ciascuno i frutti del comune lavoro.

Non perdendo di vista mai questa idea, si capirA come quei socialisti, che in nome di sofisini economici derivati dalla dottrina bor-ghese, si schierano contro gli opérai in sciopero, solo perché questo loro sembra inopportuno, diventano traditori del proletariato e del socialisino. Gli opérai cerchino, prima di dichiarare uno sciopero, di met-tersi in condizione di poter vincere; ma a lotta ingaggiata sieno tutti solidali, perche, anche se sconfitta ci sarA, questa sia meno forte, e perché dalla lotta il capitale esca quanto piu è possibilo danneggiato* Fare altrimenti significherebbe come, in una guerra, passare al nemico a battaglia ingaggiata, solo perché la battaglia fu ingaggiata maie.

Coloro che credono, solo a furia di riforme parziaU di giungere -Alla riforma sociale compléta in senso socialista, dimenticano il prin-cipio giustissimo racchiuso nella legge ferrea, secondo cui ogni aumento do i salari, ogni miglioramento che diuiinuisca i proventi del padrone, finisce col ricadero sulle spalle degli stessi lavoratori. I muratori che ottengono un franco di più al giorno si vedranno presto cr^ere il costo délia pigione di casa per se e per tut ta la classe lavoratrice. Oerto, perché questa ripercussione ci sia in modo tangibile, ci vuole del tempo; e in ogni modo fra il salario troppo ba-sso e quello oltre il quale il padrone è costretto a rifarsi, elevando i prezzi delle cose prodotte in modo troppo sensibile, c'é ancora una certo distanza da sup<Tare, un margine entro il quale un miglioramento dell'operaio è compatibilo col guadagno del padrone. Finché taie distanza non è su-perata, finché taie margine non é esaurit©, l'operaio pué migliorare senza che la ripercussione dol suo miglioramento si faccia troppo sentire.

Ad allargare questo margine e a permettere parecchi passi avanti agli opérai organizzati. contribuisce il fatto che non tutte lo classi Ia-voratrici sono organizzate, che c'é una gran parte del mondo in cui la borghesia ha per dir cosi i suoi magazzini di riserva di lavoro e di prodotti, e che non tutti i lavoratori organizzati sono giunti a chie-dero ugualmento un massiiuo di riforme. I metallurgiei ed i ininatori inglesi pos*ono essere giunti a ottenere salari invidiabili e ad elevare parecchio il proprio tenore di vita, perché la borghesia di quclla na-zione ha per rifarsi mille sbocchi ai ouoi prodotti, in Asia, in America, in Oceania, per non dire dell'Europa; il benessere di cinquanta mila opérai inglesi è pagato da utilioni e milioni di consumatori, e quindi deve passaro molto tempo prima che Poperaio ingloso possa, come consumatore risentire la conseguenza deiraumento del suo salario.

Ma quaudo non poche centioaia di migliaia, ma tutti o qua*i tutti i lavoratori accauipassero le stesse pretese, allora si che la legge délia relazione fra la procluzione e il consumo si farebbe sentire, e il giro vizioso apparirebbo manifesto. E allora si sentirebbe daccapo il bisogno di spezzare questo circolo equivoco, per cui il régime borghose farà pagare di più il prodotto d'un lavoro pagato di più; e l'unico modo di spezzare il circolo vizioso è Tabolizioue délia propriété individuale

Come si vede, il problema da qualunquo parte venga considerato ci conduce alla stessa soluzione: che lo sciopero parziale per riforme parziali e immediate é utile e, direi quasi, inevitabile per il proletariato, come utile e inevitabile è pel padre di famiglia cercar di com-prare il pane a più buon mercato possibile e pel merciaio vendere la sua merce a maggior prezzo, essendo lo sciopero appunto il mezzo di vendere il lavoro a migliori condizioni; ma siccome l'origine délia mi-séria e di tutti i mali che ne derivano sta nel fatto stesso che il lavoro sia una mer ce che si vende e si eompra, la fine délia mieeria non si avrà che quando il inercato ignobile sarà ces^ato; quando pro-duttore e consuinatore saranno una sol a persona, quando tutti saranno produttori per ciô che le loro forze consentiranno, e consumatori per ciô che i loro bisogni richiederanno.

Abbiamo lasciato per ultimo di consîderare, tra i fattori di vittoria negli scioperi, lVnergia e lo spirito di sacrificio dei lavoratori organizzati; e ciô a bella posta, perché questo lato del problema xi riallaccia al concetto rivoluzionario délia lotta di classe e sta in diretta comunicazione col fine ultimo del socialismo. Ma bisogna dire ben chiaro che il primo e il piu importante coelîiciente nella lotta fra capitale e. lavoro è lfenergia cosciente dei lavoratori e lo spirito di sa-crificio. Con taie forza sono vinti scioperi neglio che con fondi di cassa di milioni e milioni raccolti dalle legho di résistent, e in condizioni delFindustria le mono favorevoli. Lo sciopero dei doks a Lou-dra nel 18 qtiello dei minatori a pin riprese ma spécial mente, nel 1898 negli Stati Uuiti, lo sciopero generale di Genova nel 1ÎKK), ed altri men fragorosi ma non meno imporfanti iu Italin, Spagna e Francia specialmente insegnano. La storia operaia di questi ultiiui asmi ci dice che si sono vinti un maggior numéro di scioperi nelle nazioni latine, ove prédomina il metodo sinda*alista, ove meno si hanno casse sindacali fornite e più si fida sulla energia e Pazione diretta degli opérai, che non nello nazioni nordiche, ove lo spirito legalitario ha uc-ciso ogni istinto rivoluzionario ed ove si sono avut*.1 sconfitte enorini, come quelle dei métallurgici inglesi e dei minatori tedeschi, che pure spesero nella resistenza dei inilioni.

Ma il vantaggio ina.ssimo di questo metodo dcll'azione diretta e rivoluzionaria sta non tanto neirottenimento dei miglioramenti volta per volta pretesi, — ciô di cui abbiamo parlato nel cnpitolo s tille ri-fïrm* e i miglioramenti — quanto nel fatto che a questo modo il proletariato si mantiene sempro sul piede di gnerra di fronte alla boiw ghesia, e ciô che oggi ottfene non lo impegna minimamento a non chie-dere deU'altro Tindoiuani e tutto il posdomnni. L'atteggiainento rivoluzionario lo abitua al a lotta, e lo abitua a vodere sempro netta la sua situazioue di oppresso e di sfruttato. non lasciandoglî mai perdere di vist^ ciô che dev'essere il suo scopo principale: la fine deiroppres-sione e dello sfruttamento. Cosi gli scioperi assumono la carattcri-stica di vere battaglie del lavoro sul terreno délia lotta di classe, e non Taspetto di quel volgare o sor^plice contratto fra bottegaio e cliente cho oggi vien chiamata cooperazione e collaborazioue di classe.

La eollaborazione di classe dei riformisti e la negazione délia lotta di classe, — ê cioè la negazione del socialismo.

Lo sciopero, secondo il concetto dclla lotta di classe e sindacalista, considerato come battaglia contro il capitale, ci conduco alla conoe-zione dello sciopero générale. Il quale non è vero, come si crede, cho sia scaturito ora dalla monte dei socialisti o degli anarchici ; ma bensi fin dai tempi dolVfuternazionale è stato sempre considerato couie il mezzo pin efticace di rivoluzione. Lo sciopero generale in questo senso, che avrà per corollario Tespropriazione del capitale da parte dei lavoratori, e che avverrà quando sarà tanto generale ed altrettanto energico da bastare allo scopo, non deve essero confuso con quello quale s'intende oggidi da molti specialmente socialdemocratici.

Per molti lo sciopero gonerale non è altro che nu mezzo sussi-diario, una estrema ratio, per ottenere una ritorma spéciale ecouoinica

0 politica. Cosi concepito, taie sciopero è generale non rispotto alla classe operaia tutta insieme, ma bensi rispotto al proletariato di uuâ sola città, ai lavoratori d'un solo mestiere; oppure è fatto dai lavoratori di tutta una nazione, ma per la durata di due o tre giorni o sette, a scadenza fïs*a. Taie sciopero cosidetto gonerale, contenuto per quauto è possibile nei liuiiti dclla legalità, ha uuo scopo preeiso determiuato, raggiungibile nelTorbita delle istituzioni attuali.

E per questo taie forma di sciopero, non più strettamente par-ziale, ma neppure veramente generale, contradittorio con la teoria anarchica e col metodo sindacalista? Tutt'altro! è anzi essa una ma-nifestazione délia coscienza operaia superiore a quella degli scioperi parziali a scopo del tutto interessato; o come taie ha tutta la nostra simpatia. Quando A proletariato d'una città intera, oppure gli opérai di tutto un mestiere in una intera nazione si pongono in sciopero, si-gnifica che in mezzo ad essi lo spirito di solidarietà è immensamente diffuso; e tanto più confortante esso è, se lo sciopero avviene per si-gnificare la solidarietà di classe con una spéciale categoria di opérai più delle altre oppressa. Cosi quando, come ultimamente, tutto il proletariato di una nazione sciopera per protesta contro un eccidio, per affermare il diritto alla vita e alla libertà, esso è un segno anche maggiore di progresso; significa cioô che gli opérai affrontano i rischi,

1 danni e le couseguenze d'uno sciopero, spesso cause a loro volta di ïutti e di miserie indicibili, non più solo per Tegoistico scopo di gua-dagnare qualche soldo di piu, ma anche e sopratutto per dire il proprio dolore per lo scempio di fratelli lontani e sconosciuti, per soste-nere un principio idéale di giustizia e di libertà.

II solo fatto che il proletariato assurga coi sacrificio proprio a questo sentimcnto di solidarietA, o giunga nella sua intelligent e coscienza a sentire l'offesa fatta a principii d'indole superiore, pin ele-vata di quello delPinteresse personale immediatô, — questo solo fatto basta per farci considerare tali manifestazioni un indice confortante del progresso umano.

Ma sarebbe grave errore, come per lo sciopero parziale, il rim-picciolire i'idea dello sciopero generale fino a farla consistere solo e semplicemente in queste dimostrazioni di solidarietA, che hanno certo la loro importanza, ma che, pur essendo più imponenti, non escono dal novoro di quei mezzi di agitazione e di propaganda che sono le dimostrazioni per le vie, i cortei, i coinizi, le conferenze, i manifesti, ecc. K io sono d'opinione che un movimento coinplesso e vasto come lo sciopero gcnerale poco giovi al raggiungimento di scopi economici par-ziali. Quando gli opérai dfuna ofKcina sono in sciopero, dichiarare lo sciopero generalo di tutti i lavoratori délia cittA o del mestiere, pué essere efficace sol quando raggiunga una forza intimidativa taie da spiugere i pubbtici poteri a costringere il capitalisa a codera. Alt ri -menti taie sciopero gencrale a scartamento ridotto puô essere più no-civo cho utile, sia perché piomhando tutta la classe nei disagi d'uno sciopero questa è impotente ad aiutare finaoziariamente quelli che erano primordialmente in lotta col proprio padrone, sia perché il padrone isolato contro cui lo sciopero generale viene rivolto, con lo sciopero gencrale viene ad acquistare la solidarietA di tutti gli àltri padroni dei quali non teme più la concorrenza, coi quali si associa nella resistenza aile pretese degli opérai e divide il proprio danno dimi-nuendolo.

Cosi lo sciopero di protesta contro il governo in difosa délia vita operaia o d1una libertA politica ha la sua eflicacia solo a patto che sia uuanime, e primi vi aderiscano gli opérai dei servizi puhblici e dei tra-sporti ; e a patto che dovendosi ripetere simile forma di protesta, la sus-soguente superi in riuscita, in generalizzazione ed in energia quella pre-cedcnte. Altrimenti, se il secondo sciopero riesce meno numeroso del primo, e il terzo meno energico del primo e del seconde, meglio sarebbe non avvenissero punto; poichè in tal modo, si dA uno spettacolo d'impo-tenza invece che di energia, — si cammina all'indietro invece di andare avauti. E non torna il conto di affrontare tanti rischi, per perdere le posizioni occupate. Il ripetersi troppo spesso di tali manifestazioni com-pletamente o quasi platoniche, finirebbe con lo screditare I'idea dello sciopero generale, che è ben altro, e lo porrebbe troppo alla pari dei soliti comizi di protesta che finiscono coi solitissimi « energici > ordini del giorno, a eni ormai e borghesia e governo sono abituati e indiffèrent!.

Gli scioperi gênerait, oltre che per il loro carattere di guerra guerreggiata contro il capitale, hanno una spéciale important perche sono una preparazione allo sciopero générale propriarnente detto, lo sciopero generale rivoluzionario. Essi, divenendo sempre più generali, sono altrettante tappe sulla via délia totale emancipazioue operaia dallo sfruttamento capitalistico.

A tal punto sentiamo i nostri avversarii riforinisti e « praticissiini > deriderci, attribuendoci la fiducia apocalittica in uno sciopero cow-pletamenie generale, che non avverrà mai. K inlatti, se i lavoratori aspettassero por emanciparsi che sia possibile uno sciopero assoluta-mente generale, remaucipazione loro si farebbe aspettare un bel pezzo... Ma il fatto è che nessuno, e tanto meno gli anarchici, sono cosi ingenui da crede.re alla possibilità d'uno sciopero generale assoluto, — poichè di assoluto non si ha ne si avrà mai nulla al monde. Perô pensiamo che il trionfo del socialismo, e cioè la socializzazioite délia proprietà, non si avrà se uon per mezzo d'uno sciopero, che sia bastantemente generale nello spazio e nei mestieri da rendere ulteriormente impos-siblle il reggersi delle istituzioni capitaliste e borgliesi; e perche si giunga a ottenere questa misura sufficiente di generalizzazione di sciopero, basterA che scioperino le catégorie principal)', e in esse la maggioranza degli opérai dello industrie, dei servizi pubblici e dei trasporti.

Xaturalmente un taie sciopero generale non potrà avere séria ef-fîcacia rivoluzionam se non a patto che i lavoratori, mentre cesserai)no di lavorare per il padrone, coutinuino a produrre per sè — sia impian-tando vaste coopérative di lavoro e consumo, sia provvedendosi altri-menti il pane, il vestito e l'allogio, senza di cui in breve tempo sarebt>ero costrctti a ritornare sotto la sferza del padrone. Un piccolo csempio, di mezzo di rifornimento di vita per gli scioperanti, lo ab-hiamo avuto tempo fa a Ginevra, dove, durante uno sciopero di mu-ratori funzionarono egregiamente le cucine comuniste, che diedero modo agli scioperanti di prolungare oltre il possibile la loro r^si^tenza.

Ma non Lvsciamoci trasportare a voler fare i veggenti sulPavvenjre. Domani o più tardi, lo scioperD generale sarà il ponte di passaggio dalla societâ borghese alla società socialista e libertaria. E lo sciopero generale ha i suoi cantieri maestosi di preparazione nell*> orga-nizz*zioni operaie, agent i ed esistenti sulla base del concetto sin-dacnlista dell'azione diretta e deiraeitazio^e popolare. Diamoci corn* possiamo a questo movimento nei sindacati, cerchiamo d'indirizzarla

— 44 -

sempre più in coerenza eon le nostro idee, serniniaino a piene inani queste idee nei cervelli e nei cuori, ed avremo fatto tutto il nostro do-vere per preparare Tavvenire chfé nei nostri voti.

punzionamento interno dei sindaeati

I sindaeati o leghe di resistetr/a, le borse o camere del lavoro hanno oltre che una funzione di lotta verso Tambiente esterno, anche un funzionamento in ter no che non bisogna traacurare, perché anche questo sia sulla direttiva dello scopo da raggiungere e dei inetodi che sono adoperati nella lotta contro il capitale.

Se è vero che il sindacato è Torgano di lotta contro ogni forma di sfruttamento e di sopraiFazione, bisogna che in seno stesso dell'or-ganizzazione operaia non vi siano né sfruttamento né sopraftazione.

II pericolo di sfruttamento é evitato pel solo fatto che le organizzazioni operaie non sono fonti di speculazione* Ma laddove, come per esempio nelle coopérative, — la forma di associazione più pericolosa per la sua tendenza a degenerare, — ci sia bisogno di stabilire rapporti di domanda e offerta di lavoro, bisogna che questi rapporti evitino in modo assoluto i sistemi del salariat*). IIo parlato più sopra di eucine comuniste in tempo di sciopero; ebbenvS ivi sarebbe segno di degene-raziono stabiliro altro sistema che quello in cui ciascuno abbia modo di sfamare la sua faute. Per elevare l'esempio a simbolo, dirù: guai se il cuoco, pel solo fatto che ogli ininestra, si credesse in diritto di disporre a suo beneplacito del vitto da lui cucinato al di là délia quautità bisoguevole al suo appetito!

Ma è cosi difficile che capitino circostanze simili, che non vale la pena di dilungarci troppo in proposito. *

Piuttosto è grave il pericolo del formarsi in sono aile organizzazioni operaie di speciali organi e forme singolari di autorité e di sopraffa-zione. Specialmente nelle organizzazioni operaie in cui predominano i socialisti autoritari, si è caduti completamente in taie errore. L/orga-nizzazione vi è quasi militarescamente centralizzata ; ed in essa si è introdotto un funzionarismo eccessivo, e i funzionari son divenuti altrettante autorità prepotenti e indiscutibili, che guidano a loro van-taggio o a vantaggio del proprio partito la massa, organizzata non coscientemento ma peeorilmente. Le cariche, gli uftici amministrativi son divenuti piccoli go verni in miniatura, che commet tono atti di sopraffazione inaudita. Le delibîrazioni, tranne che in rari casi, vi sou prose dai comitati esecutivi, dalle presidenze e dallo segreterie e non dalle assemblee di tutti gli organizzati, ccc.

Questo metodo, se giorno per giorno non produce un danno énorme a tutti visibilc, cagiona peré perturbamenti non indiffèrent! nei mo-menti di lotta. Spesso disastrose sconflitte sono dovute al-fatto che una determinata azione viene comandata dall'alto e da lontano, da un organo centrale, invece di scaturire <lal basso, ove si ha migliore co-scienza délia propria forza e délia possibilité di ajgir* e riuscire; senza contare ehe eiô dâ luogo a ingiustizie, a favoritismi, a lotte peraonali e intestine, r facilita l'inquinamento politico dei sindacati.

Se i sindacati poi devono essere oltre che organismi di lotta nella società attualo, anche forme embrioniali délia société futura senza pa-droni, facile riesce Paccorgersi che un funziouaiwiito similc autoritario e accentratore dello organizzazioni operaie non pué prepararci ehe un ambiente disposto invece a crearsi sempre nuovi padroni e nuovi pa-stori, ehe guideranno si il gregge, ma lo toseranno anche e lo scorti-eheranno quando loro gioverA. In seuo alla classe operaia si viene formando cosi la mandrin di pécore future, e su esse i futuri man-driani, per sostituire i quali «gli altri che abbiamo attualmente» non vale certo la pena di spolmonarsi e di faticar tanto.

Poichè, ripeto. l'organizzazione operaia deve avere anche una funzione essenzialinente educativa, essa deve formare degli uoraini e non le dantesche pecore motte d'ignobile memoria. Perciô in seno ad essa la coscionza operaia deve trovaro l'ambiente adatto ad olevarsi a una comprensione sempre maggiore délia liberté. Perche ciô si ottenga, bisogna che i sindacati abbiano una organizzazione discentrat», senza organi centrali autoritari, in cui le carichc sociali sieno limitate aile sole necessarie e indispensabili. e sia salvaguardata Tautonomia dei singoli organismi coinponenti h» vaste federazioni.

Noi crediamo che ogni organizzazione debba e possa avere i suoi organi; e non capisco — dacchè essa deve avore, per esempio, un cassiere o un segretario — perche gli anarchici non possano parteci-pare alla loro scelta e magari essere essi stessi gli incaricati: l'importante e che il segretariato non diveirfi un governo; ed il cassiere un padrone; cosa che instiutivarnente succède quando nelle organizzazioni si ha intense a giungere a comandare su loro, per asservirle ai fini délia propria chiesa di partito. Gli anarchici si rifiutano quindi di partecipare alla scelta degli amministratori delle proprie leghe, sindacati e catnere del lavoro fino a quando la maggioranza più grande sarà lontana dai concetti suesposti. E nelle contese cagionate da rivaBtà di parte essi si rifiuteranno di appoggiare gli uni piuttosto che gli altri, perché ciô significherebbe acuire i dissidi; mentre, fare per conto loro, un'altra scelta aumenterebbe il numéro dei dissident! e la con-fusione; senza contare che la loro si ridurrebbe certo ad una tcrza ma* nifestazione di partito, malgrado la contraria intenzione: irrisoria come risultato materiale, altrettanto che deleteria come risultato morale.

L'amministrazione delle organizzazioni operaie, secondo noi, non deve essere aftidata a Tizio o Caio in quanto essi appartengono a questo o quel partito, ma in quanto essi sono idonei por competenza, per attitudine, per passibilità materiale e per onestà a ricevere il ge-loso incarico di amministrare tant! interessi, comuni a tutti.

Dico, cosi fra parentesi poi, un altro mio parere. Siccome nelle orgauizzazioni operaie spesso c'è bisogno di qualche incaricato d'una opéra continua e fissa, e perciô da doversi retribu ire, io penso che coloro che percepiscouo un compenso per la propria opéra, non ab-biano mai un compense superiore alla média del guadaguo d'un ope-raio délia lega da loro ainministrata, non debbano mai essere incaricati anche di altre mansioni suscettibili d'essore disbrigate secondo uno spccjale suo iuteresse; che insomma Pincaricato non abbia interesse a cambiare la sua posizione, da operaio ad amininistratore, e da incaricato per una spéciale funzione a vera o propria autorità.

Oltre a ciô bisogna evitare scrupolosameute di affidare le cariche sociati dei sindaeati ai non appartenenti alla classe operaia, vale a dire ai professionisti (avvocati, dottori, professori, studenti ecc.)t non perché in mezzo a loro non ci pos^ano essere buoni socialisti e ottimi anarchici amici sinceri degli opérai, ma perché purtroppo l'esperienza ci insegna che essi han contribuito, nella generalità, a far degenerare il movimento operaio verso il riformismo. E ciô è naturale, perché i professionisti in genere vengono al secialismo o all'anarchia (quando noi fanno in mala fedô, per procurarsi popolarità o affari)per convincimento del tutto teorico, e non per interesse loro diretto. Essi sentono perciô la questione sociale in modo indiretto, e sono più proclivi a correr dietro gli uni alla fata morgana délia politica parlamentare e gli altri a perdçrsi nelle elucubrazioni astratte d'una filosofia trascendontale, — nell'un caso e nelFaltro riuscendo dannosi e inadatti aile funzioni pratiche e antiborghesi insieme del movimento proletario*

Cosi Tamministrazione deve rimanere pura e semplice gestione amministrativa; la delegazione di funziono non deve assumere Taspetto di delegazione di potere. Essa deve essere organo csecutivo — lo parole scesse adoporate, Commission* esecutiva, lo dicono — delle volontà e delle deliberazioni volta per volta prese dalle assemblée e dalle riunioni degli opérai organizzati. Se questo criterio puramente amministrativo delle cariche sociali fosse stato bon compreso dagli opérai le odiernc conter cho dilaniano le organizzazioni di mestiere non avrebbero Iuogo.

Esse hanno lnogo invece perche le cariche amrninistrative delle uostre organizzazioni sono ancora dai più considerate alla stregua degli organismi politici e legislativi, come posti elevati di comando, dai quali si ha Vautorità, il potere di condurrc dove si vuole il gregge sotto-stante, sia pure cou la buona intenzione di condurio al benessere ed alla libertà. Dato questo concetto, si comprende purtroppo perchô eiascun partito di quelli che han la febbre délia conquista del potere, muovano alPassalto delle cariche sociali delle organizzazioni proletarie, corne juuovono alla conquista dei inunicipi, dei parlamenti o dei go-verni.

Tra i mi«n amici troverô certo qualche eritico che mi dirà: ma comi- farete se qualclie elemento autoritario vorrà agire diversamente, e tentera iinporsi e quindi cambiarc daccapo in sonso antilibertario le t'unzioni amrninistrative?

Se lo spirito libertario avrà pervaso gli aniuii degli organizzati, cosa necessaria e condizione sine cpca non, dato il genere di organizzazione esposto supra, ogni elemento autoritario verra subito esauto-rato dalla resistenza dolFauibiente. Elemeuti autoritari ve ne saranno, ma es->i saranno innocui, perchô l'ambiente, le condizioni e la forma di organizzazione non si adatteranno a che s'impianti il loro dominio. Certo, qualche volta, la inalattia autoritaria potrà scoppiare qua e là, produrre qualche riale, inanifestarsi, in una parola. Ma sara cosa pas-seggera, di poco momento, e non molto nociva; mai in ogni modo taie da far rimpiaugere la disorganizzazione, — la quale, lungi dall'evitare i'autoritarismo, lo favorisée e lo fa più tirannico.

E come se si dicesse: ma in anarchia tutto le cose andranno bene? La società sara in ogni cosa perfettamente anarchica? No» Difetti ce ne saranno sempre. Ma ciô che importa è che ce ne siano il meno possibile, mono di oggi e meno di quanti ce ne sarebbero con qualsiasi régime finora esperimentato.

Per concludere, diremo che, di fronte aile attuali discordie operaie, gli anarchici non parteciperanno a questo lavoro di delega delle cariche sociali delle loro organizzazioni — cui per solidarietà non ces-seranno perô, malgrado il dis^usto che spesso li^prende, di far parte — finehè non saranno accolti almeno in massima parte i suesposti criteri; e niuno di noi dovrebbe accettare delega di sorta, se non dove il farlo sia in coerenza con la nostra dottrina egualitaria e libertaria nel tempo stesso che in contradizione cogli intoressi délia classe ca-pitalista.

Non parteciperemo mai aile attuali gare in fécondé e dolorose in seno aile unione operaie ; non ci varremo del nostro diritto di contribuire alla delegazione dei loro amministralori, finchè non si sarâ compreso che l'organizzazione operaia non deve essere un gregge, gli opérai as-sociati non devono essere pecore, gli amministratori delle Società di resistenza non devono esserç pastori più o meno armati delle cesoie deirautorità con cui si castrano le più belle iniziative; finchè la no-stra disciplina esteriore cosi scossa non si cambierà in disciplina morale, nella salda solidarietÀ degli interessi e dei cuori opérai in un patto comune, frementi tutti di un palpito solo di emancipazione, al di sopra delle divisioni settarie, airinfuori di ogui esclusivismo fratri-cida e di ogni intoileranza e prepotenza partigiaua,

Noi non staremo con nessuno dei contendenti finchè gli opérai litigheranno fra loro, cosi come o^gi, in una incivile contesa; ma oggi, domani e sempre, siamo e saremo con loro, pronti a tutti i sacrifici, dovunque avremo di fronte, hen altrimenti temibile e degno dei nostri col pi, il comune nemico: il capitalisme.

Queste, nelle linee generali, sono le idée che i socialisti-anarehici hanno riguardo aU'organrzzazione operaia di resistenza, questa la re-kizione che passa tra anarchismo e sindacalismo, questi i concetti sulla base dei quali sul terreno economico i socialisti-anarchici possono met-tersi d'accordo con tutti i lavoratori rivoluzionari nell i lotta operaia contao la borghesia.

Lurr;i Fàkbiî*.