LU IGI FA BBRI

L'IDEALE

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Centeslmi ÎO

BOLOGNA

Libreria Editrice La. Scuola. Modekna Caxella postale 209

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LUIGI FABBRI

L'IDEALE

ANdRCmCO

BOLOGNÀ

Libreria Editrice La Scuola Modbrna Casella postale 200

★★★★★★★★★★★★★★•A"*****

. PREFAZIONE

Consentendo agli amici editori la ripubhlicazione dello scritto che segue, debbo avvertire che esso risale a molti anni addietro, al 1896, quando in me c'era an-cora la pura ed ingenua fede del neofîta — non tur-bata per anco dugJi inevitabili disinganni e dalle ama-rezze delle lotte di parte — insieme ad una certa im-precisione di vedute sut problemi che l'anarchismo ha posto sul terreno délia discussione da allora in poi.

Cià spiegherà ai lettori il perché di alcune affer-mazioni ultra armoniste suit' avvenire délia società e il perché d'una interpretazione for se troppo materialis/tica e fatalista dell' anarchismo. Ly insieme delV opuscolo, na-turalmente, corri-sponde ancora al mio pensiero, altri-menti non avrei consentito a farlo ripubblicare. Ma è anche vero che se quest'opuscolo lo dovessi scrivere ora, » terrei un'altra via di argomentasione ed èviterei alcune affermazioni, dettate più dall'entusiasmo giovanile che da una severa vagliazione delle idee e dei fatti.

Pure non mi spiace ch'esso si pubblichi cosï, poichè rispecchia la mentalité degli anarchici in un periodo eroico délia lotta rivoluzionaria. Allora il movimento operaio, ancora incipientet non aveva dato alVanar-chismo Vambiente vasto di esplicazione che ha oggi; e la propaganda era dottrinaria e quasi religiosa, fatta da gruppi sparsi qua e là, in lotta continua con V atn-biente ostile e con la polizia insidiante ad ogni pik sospinto.

Quest'opuscolo fu appunto il testo d'una conferenza, letta agit opérai di Fabriano in una adunanza clande-stina tenuta la nottc del 18 marzo 1896, nel rystico salone d'una fornace, fuori di porta. Ci dovemmo radu-nare di nascosto, eppure il salone era gremito di gcnte, accorsa silenziosamente, quasi invisibile nell'oscurità, attraversô i campi. Come la febbre delVidea batteva nei nostri polsi ! quale entusiasmo, e quali speranze / ve ne ricordate, compagni di allora, voi che sietc rimasti sulla breccia e rileggerete forse queste pagine ?

Pubblicate più tardi in forma di articoli, or a queste pagine erano dimenticate, nè io avrei pensato a riesu-marle, se gli amici editori non vi avessero pensato, rin-tracciandole in fondo a non so quale collezione polverosa. Han creduto che possano avere ancora qualche pregio ed essere di qualche utilità per la propaganda, ed io ho consentito volentieri a la ristampa d'uno scritto, che ha per lo meno il merito délia sincerità e délia fede, — una fede che è rimasta, malgrado gli sconforti inevita-bili délia vita militante, e che vorrei potesse trasfondersi un po\ attraversô le mie modeste parole, ai giovani délia generazione che sorge in questo periodo critico di acquie-scenze e d'iincertezze.

Bologna, 75 Maggio igzi.

Luigi Fabbri

I.

Il concetto positivo délia liberté — diverso da quello metafisico che i teologi chiamano libero arbi-trio, e dall'altro tutto nominale degli economisti bor-gliesi secondo il quale tutti sono liberi in diritto di fare quel che vogliono, mentre i quattro quinti poi sono schiavi di fatto délia impossibilité che loro op-pone la falsa organizzazione sociale — questo concetto nuovo délia libertà intégrale ridonata air individuo, col renderne a tutti possibile l'esereizio, sopprimendo da un lato gli organamenti di violenza e di coazione délia società, e dalP altro mettendo gli uomini in con-dizione di poter soddisfare i propri bisogni, sottraen-doli percifc anche alla schiavitù delle neceesità econo-miche oltre che a quella del potere politico, questo concetto ardito che forma l'essenza delTideale anar-chico, è figlio legittimo e naturale délia civiltà çon-temporanea.

Solo quando la scienza è riuscita a sottrarre F individuo ail' influenza di ogni preconcetto dogmatico e alla credenza di doveri ipotetici stabiliti al di fuori e al di sopra délia sua volontà e dei suoi bisogni, dan-» dogli cosl la coecienza délia forza e del diritto pro-prio — solo quando la ragione umana ha trovato nel socialismo il modo di risolvere il problema urgente del pane per tutti, l'anarchismo poteva affacciarsi in forma concreta ed essere accolto dal popolo corne un complesso di idee, che si avvia sotto la spinta multiforme degli uomini e delle cose verso la sua attua-zione.

Prima poteva essere aspirazione di poeti ; e Orazio descrive cosl i tempi saturnii délia félicita massima nella massima libertà, come Mosè aveva narrato le gioie del paradiso terrestre in cui fin le belve vivevano d? ac-cordo con gli uomini. Poteva essere anche esercizio architettonico di ricostruzione utopistica, senza capo nè coda ; e (la Platone a Fourier ispira tutta una sequela di ingegni immaginosi. Poteva essere .istinto di ribellione negli oppressi; e si mescola allora e ràvviva tutte le audacie rivoluzionarie, da Spartaco a lîabeuf. Poteva enunciarsi confusamente in forma di parado6S<> nei ftlo-sofi più trasccndentali ; e manda scintille di vivida luce sia che scriva l'antichissimo cinese Lao-Tsau o il precursore tedesco Max Stirner.

Comunque, e poeti e utopisti, e ribelli e tilosofi, se indovinaroho qualche parte délia verità — si dica pure divinarono — se ne dissero una parte, le loro idee disordinate non essendo il frutto di una elabora-zione scientilica e filosofica precedente, ma una casuale costruzione fantastica, non essendo rnaturate nei tempi dalF esperienza e dalla evoluzione delle condizioni délia società, restarono lettera morta e formarono il diïetto dei 8oli cultori di curiosità storiche.

I primi colpi di piccone del lavorlo sapiente che ha condotto l'uomo a coilcepire l'ideale anarchico sono stati dati, è vero, da tempo immemorabile, ma non da coloro che ne furono precursori inconsci per

mezzo di innocue profezie faite a caso, sibbene dagli altri che, più positivi, attaccarono i pregiudizi dei propri contemporanei e contribuirono successivamcnte a rivoluzionare il mondo e a condurlo allo stadio présente, in cui alla fine anche per merito loro qnesta nostra idea anarchica s'impone come logica conse-guenza del progresso che cammina.

Poichè questa è la verità, che l'anarchia è il risul-tato ultimo concepibile da noi, délia evoluzione attra-vérso i secoli delle condizioni intellettuali e di quelle materiali délia società; ed è nel tempo stesso F orga-nizzazîone più rispondente alla natura umana e più conciliabile con quanto la scienza moderna c' insegna . circa i rapporti esistenti fra tutte le cose che hanno vita e moto nel cosmo, dall' infinitamente piccolo al-F inflnitamente grande.

Verso F anarchia visibilmente cammina la storia — dice Giovanni Bovio. .— Ma la storia è fatta delle azioni degli uomini; e se è vero che gli uomini sono fatti dall'ambiente, il quale è una risultante di tutta F evoluzione flno ad oggi, non è men vero che gli uomini contribuiscono a cambiare F ambiente vecchio in uno nuovo, e a determinare evoluzioni nuove, cui aprono la via le minoranze audaci e rivoluzionari© forzando ogni volta Fostacolo opposto dalle forme poli-tiche e sociali, già forse necessarie, poi inutili, ed infine certamente dannoSte.

Noi anarchici siamo oggi questa minoranza desti-nata a preparare la via alFavvenire, il quale se fa-talmente è destinato a vedere il trionfo delle nostre

idee, non per questo richiede meno tutto lo sforzo unanime ed intelligente dei nostri sacrifici, delle nostre energie, delle nostre volontà.

Spesso è avvenuto che l'ignavia degli uomini ha costretto la storia a soste dolorose; noi, che più di tutti siamo interessati a che una di tali soste non awenga, dobbiamo lavorare, e non addormentarci nolla mu8sulmana liducia che il mondo cammini da se verso l'anarchia, per una specie di fatalità; giacchè, ripet-o, il mondo cammina con le gambe degli uomini, ed una forza potente generatrice del moto è la nostra volontà.

La persuasione che noi proseguiamo con l'opéra nostra la via tracciata daU'evoluzione storica délia umanità, e che le nostre idee non contradicono aile leggi naturali — che sono i rapporti fra i diversi fe-nomeni délia vita nei mondo — qucsta persuasione che noi siamo per la strada buona délia civiltà e del progresso deve non snervare, ma bensl rafforzare la nostra energia ed incoraggiarci a lottare con la se-rena visione délia vittoria.

n.

Anarchia significa, come dice la stessa etimologia délia parola, negazione di autorità. E noi anarchici infatti neghiamo il principio di autorità combattendolo in tutte le sue manifestazioni di violenza e di coazione. Combattiamo l'autorità quando essa si personillca in un potere più o meno est eso od intenso, dei pochi. sui molti ed anche dei molti sui pochi, il quale co-stringa, con la forza o con l'inganno o col ricatto o con la minaccia di un danno, una coUettività e gli individui che la compongono a fare o non fare una

data cosa, sia pure in nome di un principio astratto creduto buono ed utile alla generalità. Il governo che manda il carabiniere a prendere per il bavero il gio-vane di vent' an ni per costringerlo a fare il soldato o ad arrestare un cittadino perche dice maie del principe, è una forza dell*autorité; il prete, che con le fandonie religiose e lo spauraccliio délia vita futura mutila la natura umana costringendo Tuorno all'eser-cizio macchinale délia preghiera, e vietandogli di pen-sar corne vuole, è l'autorità che inganna; il padrone che costringe l'operaio a lavorarc per pochi soldi molto tempo e gli impedisee cosl di godere la vita, con la minaccia di lasciarlo sul lastrico a morire di incdia, è l'autorità che affama con un ricatto; il législature influe che fabbrica le leggi, con cui si limita la libertà dei cittadini per tenerli sottomessi al governo, al prete ed al padrone, e l'osservanza delle quali è imposta con tutto un sistema punitivo che va dal carcere alla morte, b V autorità — un' autorità che combattiamo insieme a tutto il complicato mecca-nismo che ella si è fabbricata attorno per sostenersi.

Questa è l'autorità che neghiamo, la quale ha fondamento nella violenza e nella coazione ; ed abbiamo voluto spiegarci perché non ci si fraintenda.

• Infatti,. quando noi affermiamo senz'altro il no-stro principio di negazione d'ogni autorità, c' è seinpre "qualcuno che sorge ad obiettarci:Ma come? In anarchia, non essendoci rispetto per alcuna autorità, cia-, scuno potrà fare il comodo suo, anche facendo cose pazze. I muratori che costruiranno una casa non vor-ranno ubbidire ail'autorità dell' architetto, gli infer-mieri ail* autorità del medico, i ferrovieri all'autorità del capo stazione, e cosl via di seguito. A questo modo la casa crollerà presto, i malati moriranno, i treni partiranno troppo presto o troppo tardi, provo-cando disastri..... »

Kagionar cosl vuol dire, coii la scusa délia lo-gica, portare le idee fiuo alTassurdo; a cui noi in-vece non giungiamo, convinti che tutte le idee, anche migliori, condotte all'assoluto, divengono o cattive o impraticabili.

Certo, in anarchia ci sarà ancora Tautorità — se cosl si puô chiamare — délia scienza e dell'espe-rienza, ed anzi io credo che quest'autorità sarà molto maggiore e più sentita che non oggi. Ma ad essa si conformeranno tutti, senza bisogno di un organo coat-tivo che ve li costringa, sia per la coscienza collet-tiva ed individuale più evoluta, sia per un migliora-mento psicologico deU'umanità cui condurrà il nuovo assetto sociale — ma sopratutto perché tutti vi tro-veranno il proprio interesse, e tutti vi saranno co-stretti dal bisogno. Del resto, anche oggi c'è forse bisogno del carabiniere per costringere il muratore a dar retta al capo-mastro, l'infermiere a seguire il consiglio del medico, il ferroviere- a stare scrupolosa-mente attento aile indieazioni del capo-stazione ?

Lu violenza e l'inganno sono oggi soltanto neces-sarî per costringere gli uomini ad ubbidire all'autorità del governo, del padrone e del prete; e questa precisamente è una prova che cift che vogliono i preti, i padroni e i governanti non corrisponde più ai biso-gni ed alla coscienza evoluta délia società.

Consci di tutto questo, per questo appunto nor anarchici crediamo d'interpetrare le necessità dei tempi nuovi combattendo l'autorità sotto il suo moî-teplice aspetto violento, nelle istituzioni che ci sem-bra non più. corrispondano ai bisogni dcll'umamtà.

Tacito, nel descrivere il periodo délia decadenza délia repubblica ronyma, che fu pure il periodo in cui furono fatte più leggi, dice appunto che le moite leggi sono indice d'un pesaimo governo; e ciô vuol dire che quanto più certe istituzioni per reggersi hanno bisogno di leggi, tanto meno per le condizioni evolute délia società, quelle date istituzioni hanno ragione di esistere. Se Tacito aveva ragione, e l'ave va certamente, mai una società è stata più alla vigilia di una rivoluzione délia attuale, in cui i governi sono cosl rimpinzati di leggi da non averne riscontro in alcun altro periodo storico.

« Dunque, l'assenza assoluta d'ogni padrone, sia esso quello invisibile délia metafisica, o qualsiasi altro politico ed economico, ha per risultante l'armonico stato di cose cui è stato dato il nome d'anarchia.

A formulare l'ideale anarchico siamo giunti attra-verso un lavorlo intellcttuale con cui siamo andati sbarazzando il nostro cervello da tutti i pregiudizi, e innanzi tutto dal pregiudizio religioso. Cosl è avve-nuto, in specie nei paesi latini, dove fino a ieri cre-dere in dio voleva dire credere al prete, il quale poi con la paura dell'inferno cercava impedire la ribel-lione aile autorità, sempre legittime (secondo lui) anche quando palesemente si mostrassero ingiuste o cattive.

Siccome di filosofia trasoendentale ci curiamo e ci occupiamo poco, cosl — al punto di evoluzione delle nostre coscienze a cui siamo giunti — ci pare ed è forse certo inutile l'occuparsi dell'esistenza di dio. Che dio ci sia o non ci sia, pensiamo, su questa terra vogliamo fare il comodo nostro. Ma storicamente e scientificamente la questione è molto più importante. Il concetto deista è in fondo la consacrazione, la su-blimazione del principio di autorità. Ad esso fan capo tutte le religioni rivelate, le quali predicano tutte la rassegnazione e l'ubbidienza ad un'autorità. Che cosa è dio per la mente che crede, se non il padrone dei

padroni, il re dei re di tutto TuniversoV È il prepo-

i

tente massimo che, come dice Bakounine, in forma paradossale, se ci fosse bisognerobbe distruggerlo. *

Il vero anarchico dunque non puo non scntire il bisogno di ribellarsi innanzi tutto, coscientemente, a questa autorità fantàstica che violenta la sua individualité, a questo essere immaginario che gli impri-giona il pensiero e gli vieta di ribellarsi a tutte le

altre autorità ben altrimenti realit e direttamente

»

nocive, che l'opprimono sulla terra dove vuol essere una buona vol ta libero e felice. La scienza non cono-sce dio, ed egli — l'anarchico — uomo moderno che non ignora la scienza, rinnega iddio, di cui la scienza non gli parla, è che l'ipotesi scientifica più positiva nega e distrugge.

III.

Storicamente Panarchia, come idea filosotica, è una derivazione logica delle idee ijreligiose dei secoli XVIII e XIX. In Italia i primi nuclei internaziona-listi anarchici si sono formati in seno aile società razio-naliste di Toscana e di Romagna; Proudhon, il primo che abbia dato una forma teoretica all'anarchismo, è giunto alla negazione dell'autorità terrena attraverso la negazione dell'autorità divina, e si rese noto so-pratutto come tilosofo deirateismo. Lo stesso potrebbe dirsi di Michele Bakounine, che associé l'anarchismo a l'ateismo, mostrândo il primo come .una conse-guenza del secondo nelle sue opere migliori. E ci5 si spiega facilinente.

Negata l'esistenza di un padrone soprannaturale, di un dio — dopo le ultime scoperte scientifiche, dopo la negazione razionale del libero arbitrio in psicolo-gia, dopo le conclusioni degli studi antropologici, sa-rebbe puerile sostenere ancora Y idea teista, — si giunge a negare conseguentemente tutto il principio di autorità; ed il pensatore, dedotta questa conseguenza, deve disapprovare ogni potere dell'uomo sull'uomo, poichè appunto riconosce falso il principio che lo informa. Quando ha cominciato a ribellarsi, non si arresta per via; si domanda: se non c'è un dio che voglia l'op-pressione, perche mai dovrà sopportare sopra di sè un r«, dal momento che il diritto divino è svanito ? — perché dovrà subire lo sfruttamento di un padrone, quando nessuno c'è sopra le nuvole che ne abbia dato a questi l'autorizzazione e a lui neghi la facoltà di ribellarsi?

Si puè dire che fin da quando Democrito gejttava in faccia al mondo pagano i primi assiomi del mate-rialismo, fin da quando Lucrezio insegnava che Dio non è che un' ombra ûglia délia paura, fin da allora si pu5 dire che la storia ci prépara va nel suo segreto il sorgere dell'ideale anarchico. Ed è semplicemente logico che l'umanità, sfatata la leggenda d'una vita felicc d'oltre tomba, voglia conquistarsi sulla faccia délia terra quel benessere che le manca presentemente. H detto di Epicuro, che dopo la morte non y' fc gioia, non puô fare a meno, una vol ta accettato dagli uomini come verità, di svegliare nelle loro menti il desiderio ed il pensiero che la vita sia essa stessa, o debba essere quanto più è possibile un godimento. È appunto per çonquistare questo godimento, nei fulgido nome délia natura, che noi ci ribelliamo a tutto quanto ci impone un sistema di vita straordinariamente affan-noso.

Una istituzione, quai'è lo Stato, basata su falsi principii, come quello autoritario, non puo essere che falsa ; e come taie non pu6 adattarsi alla natura umana che dietro crudeli violenze.

Noi anarchici, cui la parte più incosciente ed ignorante délia società, c sopratutto interessata a-farlo nell' interesse di casta, dà il nome di malfattori, senza rinnegare tutto il progrestfo scientiflco e F evoluzione sociale dai tempi primitivi flno ad oggi, vo-gliamo ricondurre l'umanità ad uno stato di cose più conforme alla natura, le cui leggi sono le sole che vogliamo rispettare, appunto perché non scritte da nes-sun codice e non imposte da alcun gendarme.

Noi vediamo col desiderio un avvenire in cui, per esprimerci col linguaggio poetico d'un amico nostro, tutti gli uomini sieno fratelliy (love il lavoro sia blasone di nobiltà, dove il benessere e l'educazione abbian fatto 8comparire il delitto togliendone le cause... Non ozio, non odio; unica legge la libertà, unicovincolo l'amore...

La donna non schiava, ma compagna consolatrice dell'uomo, la miseria ignota, V eguaglianza garantita dal-Varmonia dei diritli. (')

Ebbene? Quando noi in uno slancio di entusiasmo esponiamo agli awersari il nostro idoale di ricostru-zione sociale nelle sue linee più generali, troviamo sempre qualcuno che ci deride lanciandoci in viso come uno schiaô'o la parola: Utopia! E coloro che prima ci dicevano malfattori, quando ci hanno uditi, credono di farci una degnazione col cambiare questo triste nome con F altro ancor più triste di pazzi. È la freccia del Parto che essi ci lanciano, fuggendo din-nanzi alla logica acuta e stringente delle nostre ragioni. « Il vostro ideale è troppo bello per essere realizza-bile » ecco come finiscono la discussione, a corto di altri argomenti, certi nostri contradittori.

Se tutti gli uomini ragionassero sempre cosl, certo l'anarchia non si attuerebbe mai; ma noi facciamo la propaganda appunto per convincerne quanti più è possibile, e spingerli ad agitarsi per costituire la mi-noranza rivoluzionaria che dovrà determinare il nuovo ambiente, in cui si adagierà dopo una serie di lotte rivendicatrici la società avvenire. Agli scettici noi rispon-diamo con la storia alla mano, mostrando come i pazzi di ieri siano i savi di oggi, e come .l'utopia di oggi sia destinata ad essere la realtà di domani. A questa convinzione ci conforta lo studio délia natura umana e délia storia dei popoli e delle istituzioni; e la nostra convinzione è sempre quella che la venuta di un ordi-namento sociale anarchico è fatale, inevitabile. La scienza, la filosofia, l'analisi degli awenimenti e tutto

(J) P. GORF: Prlm» ttagglo — Bozaetto drammatico.

il movimento intellettuale, politico ed economico mo-derno, preconizzano alla evoluzione taie risultato.

L'anarchia, ed cssa soltanto, è il modus vivendi naturale, spontaneo, ordinato, cui meglio si adatterà l'uomo, poichè dessa è lo specchio fedele délia vita. immensa di tutto l'universo.

Guardate tutto cio che si aggira intorno a noi, esa-minate tutto ciè che il nostro sguardo pu6 abbracciare e le nostre cognizioni général i permettono di compren-dere. Innumerevoli astri si aggirano nella immensité dell'etere; essi, minuscoli o grandissimi, si muovono, s* intrecciano, si avvolgono tutti in armonia perfetta, ed ognuno compie le sue funzioni naturali liberamente, senza trovare negli altri alcun inciampo. La loro forza d'attrazione li mantiene in equilibrio ; e ciascun astro, sia pur esso il più piccolo, contribuisce a mantenere questo equilibrio colla sua minima relativa forza. Se fosse possibile interrompere il moto spontaneo di un solo e dei più piccoli corpi celesti, tutto l'universo ne rimarrebbe scosso e piomberebbe nel caos leggen-dario.

Ma la legge naturale — la quale, come abbiam detto altra volta, è il rapporto tra i fenomeni al quale abbiam dato nome di legge — non puo essere spez-zata fino a questo punto dal capriccio dell'uomo ; o l'armonia universale, checçhè ne dicano i metafisici, non cessera mai di regnare nel cosmo. Il mondo è eterno, come eterna è la materia; e poichè oltre ad essere eterno è anche infinito, è tanto illogico sup-porgli un centro direttivo come illogico sarebbe sup-porgli un padrone. 1

Como nell'universo gli astri, eosî nei singoli corpi gli atomi e le molecole si aggruppano e si dispon-gono, si muovono e si adattano, secondo la pjropria natura ed affinità, quando nuîla ne costringa o impe-disca i niovimenti.

Cosi il psicologo vede nelVumno stesso una molti-tudine di facoltà separate, di tendenze autonome, uguali fra loro, equilibrantisi continuamente ; e Vorganismo umano preso nei suo insieme non è più che la risul-tante dei niovimenti e delle tendenze autonome del cer-vello e dei centri nervosi. (1)

Lo stesso mondo intellettuale non è che un corn-plesso di pcnsieri autonomi, che pure, come .disse Giovanni Bovio, si vanno organando in un pensiero col-lettivo che muove la storia.

Tutto dunque in natura è indipendenza ed auto-nomia; la molecola ha ragione di esistere. come il gran sole, e l'una o l'altro sono necessari alla vita e si completano, esisteudo ambedue di pieno diritto e muovendosi, evolvendo senza posa, secondo che la funzione loro richiede. Allo stesso modo nella società. Puomo dovrebbe poter esplicare completamente il proprio io, vivere tutta la sua vita morale e mate-riale nella ricerca libéra di un sempre maggior benessere, verso la felicità — meta irràggiungibile forse, ma che serve in ogni modo come faro indi-cante all'umanità il cammino che ella deve percor-rere, il cammino buono délia giustizia e délia ugua-glianza.

IV.

Quando nel consorzio umano ci h dato riscon-trare la tirannia dcll'uomo sull'uomo, e l'impedimento da parte di alcuni al libero esplicarsi delle facoltà degli altri, noi siamo forzati a concludere che un régime di vita simile è contro natura.

E contro natura è perci6 la divisione, nel campo economico, dell' umanità in classi diverse, divisione che è il peggiore artiticioso prodotto dell'aberra-zione umana e la più funesta conseguenza dell' inco-scienza delle collettività primitive. Per poter comprendre l'ingiustizia del principio délia proprietà individuale, prescindiamo per un momento dall'osser-vazione di quelle cose che, per essere suddivisibili e ap-propriabili, sono percio suscettibili- di apparfcenere esclusivamente ad un individuo o ad una classe di individui che se le siano prese. Abituati, come siamo, a veder la terra suddivisa per esser proprietà di questo o di quello, e gli s^rumenti del lavoro, come le abitazioni, il suolo, le minière, ecc. stare in mano di alcuni che ne sono i padroni — e proprio di co-loro che non iavorano la terra, non fabbricano le case e non. adoperano gli strumenti — siccome ci6 dura da secoli, la generalità degli uomini non si accorge di tanta ingiustizia e sopporta i danni che ne deri-vano, rassegnata e persuasa che cio sia la cosa più naturale del mondo.

Ebbene, prescindiamo dalla considerazione di que-ste cose, e consideriamo invece quegli elementi che per la loro estensione o per l'impossibilità di ri-durli propriété di alcuno, sono rimasti patrimonio di tutti.

Forse che la natura per l'aria, i'acqua, la iuce ha fatto qualche distinzione, si che a qualcuno sia impedito di respirare, bere, vedere più del suo vicino, lisicainente fatto come lui? No, certo. Tutti gli uomini usufruiscono in comune, e cioè a seconda del bisogno del proprio organismo, di tutti questi ele-menti, indipendentemente dal proprio lavoro, dalla propria condotta ed anche dalla loro stessa volontà: cio che non avviene per le altre cose, per esempio per la terra. Eppure la terra, come l'aria, la luce, I'acqua è un elemento che di per sè stesso non ha nulla che dica che per natura debba appartenere a qualcuno invece che a tutti. Perche questo? La ri-sposta è semplicissima — ci dice il Malatestâ: — perché per l'aria, la luce e I'acqua nessuno ha tro-vato il modo d'impadronirsene e rubarle agli altri uomini^ mentre per la terra si; chè se fosse stato possibile ai prepotenti -pigliarsi tutto quanto, oggi ci sarebbero dei poveri cui non sarebbe lasciata che la luce più scarsa, I'acqua più fetida e l'aria più puzzo-lente, e tutto a prezzo di stenti e lacrime, come ora avviene per il pane e I'alloggio.

Dal momento che nascendo nessuno ha portato seco titoli di proprietà fondiaria o cuponi di rendita, noi abbiamo. tutto il diritto di dire che essendo la terra, come l'aria e la luce, un elemento necessario alla vita di tutti, come l'aria e la luce deve essere proprietà comune di tutti, alla quale ciascuno deve poter dimandare e ottenere col lavoro ciô di cuj abbiBOtfna-

Ma — ci si dice — astrattamente la terra e lo spazio è vero che son di tutti, ma essi da soli non bastano a dare all'nomo il pane e l'aîloggio; essi percio divengono proprietà privata dal momento che alcuni vi impiegano le proprie forze, mettendoli in grado di produrre il pane e costruendovi le case, dal momento che costoro forniscono gli strumenti per lavo-rare la terra, per costruire le abitazioni, e cosl via di seguito per ottenere dalla materia prima tutti gli immensi benefici di cui siam giunti a godere con la civiltà ed il progresso.

E sia! — noi rispondiamo. — Ma allora perché proprio quelli che coltivano la terra, quelli che co-struiscono le case, che fabbricano e che adoperano gli strumenti .del lavoro non possiedono nulla, mentre chi possiede tutto è proprio chi non spreca che una minima attività utile e produttiva, e la cui fatica maggiore si riducc ail'affannoso accumulare per poi dissipatamente consumare ?

La verità è che tutto il modo come è distribuita oggi la ricchezza sociale è una ingiustizia, che cozza con la ragione e contradice aile leggi naturali ; secondo le quali ogni uomo pel fatto stesso che è nato ha diritto ad usufruire indistintamente di tutti i mezzi di vivere esistenti sulla^terra su cuvé nato. La verità è che la materia prima e tutto ciô che serve a produrre e a lavorare deve essere come l'aria e la luce a disposizione di tutti; e tutti, dal momento che dànno cié che permettono le loro forze, hanno diritto a rice-vere a seconda del bisogno che hanno per rifornire le forze che consumano per produrre. Da tutte queste osservazioni, scaturisce logicamente che secondo la natura tutto.dovrebbe appartenere a tutti. H fatto stesso, del resto, che noi vediamo continuamente coi nostri occhi, che per il costituirsi di una propriété c'è sempre bisogno o délia violenza o delFinganno contro qualcuno, ci dice quanto il principio délia propriété indi-

viduale sia antinaturale. Come diceva un dottore délia

ê

Chiesa, Sant' Ambrogio, la natura )ia stabilito la comu-nanea dei béni, V usurpazione ha prodotto la proprietà privata.

Ora noi, quando diciamo la natura ha fatto questo, secondo la natura è ingiusto quest' altro (è bene intendersi) non vogliamo creare qualche cosa di per-sonale, sia pure astratto, che in detinitiva venga a

sostituire cio che al tri chiamava dio, al tri tramuto in %

fatalità, altri infine scimiottando il linguaggio scien-tifico disse legge naturale : un inganno insomma con cui si vuole sempre pcrsuadere gli oppressi a sopportare l'oppressione. Anche i tiranni ora s'in-verniciano di scienza e con la scienza imbastardita vogliono spiegare e giustificare le proprie infamie in nome di una pretesa legge naturale.

Veramente unica legge di natura è quella secondo cui gli uomini devono poter vivere tutta la loro vita, liberi nella solidarietà, come nei mondo gli astri e gli atomi sono autonomi pur seguendo la legge di attra-zione che li armonizza. Se la natura è moto, è vita, tutto ciô che è contrario al moto ed alla vita è contro natura. Ecco come pensiamo noi, quando per difendere le nostre idee ed assalire le istituzioni che si oppon-gono alP attuazione di queste idee, sosteniamo d'in-terpretare la vera legge naturale, che nessuno ha ecritta nia che tutti sentiamo, per essersi sviluppata in noi la coscienza ed il senso del giusto e dell'in-giusto.

V.

L'immenso moviraento operaio che farà célébré innanzi ai posteri questo nostro periodo storico ci ino-stra chiaramente come l'umanità cammini a grandi passi verso il comunismo libero. La solidarietà assurge sempre più a concetto fondamentale délia vita sociale, generalizzandosi e stringendo sempre più forti i vincoli che son quelli creati dai bisogni comuni a tutti i dise» redati ; e, come il sole in primavera féconda la messe per la raccolta futura, cosi essa, la solidarietà, prépara a poco a poco in seno ail'ambiente borghose le prime forme dell'organizzazione libertaria, in cui i produttori e lavoratori associati saranno i padroni e consumatori in çomune del prodotto del comune lavoro.

Quando sarà convinzione di tutti gli opérai, o almeno di una parte di essi bastante a decidere degli avvenimenti, che l'unione fa la forza, e si saranno uniti, e avranno ubbidito all'invito di Carlo Marx lanciato al mondo dei lavoratori fin dal 1848, allora la coscienza dell' unione e délia forza che dall'unione dériva deciderà le masse proletarie ad impadronirsi dei mezzi di produzione ; e le associazioni di arti e mestieti che oggi sono di resistenza, di agitazione e di negazione contro il privilegio capitaliste, domani saranno le cellule ed i tessuti principali dell'organismo sociale, la base fondamentale dell' uiuanità libéra, che in esse troverà il mezzo di vivere e camininare sempre meglio sulla via del progresso. Taie magnifico avve-nire ci prépara 1' organizzazione sempre crescente ed allargantesi délia massa operaia, sempre più emanci-pata dai vincoli e dai pregiudizi autoritari, il che ci rende sicuri che presto o tardi, liberata da tutte le autorità -che oggi ne inceppano ancora lo sviluppo e l'azione, saprà trovare nell'autonomia dei gruppi e degP individui associati l'adattamento libero, facile e piano al comunismo anarchico.

Kropotkine in parecchi suoi studi di sociologia rivoluzionaria ci ha mostrato quali e quanti sieno in piena società borghese i germi embrionali délia società comunista ed anarchica- futura, anche all'infuori dell'am bien te esclusivamente opérai o.

D'altra parte, che Pevoluzione ci conduca verso l'anarchia ce lo dice la storia. 11 progresso umano dai primi tempi flno ad oggi lia per termometro la •continua eliminazione dell'autorità nella organizzazione sociale. Dalla teocrazia più dispotica, passando per le monarchie assolute più temperate, per la monarchia costituzionale, pel potere presidenziale, pel governo dell'assemblea — ciascuna di queste forme passando a sua volta dal mftssimo al minimo délia prepotenza autoritaria (tranne qualche eccezionale periodo sal-tuario d'improvvisa superiore libertà, come durante i coinuni dell' antica Grecia e durante i comuni me-dioevali e di un successivo regresso maggiore) l'uma-nità ha percorso sempre la stessa traiettoria verso la sua definitiva emancipazione, traiettoria in capo alla quale il sociologo vede P annientamento completo di ogni autorità governativa: Panarchiâ. Tutte le diverse forme di governo, tanto meno dispotiche quanto più si progredisoe in civiltà, non sono che altrettante tappe délia rivoluzione, questa che chiamano I'eterna giovinezza del mondo.

Ogni rivoluzione infatti ha avuto per efletto una diminuzione di autorità nei governi che si son succe-duti l'un F altro al potere, sia che fosse una rivoluzione prevalentemente morale, o economica, o politica. Ed ogni volta l'umanità, passando da un periodo storico ad un altro raigliore, ha fatto un passo verso la mèta tino a ieri ancora incognita, ma che oggi si è rivelata agli occhi dello studioso in modo évidente: la realizzazione dell'ideale anarchico.

Noi abbiamo visto che diverse sono le ragioni per cui l'anarchia deve considerarsi oggi quale uno scopo a cui bisogna tendere inevitabilmente, se si vuole davvero il progresso; la traiettoria percorsa traverso la storia dall'istituzione governativa ci dice anche che l'anarchia, dato il cammino percorso lin qui dal-T umanità, è fatale ed inevitabile : una fatalità ed una inevitabilità, s'intende, abbastanza relative da non permettere che gli amici del progresso se ne stiano con le maui in mano ad aspettare gli eventi, ma richiedenti invece da essi tutta l'attività e F energia necessarie per opporle aile forze contrarie e sopratutto alla forza d'inerzia delle folle misoneiste, che fu sempre la peggiore nemica délia civiltà.

La coscienza popolare, elevandosi sempre più ed invadendo col tradursi in azione con periodi successivi di evoluzioni e di rivoluzioni il campo nemico, corro-dendo cioè le basi delle istituzioni autoritarie, strap-pando ad esse volta a volta brani sempre maggiori del loro odioso privilegio, ci conduce alFanarchia; pos-siamo dirlo, come potremmo in geometria, data una linea retta e presi due punti di questa linea, dire per quali altri punti deîlo spazio questa retta deve passare.

Tutte le voci multiformi e possenti» délia moderna civiltà sono inni ed invocazioni ail'anarchia, come all'unica salvezza dell'umanità dal fango in cui si dibatte in questo tempo di dubbio e di transizione. Noi anarchici militanti non siamo che i logici coor-dinatori delle varie tendenze che si manifestano in tutti i rami délia vita sociale, nel mondo operaio come in qucllo politico, nel mondo letterario come in qucllo scientifico e fflosoûco.

Se anche vi sono nel campo nemico poderose intelligenze che si dicono nemiche degli anarchici e dell'anarchia, senza volerlo — quando queste intelligenze si esplicano liberamente al di fuori di conside-razioni settarie — esse lavorano per noi, per la rivoluzione libertaria.

Krberto Spencer fu certo un awersario del so-cialismo e deir anarchia, ed è stato chiamato un indi-vidualista borghese; ma intanto se c'è filosofo che abbia fatto una critica enormemente demolitrice dello Stato, all'infuori degli anarchici, è lui. Che importa a noi se egli, avvedendosi troppo tardi dov* era inavvertitamente giunto con la logica delle sue argo.-mentazioni, ha tolto nelle successive edizioni le pagine più anarchiche' délia sua Statica Sociale ? Quelle * pagine restano per noi, per la scienza, ]per la storia, — allo stesso modo che, per la' storia e per la lette-ratura la Gerusalemme lïberata è rimasta, malgrado che il povero Tasso l'abbia riveduta, corretta e cor-rotta in una Gcrusalemme conquistata che nessuno più legge.

Che importa che Carducci sia finito monarchico e abbia scritto le odi alla regina e alla figlia di Cri-spi? L'inno a Satana resta e restano tutte le altre sue liriche di jribellione, che stanno ad affermare per noi il concetto rivoluzionario. Che importa che Tolstoi, Ibsen, Ea-pisardi, Mirbeau, Stecchetti, Hauptman, Gorki, tutte le più belle intelligenze dell'Europa con-temporanea non militino apertamente nelle file anar-chiche? Anarchica perd è la loro arte, ed essi operano e lavorano per noi. Che importa che Shelley, Zola, Whitmann, Turgueneff e tant! altri non abbian detto ciascuno recisamçnte io sono anarchico, se Tarte loro fu demolitrice potente deir autorità e creatrice ed evocatrice délia libertà qual'è intesa da noi?

Mario Pagano, Vincenzo Russo, Carlo Pisacaner • che la borghesia italiana onora perche cooperarono a fare quella patria che ora essa allegramente si divora, morirono per un ideale che non fu l'anarchia; ma anarchica fu la loro aspirazione alla libertà, e i loro libri di ûlosofia rivoluzionaria sono quelli in cui l'idea nostra s'è venuta maturando, e dai quali, anche non nominata, essa scaturisce e viene dimostrata nei modo più geniale.

Giovanni Bovio fu repubblicano ; ma quando scrisse ,per lo studioso, da filosofo, ci disse che la nuova ri-voluzione non puô essere che anarchica e che verso Panarchia va la storia. Federico Engels, Augusto Bebel sonasocialisti democratici e combatterono spesso, accanitamente fino alla slealtà, gli anarchici; ma in-tanto anche essi quando mettevano sulla carta il proprio pensiero scientifico sentivano la necessità di

patrocinare l'abolizione dello Stato. Pietro Ellero è senatore 'e conserva tore, ma la sùa penna, forse a malgrado di lui, da ragione a Proudhon anarchico e scrive che la proprietà è generatrice di delitto.

Noi, anarchici militanti, siamo pcrè più logici e più coerenti di tutti, perche vediamo il problema sotto tutti i suoi aspetti e accettiamo senza sottintesi, nelle idée e nell' agitazione, tutte le illazioni sue. 11 nostre movimeuto di parte non fa che coordinare, organiz-zare e incanalare per una via pratica di combattimento tutti questi risultati molteplici del pensiero rjvoluzio-nario moderno. Se l'autorità, nella sua triplice incar-nazione del prete, del carabiniere e del padrone, è un maie, noi combattiamo tutte le religioni, tutti i go-verni, tutto il capitalisino — poco curandoci se chi ci ha insegnato a combattere l'altare è poi un amico del trono e délia proprietà, se c'è chi combatte la proprietà e non è ncmico dell'autorità e délia cliiesa, se c'è chi è netnico del trono ma difende poi il capitale e si allea con i pretL

Soli ed intransigenti contro tutti, perseguitati dai pregiudizi delle folle e dall'ira di chiunque non è nemico assoluto délia prepotenza, abbiamo per noi una immensa forza, — la logica nel pensiero e nell'azione — e questa forza ci permette di spezzare giorno per giorno le armi in mano ai nostri numerosi nemici, e oi assicura che la nostra idea sarà in un dimani non lontano vittoriosa.

- Ai propugo&tori

dell'idéalité aparcbica ==

\ ^^

Un periodo di ristagno che da troppo tempo dura ormai, s'è venuto producendo in quella clie nei passato fu cura costante di gruppi combattivi : la propaganda teorica dei concetti dell'anarchia.

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