Contro

il njilitarismo e co/jtro la guerra

Jtfanifesto degli JJqarchici Jtaliarji

194-7

CONTRO IL MILITARISM!) E CONTRO LA GUERRA

MANIFESTO DEGLI ANARCHIC! ITALlANI

1947

N 0 TA

Quest.o manifesto & uscito dalla redazione collettiva di alcuni giovani anarchici prove-nienti, alcuni dalVantifascismo militante, altri dalla dolorosa esperienza fascista: tutti per-suasi che sia necessario superare con formule nuove la crisi attuale.

Questo manifesto & vivolto ai nemici per-ch& ci conoscano meglio ed agli amici perchb ci comprendano e ci aiutino; risponde inoltre alia necessitd sentita dentro e fuori il movi-mento anarchico, di precisare in modo organico e completo, il nostro atteggiamento di fronte al fatto guerra e di fronte alfenomeno militarismo.

Raccomandiamo la sua diffusione con pub-bliche letture e pubbliche discussioni, con ripro-

duzione di brani sulla starnpa nostra ed arnica,

i

con recensioni e critiche, con la ristampa totale o parziale (in volantini} fogli murali, ecc.) e con lo sviluppo dei suoi motivi fondamentali nella propaganda or ale.

I compilatori

I iBStfZ-rto

Premessa

Proprio a noi anarchici s' impoue oggi il dovere di alzare la voce contro il militarismo e contro la guerra, in difesa del la pace: proprio a noi anarchici tante volte accusati di terrorismo dai generali massacratori s' impone oggi il dovere di afferrare per i polsi i delinquent! di Stato e di fermarli nella loro corsa alio sterminio; proprio a noi anarchici tante volte accusati di antipatriottismo spetta il compito di salvare tutte le patrie dalla follia antinazionale, antipopolare ed anti-operaia dei patriot) di professione; proprio a noi anarchici tante volte accusati di voler fomen-tare il disordine b affldata la funzione di restaurare 1' or-dine nei rapporti internazionali e di distruggere i focolai delle aggressioni imperialistiche • gli stati - cbe continua-raente lo perturbano.

Noi non decliniamo questa grave responsabilitA. Anzi ce la assumiarao intera a costo di andar controcorrente. Perchfc se oggi, esitranti e dubitosi, non ci assumeesimo questa responsabilitk, ce ne assumeremmo un' altra ben piti grave : quella di non aver gettato 1' allarrae quando ce n' era il tempo, di non aver avvertito il popolo ignaro quando era ancora possibile.

Perche ci muoviamo

Anzitutto perch6 nessun altro si muove.

Tutti i tnovimenti che potevano svolgere un'opera di prevenzione contro la guerra o sono caduti in attana-glianti contraddizioni delle quali difftcilmente si svincole-ranno o sono resi impotenti dair arabiente che li circonda

o hanno addirittura tradito la loro missione cacciando in sofftitta ii loro antimilitarismo.

Id Italia, ad-esempio, tutti i partiti sono oggi milita-•risti ad oltranza.

Nfc cid ci sorprende: un partito, in q nan to tale, & g\k u'n esercito con dei general! e dei soldati e deve impartire una diseducazione o disciplina militare a quanti ne fanno • parte; un partito ha delle aspirazioni di potenza e non

pud indulgere a..... follie libertarie senza compromettere

il suo destino, senza suicidarsi.

Inoltre oggi in Italia i partiti correnti non sono altro ctae esponenti di stati, di blocchi mondiali e non gi& espressioni di una nostra autonoma vita deniocvatica. Anzi in Italia non esiste pit* neppure una politica interna. Tutti fapno della politica estera e per i nostri capipartito non hanno senso n& i programmi n& le tradizioni nfc i reali problemi del nostro paese; tutto & orraai in funzione di una «grande politica» che i capipartito man^ggiano da gran drploraatici dilettanti.

Da ci6 deriva che nessuuo pud aver fiducia in questo od in quel partito come fattore di resistenza o di freno alia guerra : infatti i partiti costituiti in quinte colonne (ii questo 0 quel blocco di potenze, fanno gi& una politica di guerra, specie quahdo parlano di pace.

Del re9to anche su piano internazionale gli stati p&rlano di pace: ciofe ognuno parla della sxul pace, della «pax sovietica* o della «pax americana*. Ed anche il papa parla della vera pace cio6 della «pax vaticana». Ma alio stesso tempo tutti parlano anche di nemici da debellare, di difese da allestire ; tutti intensificano la fabbricazione di armi, potenziano la loro economia di guerra, non smobi-litano le truppe ma ie addestrano in grandi manovre, e con le patatfe 11 cinema la stampa la scuola e la propaganda inantengono il popolo in una psico9i di guerra pro6sima.

La Chiesa, che, dopo la fine del potere temporale, poteva svolgere una funzione di equilibrio spirituale, ha inveco ripreso i suoi disegni di dominio mondiale. Non pift potere temporale, ma nuovo piti forraidabile potere politico attraverso la costituzione di grossi partiti cattoliei nei vari paesi, asserviti al Vaticano. Nod piu un minu-acolo Stato della Chiesa, raa diretto inserimento della Chiesa negli apparati governativi dei grandi stati. Non piu una piccola politica di frontiere, ma una grande politica inter-nazionale di privilegi da acquistare, di interessi da conser-vare, di posizioni da difendere, di pregiudizi da mantenere.

. Anche la Cbiesa dunque non 6 un coefficiente di pace, ma un nuovo elemento perturbatore, un fomite di caos, di concorrenza politica, di disordine sociale e morale.

Crollati altresi od in procinto di crollare tutti gli isti-tuti internazionali d'arbitrate e di sicurezza collettiva. Alia Society delle Nazioni naufragata nel ridicolo tragico alia vigilia della seconda guerra imperialistica & successo 1' O.N.U. destinato alia stessa fine. E cio fc nella logica del-1' imperialismo. Percb& quando gli stati si accordano su un determinato piano (disarmo, scambio di compensi territorial!, consorzi ecoDomici) cio non avviene per una supe-riore ragiono di giustizia, ma sempre per una ferrea ragione di interessi: uno status quo da mantenere, un. sopruso da consumare « collegialmente>, una guerra da prorogare per eompletare i preparativi militari.

II pacifismo degli Stati fc ormai un mito sgonfiato : sperare nolle buone intenzioni degli stati significa condi* viderne le responsabilita, significa affidarsi definitivamente al demone della guerra.

Altrettanto inutile sperare nella ricostruzione di una Internazionale socialista. Fall! la prima Internazionale per* chfc Marx ne voleva fare un super Stato autoritario con addentellati nei vari paesi, una Chiesa con i suoi dogmi e

con le sue gerarchie. Fall! la seconda Internazionale p'er-chfc attraverso i grnppi parlamentari dei distinti partiti socialisti imprigionati nell' ordine borghese dei rispettivi paesi, anche le propaggini nazionali dell' Internazionale erano venute incastrandosi nei vari apparati statali; e quando questi Stati Cominciarono a-dilaniarsi a vicenda anche V Internazionale restd sbr&nata, ridotta in tanti pezzi, ognuno dei quali serviva al governo che se ne era impa-dronito tramite la parlaraentarizzazione del raovimento sot cialista. Falll la terza Internazionale perehfc essa pure di-venne uno sirumento passivo nelle raani di ud determinato governo, che ha avuto ad un certo pun to almeno il pud<?re di rinunciare a quel norae glorioso, senza tuttavia rinun-Ciare ai vantaggi acquisiti e alle infiuenze guadagnate alia sua potenza di Stato nazionale sovrano. Ed oggi abbiamo due Ioternazionali sedicenti operaie, I' una contro 1' altra armata, espressioni sia quella comunista che quella socia-lista, di interessi statali a fondo imperialistico. Nel loro contrasto sta la prova incontrovertible dell' impudente tradimento della classe operaia da parte di en tram bi.

Chi resta?

. Restano gli anarchici, pochi poveri perseguitati ma non venduti a nessuno Stato, costituenti essi stessi non. Stato ma semplice corpo articolato di uoraini liberi, di libere federazioni legate fra loro da un rapporto di ope-rante solidarietA in tutto il mondo.

E questi anarchici si muovono oggi perch6 nessuno si muove, perchfc nessuno in realty si pu6 muovere fra gli uomini incarcerati negli Stati e irreggimentati nei partiti; si muovono questi anarchici oggi non per reclamare iscritti per generali che non hanno nfe per accaparrare voti per deputati che non hanno. Si muovono soltanto perch6 c' & un pericolo incombente sul mondo: e questo pericolo mi-naccia noi - gente d' Italia - piU che la gente di qualsiasi

altro paese. E' il pericolo del militarismo cbe provocher*

la guerra e della guerra che scatener& il militarismo.

* * *

La vecchia classe militare italiana, guerrafondaia e liberticida, bigotta e camorrieta, la classe che ha apportato tante sciagure sal nostro paese, tenta con ogni mezzo di riottenere uu diritto di cittadiuanza nella nostra vita politica.

E? la classe che 1' Italia eredito dalle dinastie borbo-niche o austriacauti, ducali e granducali, che ereditd sopra-tutto dal Regno clericale e reazionario di Carlo Alberto.

E' la classe che non contribui in alcuu modo al Risor-gimento uaziouale, se non per solTocare 1' iinpeto del popolo, per patteggiare con i nemici, per valersi dol soccorso di alleati peggiori dei nemici.

E' la classe che costitul il nerbo dello Stato unitario per soflfocare nel sangue il popolo atfamato snlle piazze d' Italia, per mantenere 1' ordine borghese con gli stati d' assedio e con le razioni di regio piombo sulle popolane e sui popolani raccolti a rivendicazione sociale.

E' la classe che per riconquistare uu «onore» che aveva perduto sui campi d' Europa, intraprese le prime pazze piraterie coloniali che confermarono la sua prover-biale insipienza e la non meno proverbiale vilt&.

E' la clause che provoco la partecipazione dell'Italia alia prima guerra imporialistica e deliberatamente voile per libidine di potenza oltre che per professional imprepara-zione tecnica, I' inutile carneficiua di seicentoraila italiani.

E' la elasse che appoggid il fascismo ueH' azione delle squadracce, ne avallO il colpo di Stato con Diaz ;al Mini-stero della Guerra nel primo gabinetto Mussolini, ne favori i metodi terroristici dalT azione contro le cittadelle del-1'antifascismo operaio e contadino fino all'eccidio dei fra-telli Rosselli.

E' la classe che impegnatasi gi& nelJa guerra di Etiopia

>

e quindi nella guerra di Spagna voile la partecipazione dMtalia alia seconda guerra imperialistioa, senza fare un gesto per irapedire o ritardare quel passo che essa sapeva letale per il nostro popolo.

E' la classe che specializzatasi nel tradimento, trad* nel corso della guerra i neutrali con aggressioni brigan-tesche dopo aver loro garantito V immunity, tradi i fascisti per salvare la raonarchia o la monarchia per non perdere gli stipendi fascisti, tradi gli alleati che perdevano per passare ad altri alleati che vincevano, tradi il re per aggraziarsi la repubblica e riscuoterne ancora il soldo ; si appresta ora a tradire la repubblica per/istaurare il suo regime politico : la dittatura militare.

Ebbene questa classe peggiore del diluvio, del colera, del terremoto per l'esistenza fisica del nostro popolo, grazie all7 opportunismo delle'sinistre ufficiali, ha potuto reincar-narsi neH'antifascismo attraverso la guerra di liberazione, e quindi reintrodursi nella vita repubblicana, giuocando sulle profferte dei partiti che se ne litigavano le simpatie... per domani.

Infatti domani questa classe militare si vender^ a chi paga raeglio. E il nostro destino di popolo dipendera cosl dal cambio che avr& in borsa il rublo o il dollaro...se non reagiremo in tempo.

E bisogna reagire. .

Che il popolo nutra il maggior disprezzo possibile per la classe militare e per la vita militare di carriera! Che si faccia il d^serto morale intorno ai gallonati, vergogna del nostro popolo,. causa di tutte le nostre rovine! Che le Accaderaie restino vuote o aperte solo agli spostati, a gli avventurieri, ai vagabondi, parte peggiore del popolo nostro! Che i giovahi rifuggano deir arruolamento volontario neir Esercito, nella Marina, nelF Aeronantica. nella Poliziat

Solo cosi potremo spezzare le unghie al militarismo rapace. E so ci riusciremo molte minacce di guerra saranno allontanate.

* * *

Ma uon basta.

Indipendentemente dal militarismo provocatore, rsiste anche un pericolo oggettivo di guerra. Ksaminiamolo.

Le potenze vincitrici della socouda guerra imperial-stica non avevano ancora avuto in loro mano la pelle del-T orso nazista che gh\ litigavano fra loro per la spartizione.

Mentre al termine della prima guerra imperialistica noil solo non si delinearono due blocclii eontrapposti uia si levarono nobili voci per una pace « senza annossioni nfc riparazioni oggi gi& la frattura 6 aperta e incolmabile.

Noi troviamo gli eserciti vincitori aceampati dopo due anni di pace su larglie fette di territorio, decisi a non abbandonare le loro conquiste, od ad abbandonarle solo dopo essersi garantiti clie esse restano a loro disposi-zione per ogni evenienza.

Problemi fondamentali come la sistemazione dell' Austria, come i conllni franco tcdeschi con la questione della Ruhr, come i confini tedesco-polacchi con la questione della Slesia, eome la sistemazione interna della Germania giacciono tutti insoluti.

Gli occidentali non solo non si souo preoccupati di sbarazzare la Spagna dal la dittatura fascists di Franco, ma hanno creato una seconda dittatura fascista in Grecia, banno cippoggiato movimenti totalitari in Argentina, hanno alimentato di speranze le formazioni f'asciste nei van* paesi.

Gli orientali si vanino alienando le simpatie del pro-letariato mondiale quando inslaurano nelle feroci dittature miiitari nei paesi balcanici. imprigionando gli oppositori di sinistra assieme agJi oppositori di destra : quando bat-tono dappertutto la grancassa della potenza milftare sovie-tica, e lauciano in patria e fuori i initici richiami della ©spansione slava.

II governo socialista di Francia ed il governo laburista <T Inghilterra tengono schiave le popolazioni dell© colonie, perseguitaBO ora gli ebrei ora gli arabi, negano la liberty al Madagascar e aLl' Iudocina.

II governo «democratico» di Olanda vuolo ridurre in nuova servitu la popolazione dell'Indonesia indipendente.

Intanto i filippini e gli indiani godono di una indi-pendenza solo fittizia, men tie il capitalismo degli Stati Uniti tiene avvinta 1' impiensa Cina e strette al suo cerchio d' interessi panamericani le. repuhbliche del Centro e del Sud America.

11 problema. del Giappone ed annessi ancora non e affrontato e resta pieno di incognite.

Nel panorama alcuoi punti nevralgici di contrasto : da Trieste agli Stretti, dalla Macedonia alia Mongolia. E sotto questo panorama il segreto mondo economico - tinanziai'io con nere prospettive di crisi, di tracolli, di congestioni, di urti: tutti fatti cospiranti alio scoppio della terza guerra imperialistica.

Di fronte a questa situazione non resta che un estremo tentativo : risollevare gli uomini a piu alta coscienza di se medesimi e metterli di fronte alle loro responsabilitA.

, E' (^uello che tentiamo di fare noi anarchici: far ca-pire che la guerra non risolver& nulla, ma coraplicher& ancor maggiormonte la situazione: far capire che nessuno vincerA in questa guerra; e sopratutto diffondere in tutto il mondo, presso gli uomini di tutte le nazionalit& la parola d' ordine « ne un uomo n6 *un soldo n& un' ora di

lavoro per gli Stati fomentatori di guerre ».

* * *

Se fra i partiti' nessuno si muove per condurre questa campagna contro il militarismo e contro la guerra 6 giusto che prendiamo 1' iniziativa uoi anarchici che abbiamo fatto sempre dell' antirailitarismo ed abbiamo oramai una nutrita esperienza in proposito.

Fummo noi anarchici, fin dalla prima guerra d' Etiopia insieme ai socialisti ed ai repubblicani a promuovere le manifestazioni anti-africaniste di Roma, Mi Ian o e Pa via per impedire la partenza delle truppe e per esigero la punizione dei carnefici Cagnassi e Livraghi.

Fummo noi anarchici presenti in Sicilia nei '94 contro il generale Morra di Lavriano, e in Lunigiana contro il generale Ileusch, a Milano contro il gonerale Bava Bec-caris che a causa di quella spedizione ci cbbe liquidato due auoi dopo il proprio padrone Umberto I dalle revol-verate di Gaetano Bresci.

Fummo noi anarchici ad agitare la parola d' ordine dell'antimilitarismo nei decennio 1900 -1910 ai Congressi Internazionali di Amsterdam del 1904 e del 1907, quando giit alcuni socialisti tricoloreggiavano ed i repubblicani con tutte le loro till© e le loro fobie veleggiavano verso la coliaborazione di guerra.

Funnno noi anarchici a protestare concretamente con il gesto di Antonio d' Alba contro la guerra libica appog-giata da alcuni repubblicani (Cappa, Barzilai, Meschiari), da alcuni socialisti (Arc&, De Felice, Bissolati, Podrccca, Bonomi, Cabrini), da alcuni sindacalisti (Olivetti, Labriolay Orano), da qualche radicale (Moneta); ed a sostenere dopo la guerra 1'agitazione « pro Augusto Masetti, pro Antonio Moroni e contro le compagnie di disciplina » che sbocc6 nelle giornate della settimana rossa.

Fummo noi anarchici a contrastare il passo alia bestia trionfante dell' interventismo e al dilagante tradimento social-patriottico di socialisti, repubblicani, radicali e sindacalisti ; ed a gridare dalF America, jdalT Inghilterra, dalla Svizzera, in Italia una parola di saggezza e di verity con

i nostri Malatesta, Galleani, Bertoni, Fabbri, Binazzi nelle tristissime giornate di maggio!

Fumrao noi anarchici a lavorare dentro la guerra per spegnere in qualche modo Tincendio ; centinaia di compa-gni nostri furono imprigionati o iaternati per episodi individual! di resistenza; nostri cornpagni furono presenti al-i' unico fatto di resistenza collettiva: le giornate di Torino dell' agosto 1917.

Fumrao noi anarchici a promuovere le grandi mani-festazioni antimilitariste del dopo guerra : memorabile la rivolta dei bersaglieri ad Ancona nel 1920, spalleggiata dal popolo anconetano, contro la progettata spedizione in Albania.

Siamo stati inline noi anarchici, dopo vent' anni di azione contro il militarismo fascista, a dichiarare • soli -che anche la guerra reconte, sia nella prima fase di con-flitto anglo franco-tedesco, sia nella seconda fase di conflitto anglo-russo-tedesco, sia nella terza fase di conflitto mon-diale con intervento americano e giapponese & stata una volgare guerra imperialistica; e conseguentemente non ab-biamo dato eredito alcuuo alle promesse dei belligeranti e abbiamo scisso la giusta causa del proletariato mondiale dalle sporche ragioni di guerra che essi sostenevano.

Per tutto questo noi anarchici ci sentiamo benemeriti della classe operaia italiana, del popolo italiano; e sentiamo tutta la responsabilitfi di cui siamo investiti nel continuare a difendere questo proletariato. •

Questo proletariato puo avere fiducia negli anarchici perchfe soltanto gli anarchici, per le loro esperienze e per il loro metodo hanno una liuea ben chiara cui uniformarsi nella loro attivitfc, perchfc essi questa linea di condotta se la sono costruita attraverso un lungo travaglio storico: E' la linea delUantimilitarismo integrate e rivoluzionario. Grazie ad essa abbiamo resistito a tutti gli equivoci ed a

tutte 1© prove e ci presentiamo attrezzati per superare quelle future.

Antimilitarismo integrate

Tutti i governi nella preparazione psicologiea della guerra si preoccupano particolarmente di presenil e la loro guerra come giusta, di accreditarla presso le masse e presso 1'opioione pubblica mondiale popolarizzaudone i motivi con la propaganda piu demagogica.

Noi vogliaino tagliare la testa a questi mostriciattoli di «guerro giuste» dichiarando che tutte le guerre in quauto tali sono ingiuste, sono le esemplificazioni dell' in-giustizia. Ma poich6 infinite sono le teste del mostro dob-biamo prospettare alcune ipotesi sulle giustificazioni che i governi inventeranno per presentare il prossimo conflitto imperialistico.

Anzitutto tutti i goverui cercheranno di far le vittime, simulaudo patite aggressioni, in modo da salvarsi col sofi-sma della « guerra di difesa Difatti al termine di ogni conflitto in quel giuoco che si chiama « ricerca della 10-sponsabilitA noi constatiamo che la colpa ricade sempre puntualmente sugli stati vinti che avrebbero aggredito o provocato 1' aggressione. E tutto cio & giusto perchfc la storia la fanno i vincitori e sarebbe imprudente per essi ostentare la respousabilita diretta di una carneficina come la guerra 1

Anche durante il conflitto si litiga assai per ideutifi-care lo Stato « che ha sparato per primo » e qui hanno possibility di sfoggiare le loro doti gli azzeccagarbugli del diritto iuternazionale, sorta di truffatori cosmopoliti ven-duti a questo o a quello Stato.

Noi anarchici risolviamo molto piu facilmente il pro-blenm, concludendo che tutti gli Stati in quanto tali, in quanto organismi dotati di una polizia air interno, di un

esercito alle frontiere, di una diplomazia all'estero, sono tutti potenzialmente aggressor), prima durante dopo j' epi-

sodio irrilevante del casus belli.

* * *

■ Altro espediente: le guerre di liberazione.

I governi sarebbero tanto generosi da muovere tal-volta a guerra per liborare dei popoli oppressi! Ora noi sappiamo per esperienza che la politica non & dominate da fattori sentimentali, che un popolo pud essere sotto il tor-chio della peggiore tirannia (come era il popolo italiano sotto il fascismo e quello tedesco sotto il nazismo) e nessun governo si muove per liberarlo : anzi spesso accade che i governi dei paesi contermini intrattengano cordiali rela-zioni col governo oppressore, loro compare. Solo quando questi governi por facce'nde che riguardano soltanto loro, non si trovano piu d' accordo, escogitano r accusa di dispotismo e se la rimbalzano a vicenda. Cosi sotto questa etichetta della « guerra liberatrice* si compiono i pill inauditi misfatti. E si pretende di andar a liberare altri popoli quando gi& il popolo dello stato liberators & op-presso quanto e spesso piu degli altri (come il popolo russo sotto lo czar, autocandidatosi alia liberazione del popolo tedesco), quando fra gli eserciti liberatori vi sono dei reparti che si sono esercitati ai tiro... contro la liberty dei connazionali (come la milizia italiana «liberatrice» del popolo spagnuolo). E si pretende ancora di correre a liberare altri popoli da questo o da quel malanno comin-ciando a liberarli dalla vita fisica (Hiroschima!), dai loro averi, dalle conquiste sociali per sostituire alia fine al governo vinto un altro governo, talvolta composto suppergiti dagli stessi uomini (in Italia: il governo Badoglio 1). Per noi anarchici in realtA la liberazione non 6 dono che possa essere regalato o concesso o importato: deve essere con-quistato per spontanea ed indipendente spinta dal basso.

No si citino ad esempio le guerre napoleoDiche, a giudizio di alcuni, introduttrici di democrazia nei paesi conquistati. E' vero che furono i soldati di NapoleoDe i veicoli delle nuove idee; ma avrebbero potuto essere ugualmente dei pellegrini o dei turisti i messaggeri del verbo rivoluzionario. Con questo di diverso : che i pelle-grini o i turisti sarebboro stati effettivamcnte dei messaggeri disinteressati, mentre i soldati se disavventuratamente fossero rimasti in Italia da latori di liberty si sarebbero ben presto trasformati in pretoriani del cesarismo, da forza inizialmente positiva per il progresso sarebbero decaduti a forza uegativa, ritardatrice, conservatrice al massimo.

In tal caso in Italia come in Francia, come in tanti altri paesi saremmo giunti ad un regime uguale a quello imposto dalla Santa Alleanza, con una differenza: che per 1' equivoco della dittatura rivoluzionaria, gli elemeuti sincerainente liberali e democratic! difficilmente avrebbero potuto formarsi ed agire sotto questo regime.

E questo basti per le « guerre di liberazione political.

* * *

Ma domani non si prospetti mai come plausibile nep-pure 1' ipotest di una «guerra di liberazione economica >. Poichfc noi crediamo che uno stato, per sua costituzione e per sua Datura, in tutte le sue forme, sia sempre una espressione di classe, si sviluppi su una reto di interessi ecouomici e come tale non sia certo il piu qualificato ad abbattere uu altro capitalismo, se non per prendere il suo posto. Comunque, in pratica, e evidente che la peggior via per abbattore una classe capitalistica b quella di prendere a fucilate gli operai che, per forza, sono costretti a rappresentare a loro padroni al fronte. E impostare in questi termini il problema della distruzione del capitalismo £ criminoso, quando sappiamo che c'£ un'altra via, la sola illuminata da sentimenti umani e diretta alio scopo :

le operante solidarieta internazionaie fra i proletariat! oppressi nella lotta contro le rispettive classi economiche dominanti.

AI contrario impostare la battaglia per il socialismo nel mondo su un piano di conflitti international i a catena & la piu grossa e la piii reazionaria aberrazione dei nostri tempi.

I! socialismo come la liberty non si importa con i pro-clami di una armata di occupazione. II socialismo si con-quista sul piano della lotta di classe e lo si edifica prescin-dendo dallo Stato di dentro e da quelli di fuori. Lo si rinnega invece, lo si tradisce facendolo pretesto all ' ambi-zione espansionistica di chiusi gruppi dirigenti. Seguire questa strada vuol dire perdere la fiducia del proletariato mondiale, offrire il fianco alia critica avversaria che avr& ■buon giuoco per spingere anch' essa al macello i propri operai disillusi nella loro fede socialista dopo essersi accorti che il loro sincero internazionalismo serviva agli esclusivi

interessi di una qualunque potenza nazionale-sovrana.

* * *

Terza ipotesi: guerre di civiltd.

Si avvicina molto ai tipi gi& studiati di guerre di liberazione politica o economica. Ma se ne fa particolare .abuso nei casi di guerre coloniali.

Basta un po' di buon senso per comprendere che b una feroce ironia voler porta re la civiM con i bombarda-menti a tappeto, le pallottole dum-dum o i gas asfissianti. Per noi anarchici la civiltd come tutti gli altri beni non la si impone dall' alto ma la si trasmette dal basso attra-verso umani contatti di amicizia e non gi& attraverso un duro rapporto di comando obbedienza.

In effetti nelle guerre coloniali la civiltft, non c'entra. C' entra V espansione non del lavoro, ma del capitale che cerca o carapi di lavoro nella colonia per i propri schiavi

metropolitani o schiavi indigeni per i propri campi di lavoro nella madrepatria.

* * *

Quarta ipotesi: le guerre socially guerre fra i popoli poveri ed i popoli ricchi: qualcosa cho sta fra il brigan-

taggio internazionale e la lotta di classe..... fra Stati. Di

fatto per6 non si tratta neppure di questo, bensi di una

guerra di ricchi..... « rivoluzionari » cho vogliono arric-

chirsi a 6pese di altri ricchi.....« couservatori» che a loro

volta non vogliono impoverirsi. Fra parentesi: anche in questo caso per6 la guerra la lan no i poveri nelP interesse dei loro padroni per restare quello che souo senipre stati, anzi per impoverire se stessi o per arricchire ancor piii, sia in caso di sconfitta sia in caso di vittoria, i propri padroni con V accumulazione dei profitti di guerra. I ricchi non perdono mai.

Perci6 se domani si parlasse di una guerra fra capitate e lavoro, noi aDarchici dovremo rispondere in t'accia ai bellicisti che cio non £ vero, che anche questa eventuale guerra & soltanto un conflitto fra classi dirigenti per inte-

ressi particolari ed opposti agli interessi della classe operaia.

* * *

Quinta ipotesi : La guerra Hvoluzionaria, cioe una guerra che, negli schemi dei suoi teorizzatori, esasperi tanto la tensione dei rapporti di classe da partorire alia fine una... rivoluzione. Noi non ci crediamo. A nostro giudizio la guerra 6 sempre e dovunque contro rivoluzio-naria. K' contro-rivoluzionaria in caso di vittoria in quanto esalta i sentimenti sciovinisti della classe dirigente e la rafforza al potere. E' contro-rivoluzionaria in caso di sconfitta perch& com porta V occupazione o il controllo militare del territorio uazionale da parte del vincitore e qu'esti uon permetter& rivoluzioni di sorta. E' contro-rivoluzionaria inline perch& abitua alia disciplina, accresce i poteri della

class© militare, ostacola la circolazione delle idee, aVvelena le relazioni fra i popoli (denazionalizzazioni, irredentismi, revanscismi), lascia in ereditA una massa di spostati (ex-bombattenti, ex-prigionieri, ex volontari) che costituiranno il nerbo della reazione.

E la storia ci cOnforta con i suoi esempi: il ciclone di reazioni succeduto alia prima guerra mondiale dopo il ciclo dei v&ni ed eflimeri tentativi rivoluzionari nei paesi europei. E la Russia ? E' la classica eccezione che conferma la re-xgola: li una rivoluzione fu possibile proprio perchfc esisteva una condizione di sconfitta con il crollo del vecchio regime e con la crisi dell' apparato statale, ma senza 1' occupa-zione nemica del territorio nazionale. Fu appunto in quella vacatio regni che si svilupp6 il movimento del 1917 ed anni seguenti.

Dovrebbero bastare questi esempi a convincerci che non attraverso la guerra si pud realizzare una rivoluzione, ma soltanto attraverso la pace, poichS la rivoluzione non & tan to il prodotto di ventricoli vuoti quanto la creazione

di cervelli riposati e di lucide menti.

* * *

Sesta ipotesi. Con una sfrontatezza che non fa onore a coloro che la subiscono, gli uomini di governo vanno molto spesso blaterando di una «guerra ultima, risolutiva di tutti i problemi, istauratrice di nuovi ordini dove la giustizia e la pace prenderanno domicilio permanente». : ^ E per realizzare questo mondo si invitano i popoli a 'iiuovi piu intensi sforzi di guerra ; per finirla con le guerre si invocano altre guerre; per stroncare le violenze si pro-clama la necessity di altre violenze.

Ora noi sappiamo che cosa siano questi « nuovi ordini» promessi e promossi dagli Stati vincitori. Senza risalire troppo indietro alle grandi paci gravide di grandi guerre, ricordiamo Francoforte fiel 1871, Berlino nel 1S78, Versa-

glia nei 1919, Mosca nei 1939, Posdam nei 1945: tutti trattati sui quali vengono impiantate le guerre successive. E la storia non e altro che storia di guerre che finiscono in trattati di pace, la cuf revisione violenta provoca altri dolorosi conflitti.

L' umanitft assuefatta a questa altalena non si accorgo che i suoi destini sono alia merce di un giuoco capriccioso di disfatte e di rivincite, non si. accorge sopratutto che quando i diplomatiei parlano dell' ultima delle guerre men-tiscono sapendo di mentire.

s}! Sf:

Settima ipotesi. Infinite sono le risorse propagandistichc inventate fabbricate e brevettate dai governi. Oggi si sta introducendo un nuovo tipo, lanciatissimo, di guerra.

I grandi Stati moderni non amano impegnarsi diret-tamente in una guerra senza aver prima misurato le rispet-tive forze, essersi tastati, essersi procacciate buone basi di partenza e posizioni strategiche, aver esperimentato le nuove armi in corpore vili, ecc. All' uopo si servono per Tantefatto della guerra o per suoi particolari episodi, di circoscritte e violentissime guerre civili. E' appunto questa r ipotesi di una guerra impenalistica in termini di guerra civile: una guerra potenziale fra i blocchi ma reale fra le agenzie o succursali che li rappresentano : una guerra nou dichiarata che fermenta appunto nelle lotte civili, ne sfnitta e ne. compromette le ragioni sociali, ne deforma gli obiet-tivi, ne strazia ogni intima morality rivoluzionaria.

Ad esempio, la situazione italiana di oggi, come abbiamo anzi accennato, presenta questo caso. La vita poli-tica italiana non & affatto l'espressione di forze endogene, ma la contrastata risultante di pressioni infjuenze condi-zioni imposte dal di fuori; la lotta politica in Italia non rispecchia piCi contrasti tradizionali di classi o di correnti vive del nostro paese, ma rifiette con estenuante fedelt^

— soil corso delle relazioni fra le grandi potenze imperialistiche, falsificando ogni nostro problema in questa giostra di interessi a noi estranei.

Per noi anarchici sorge dunque la difficoltA di sceve-rare quanto di rivoiuzionario da quanto di antirivoluzio-nario si agita in questo complicate giro di contrasti a superficial colorazione classista nei nostro paese. Perchfc. domani noi potremmo essere trascinati inconsapevolmente in un conflitto che non si presenta con gli usuali connotati di guerra esterna, pur rappresentando uno scontro di interessi imperialistici sotto i segni di rivoluzione o di crociata sociale air interno.

?

Sarebbe una ennesima truccatura del fenomeno guerra che, avvantaggiata dalla sua novit&, potrebbe profittare della inesperienza del proletariato per deviarne e tradirne le aspirazioni. Noi dobbiamo oggi smascherare con tempe-stivi avvertimenti questa manovra e prepararci ad inserire in ogni moto sociale e civile la nostra volonta. sinceramente rivoluzionaria per mantenerlo al di fuori di perniciose influenze di partiti, appendici di stati. E qualora si tentasse di.speculare sulla nostra buona fede per riraorchiarci verso tentativi in" fuozione imperialistica, qualora si tentasse di toccare certe corde del sentimentalismo sovversivo o di richiamare nostalgici ricordi di passate solidarieta, o di provocare il nostro intervento con lusinghe o con minacce noi dovremo essere attenti, vigilanti riflessivi, premurosi dei nostri interessi ideologici, gelosi della nostra autonomia e sopratutto forti, abbastanza forti per battere da soli la nostra strada.

In ogni modo sar& bene ad esempio diffidare di pro-poste circa azioni collettive (guerriglia, partigianesimo,, lotta per bande) che non rappresentano piu spontanee esplosioni di malcontento popolare ma costituiscono ormai delle autentiche tattiche guerresche, perfino codiflcate nei

dir. internazionale di guerra e probabilizzate dall' ipotesi di guerre civili precipitauti in generate conflitto interna-zionale. Anzi fin da ora sar& beDe reagire energic-amente contro ogni attentato all' indipendenza del movimento, contro ogni sbandamento di compagni impreparati, riaffer-mando la nostra autonomia e separando le nostre respon-sabilitA, dai ciechi, dai deboli, dagli isterici impulsivi e dai

fautori dell' intervento ad ogni costo.

* * *

Dall' osame dei casi liuiite che abbiamo catalogato e dalla critica atiarchica che abbiamo svolto, sorge il carat-tere integrate, radicale del nostro antimilitarismo, oppositore conseguente di ogni tipo di guerra, oppositore conseguente di qualsiasi tipo di esercito. E poichfc sono gli eserciti che fanno le guerre, consideriamo anche tre tipi di esercito, la cui necessity e patrocinata da partiti sedicenti progressiyi.

Primo tipo: I'esercito democratico. In questo dopo-guerra italiano la parola «democrazia » (tanto limpida e nobile nel suo significato logico quanto impura ed ignobile nel suo valore storico) ha subito una inflazione pari a quella della nostra raoneta. Tutti hanno parlato di demo crazia fino alia noia, ftno all' istupidimento collettivo. E tutti hanno abusato della polivalenza del termine e della moltiplicitA dclle suo interpretazioni per ingenerare la con-fusione e V equivoco o per coprire le loro tnene antidemo-cratiche. Cosi tutto e divenuto democratico : Cristo e gli sport., il voto alle donne e i tafferugli elettorali, i comunisti e la leva militare.

Ma tutto ci6 avrebbe poca importanza se ci si fosse limitati a queste esercitazioni vcrbali sull'elasticissima democrazia, so per la fregola democratica non si fosse votato alia Costituente 1'art. 49 sul servizio militare obbligatorio,

Ed invece proprio questo e avvenuto. Tutti i partiti (ad eccezione dei socialisti riforraisti che avevano le loro

buone ragioni... ©lettorali per non farlo: li vedremo domani se andranno al potere come vorranno difendere i loro privilegi... senza una forza armata), dai socialisti fu-sionisti immemori delle loro tradizioni ai comunisti bianco-rosso-verdi impeccabili nel loro patriottismo, dai repub-blicani indegni di. Catfcaneo ai qualunquisti degni di Mussolini, dai cattolici ai liberali, tutti hanna votato a favore dell' art. 49 e del servizio militare obbligatorio, senza accettare neppure una mozione a favore degli obiet-tori di coscienza, segno e garanzia di una democratica tolleranza. Senza far polemica con gli onorevoli deputati, ci domandiarao : Che cosa signified V art. 49 ?

Esso signitica una ingente spesa annuale gravante sui bilancio dello Stato, un prestigio ricuperato da parte della vecchia classe militare italiana, un anno di propaganda reazionaria per i nostri giovani nel periodo della loro for-mazione politica, uno strumento potente in mano al governo per spezzare scioperi e per reprimere agitazioni, una ten-sione politica con gli Stati confinanti interessati alia neutrality italiana, una base per chiedere la revisione del trattato di pace per. quanto riguarda il numero dei co-scritti; ed infine la guerra, non appena se ne presenter^ V occasione, ovverosia il noleggio a questa od a quella potenza di centinaia di migliaia di uomini pronti, e d'altri milioni di uomini gi^. addestrati.

Dovremo consolarci della promessa democratizzazione deir esercito quando sappiamo che V esercito e prepotenza feroce in alto e massacrante disciplina in basso ? 0 dovremo piuttosto proporci di rimediare all' errore commesso ?

Bisogna che tutti gli uomini liberi, dentro e fuori i partiti, al di ed eventualmente contro la disciplina di partito, si agitino per far salt.are prima dell' approvazione definitiva 1' art. 49, come tutti gli altri articoli che croci-figgono la liberty italiana sulla carta costituzionale. Biso-

gnu, in caso di approvazione, iuiziare una agitaziono nol paese contro la leva obbligatoria e dimostrare ai governi che le leggi aDtipopolari vigouo finchd sono osservate ed obbedite; ael moraento che non sono piti osservato cd ob-bedite, sono di fatto invalidate e rese automaticamente

inefficieuti.

' * * *

L'esercito repubblicano. Noi anarchici non ci siamo mai illusi che questa repubblica fosse meno militaresca della monarchia. Conoscevamo nel mondo alcune repubbliche dove i circoli dei colonnelli avevano piu influenza sul governo, di quanta non ne avessero in altri regimi dinastici i circoli di generali a corto. Ma niente ci autorizzava a pensare che in Italia le sinistre repubblicane ed in particolar modo il partito repubblicano che avevano tanto lottato contro il mi-litarismo monarchico e la monarchia militarista. cedessero cosl facilniente alia impazienza di costituire con i relitti di

uua guerra perduta un nuovo esercito degno di tanta.....

Repubbtica.

E cosi I'esercito repubblicano ha sfilato in parata lo scorso due giugno... ; la marina repubblicana ha compiuto nell'estate la sua crociera... ; d'ora innanzi comincierA a pesare nelle trattative diplomatiche con qualsiasi paese la nostra rinnovata forza militare. La difesa della Repubblica £ assicurata.

Ora noi anarchici quando ci capita sotto gli occhi questa repubblica borghese e cattolica, ci voltiamo da una altra parte. Ma anche noi balziamo in piedi quando avver-tiamo la minaccia di (ina restauraziohe monarchica.

Proprio per questo riteniamo che il peggior strumento di difesa della Repubblica sia 1'esercito... repubblicano, il quale mantenendosi nei capi nei costumi nella mentality monarchico e fascista come una volta, non salverfc ma strangoler;\ la Repubblica.

. — 24 —

f *

/

Percid Tunico mezzo per difendere la Repubblica dai nemici interni non & il rafforzamento di questo esercito. ma la sua completa liquidazione.

Se poi vogliamo che questo esercito ci difenda dai nemici esterni dobbiamo far presente che esso, mentre per la sua esiguita, non potr& fare alcuna resistenza in caso di invasione, per la sua impudenza provocatoria, per le sue tradizioni fasciste, per i suoi umori revanscisti irredentisti ©8pan8ionisti, ci tirer& addosso tutti i fulmini di guerra ed

ogni peggiore malanno, come per il passato.

* * *

Vesercito socialista. E' un probleraa astratto per V Italia ma vivo in ogni dibattimento politico ; giova affrontarlo.

Noi anarchici sosteniamo questa tesi in proposito: che un esercito « socialista » & una grossolana assurdiU anti-socialista e che il problema della difesa di una comunitA socialista va podto in termini socialisti e non gi& in termini borghesi.

Quando nel corpo della society capitalistica si forma una comunit& socialista,-tutti i mezzi devono essere messi in opera per proteggere questa creatura della rivoluzione e garantire ad essa vita e prosperity. Ma deve trattarsi anzitutto di una «comunit&», non gi& di uno « Stato Perch& in tal caso & fuori luogo parlare di socialismo. Trattasi di un aborto che deve seguire il destino degli altri aborti borghesi. ,

Data per compiuta la nascita di una comunit& socialista, fluida ed aperta, i mezzi per difenderla possono essere cosl elencati; 1) la solidarieta attiva dei proletariat di tutto il mondo a pro della comunit& e contro le minaccie del-r accerchiamento capitalistico; 2) la struttura federalistica e la coscienza solidaristica della comunit& per cui V eventuate aggressore non pu6 occupare un centro (ministeri, presidi, ecc.) e di \k tenere il paese ma si deve impadro-

nire di ogui nucleo umano, di ogni uomo e piantonarlo in permanenza; 3) V autodifesa collettiva per la conservazione dei beni comuni con mezzi individuali e collottivi di resi-8tenza attraverso la formula della «comunitA armata» (ben diversa da un esercito in quanto prescinde da una classe militare profossionalo e garantiscc il controllo diretto del popolo sui mezzi militari).

Questo per quanto riguarda i nemici esterni.

Per la difesa dai nemici interni crediarao che se fc stata realizzata integral men te> 1'espropriazione del capitale e il disinvestimento del potere, il problema assume carat-tere di ordinaria ammiuistrazione ed 6 sufllciente la normale autodifesa civile.

A questo punto si affaccia il caso concroto dell'Unione Sovietica, che posta di fronte alia strada anarchica del deperimento dello Stato e della conservazione del Socialismo ha preferito battere la via controrivoluzionaria del deperimento del Socialismo con la conservazione dello Stato. C'6 in proposito tutta una letteratura anarchica fin dai primi sintoini della involuzione autoritaria-militarista e poichd le nostre previsioni hanno oggi la loro flagrante dimostrazio-ne, possiamo passare oltre e illustrate il secondo cardiue del nostro antimilitarismo.

1/ antimilitarismo rivoluzionario

II nostro antimilitarismo non & soltanto integrale ; esso & anche rivoluzionario. Non basta infatti resistere alia guerra, resistere al militarismo che fa la guerra; bisogna anche ricercare le cause del fenomeno guerra e del feno-meno militarismo. e sradicarle.

Queste radici di tutti i raali si riconnettono, secondo noi, al potere sia economico (capitale) che politico (stato), nei suo aspetto attivo di comando e nei suo aspetto pas-si vo di obbedienza.

♦ Solo decapit&ndo la society dal potere, solo spingendo gli uomini a liberarsi delle classi dirigenti, dello Stato, della chiesa, del capitale, dei partiti che si risolvono alia fin fine nei gruppi parlamentari, noi potremo spalancare le porte ad un avvenire di pace e di giustizia.

Noi non crediamo che I'origine della guerra stia nel-1* istinto di violenza. Per noi gli uomini sono tanto buoni se sprovvisti di denaro o diautorita. quanto cattivi se muniti di privilegi e di prerogative. E pensiamo che 1' istinto di violenza pu6 produrre degli episodi a sfondo passionale facil-mente liquidabili in sede locale, ma non pud produrre delle guerre a estensione mondiale e a durata di interi lustri. In guerra si uccide nel peggiore dei casi per fana-tismo ma anche il fanatismo rientra fra i malefici sotto-prodotti del potere, cosi come vi rientrano T osservanza degli ordini (il dovere), lo spirito di porpo e la tema di punizioni disciplinari.

Se noi volessimo estirpare V istinto di violenza, forse potrebbero aver ragione quanti ci irridono come utopisti. Nel mondo forse vi saranno sempre dei tarati che tente-ranno di far prepotenze come vi saranno sempre uomini che si sforzeranno di ^ssoggettare gli altri. L' essenziale & che questi uomini non trovino precostituiti ed utilizzabili immediatamente gli strumenti per il proprio dominio (capitale e Stato), e che trovino sopratutto negli altri uomini pane per i loro denti, cio& resistenza e fermezza.

Percid appunto il nostro lavoro deve indirizzarsi non tanto a converfcire gli sfruttatori quanto a persuadere gli sfruttati a non farsi succhiare; non tanto a convertire i generali quanto a persuadere i soldati a non farsi arruo-lare; non tanto a smontare il gerarchismo quanto ad emancipare gli uomini dal gregarismo.

In definitiva raggiungeremo il risultato tfoluto : rendere innocui attraverso una plebiscitaria dissubidienza civile i

detentori del potere, esautorarli dal basso, togliere loro quelli che sono i viveri indispensabili alia loro quotidiana digestioue : 1' ossequio e il conformismo.

Se a questa azione aggiuDgiamo dei colpi diretti a frantumare il potere nella sua realt& oggettiva, nella sua intelaiatura, nei suoi congogni, nei suoi esponenti, otterremo un risultato anche raaggiore.

Urge ora una obiezione: « Voi anarchici scacciate la violenza dalla porta con il vostro antimilitarismo e la fate rientrare dalla finestra con le idee della rivoluzione e della lotta di classe ».

Rinunciando a servirci del motivo polemico secondo cui sono gli altri a muover violenza e uoi ci limitiamo solo a ristabilire un equilibrio di giustizia, che altri hanno violata, rispondiamo :

Sui problema della lotta di classe facciamo notare che il nostro principio di classe 6 tutt' altro che operaistico, esclusivista e corporativo. Noi avanziamo una interpreta-zione « umanistica » del concetto di « classe non rinne-gando ma irrobustendo questo concetto, quando diciamo coi pionieri della prima Internazionale che «lavoratori sono tutti coloro che lavorano alia rivoluzione sociale », quando affermiamo che noi non siamo anarchici perchfc proletari, bensi proletari o proletarizzati perche anarchici, perch& abbiamo optato per la classe operaia attraverso una rinuncia preventiva o successiva alia carriera o alia ric-chezza, attraverso un voto di poverty od un ripudio di onori, attraverso un declassamento spontaneamente scontato o spontaneamente voluto. Ebbene questo proletariate di ele-zione che si inuove anche per degli interessi particolari che coincidono perd con gli interessi generali, devela sua coesione non ad un chiuso gregarismo di casta ma ad una esigenza di rinnovamento condivisa da quanti ne fanno parte. Questo ci sembra un primo elemento moralizzatore della nostra lotta.

Sui problema della rivoluzione facciamo presente che mentre la guerra & scontro di masse incoscienti abbrutite e forzate al massacro, la rivoluzione richiede una partecipa-zione volontaria e cosciente. Quando noi anarchici parliamo di trasferimento della lotta dai piano orizzontale dei conflitti fra stati al piano verticale della lotta degli oppressi contro gli oppressor^ quando noi'anarchici sosteniamo che i nemici del proletariato non si trovano oltralpe od oltremare ma in ogni fabbrica, in ogni fattoria, in ogni rione, in ogni borgo d'Italia, riaffermiamo proprio il principio della con-sapevolezza e della responsabilit& rivoluzionaria. E questo ci sembra un secondo elemento moralizzatore della nostra lotta.

Ad un terzo elemento accenneremo fra. breve quando parleremo dai 1' azione diretta.

Adesso, conclusa 1; esposizione teorica del nostro anti-militarismo, fissiamo alcuni appunti di lavoro pratico.

Che fare

Anzitutto non spaventarci per le difficoltA del nostro compito, per la esiguity delle nostre forze e per la potenza dei nostri nemiei.

I nostri nemici hanno la bomba atomica che & terri-bile strumento di oppressione e di morte; ma pure i nostri nemici sono degli uomini e devono servirsi di altri uomini per commettere i loro delitti. Ora, malgrado tutto, gli uomini sono esseri ragionevoli ed accessibili - in partieolari momenti ed in partieolari eireostanze - a idee di verity, di giustizia, di liberty; gli uomini sono esseri sensibili - in determinate occasioni - a sentimenti di amore e di solida-rieUt. Ebbene occorre far pervenire queste nobili suggestion anche a certi uomini.

Gli Stati - mostrnosi apparati di iniquity, impasti con-centrati di arbitri e di violenze - hanno la bomba atomica che pud distruggere intere citty in un attimo ; ma noi abbiamo idee piii micidiali della bomba atomica, che possono insinuarsi anche nel cervello degli scienziati, dei tecnici, dei lavoratori che la fabbricano. Queste idee possono spez-eare lo strumento prima che esso sia messo in opera, possono far sal tare i piani prima che se ne imprenda V esecu-zione, possono estromettere dalla society civile, legandoli come pazzi o sopprimendoli come criminali, gli incendiari del militarismo e della guerra.

Noi abbiamo fiducia nell' uomo e crediamo che la sua volonty sia sufficiente a rovesciare una situazione, a rista-bilire un equilibrio. Noi abbiamo fiducia nell'individuo e

non dispereremo finche qualcuno animato da sentiment! umani si agiti su questa terra per la salute di tutti.

Saremo forse pochi oggi a protestare, ma sappiamo bene di r^ppresentare gli interessi e le aspirazioni della maggioranza degli uomini di tutte le classi, di tutte le razze, di tutte le fedi politiche e religiose; questa maggioranza oggi & incosciente, perduta verso falsi rimedi, fana-tizzata, invigliacchita. Oecorre dare una coscienza ed un indirizzo a questa maggioranza, rianimarla, orientarla. Domani essa esprimer& dal suo seno quell' ondata di sdegni, di proteste, di impulsi generosi, quella serie di tacite repulse, di mute renitenze, di sorde agitazioni che stianche-. ranno il cavallo infernale della guerra e ne fermeranno il rovinoso cammino.

Ma non bisogna adagiarsi nella prospettiva della guerra inevitabile. La guerra non e inevitabile. Anzi essa sar& evitata nella misura in, cui noi ci adopreremo per rompere in mano ai capi-governo ed in mano ai eapi-partito ogni velleit& guerrafondaia, per eliminare al piu presto ogni focolaio di conflitti imperialistic!.

;i E bisogna far presto, far subito : reagire al pericolo psicologico dell' attesa. Perche ogni cura preventiva 6 mi-gliore della repressiva, perche & meglio rischiare oggi un raese di galera che fare domani cinque anni di trincea o di campo di concentramento e di vita in rifugio; perchfc fc meglio aver a che fare oggi. con alcuni carabinieri, con-tesi essi pure fra il dovere morale ed il dovere form&le, che dover affrontare domani un feroce stato d'assedio.,

N6 6 logico pensare che la nostra propaganda potremo farla ottimamente durante la guerra. Durante la guerra faremo ben poco perchfc il nostro lavoro sar& gravemente pregiudicato dallo stato di emergenza ed in definitiva avr& uno sviluppo proporzionale alia spinta che gli avremo dato nei periodo dell'anteguerra. Insomma bisogna che la

nostra azione antimilitarista sia - passi 1' atroce locuzione guerresca - un ordigno a scoppio ritardato, che essa abbia nei cielo tempestoso delle vicende bellicbe una sufticiente autonomia di tenuta.

Dunque : fare oggi perch& forse domani non potremo fare piu ; fare oggi perohfc domani il popolo possa fare da ; fare oggi per tentare di evitare ad ogni costo il mas-sacro di tanti lavoratori, la fine di tante liberty, il tra-monto di tanta civiltA conquistata con secoli di sacrificio.

Inoltre in tempo di pace abbiamo il notevole van-taggio di Javorare su piani internazionali con una azione contro tutti gli stati; mentre in tempo di guerra la nostra attivita isolata rischierA di essere ora mistificata o frain-tesa o confusa o sfruttata da parti interessate.

E neppure dobbiamo impostare la nostra lotta su motivi di astratta polemical fare cioe dell'anti-guerra semplicemento per sentirsi dire a fatti avvenuti che noi anarchici avevamo ragione...

Dobbiamo invece lavorare per impedire effettivamente la guerra: e se questa scoppiasse continuare il nostro lavoro per abbreviarne durata, limitarne estensione, dimi-nuirne intensity. E se pure vedessimo tutti i nostri sforzi frustrati, dobbiamo continuare imperterriti nella nostra opera per salvare almeno la dignita degli uomini mortifl-cata ed ofFesa dai governi, 1' onoro del proletariate mon-diale prostituito dngli opportunist del socialpatriottismo.

Sar& gran cosa se, dopo la tempesta, nei mondo si alzerA una voce non avveleuata dall' odio, una bandiera non macchiata nei compromesso. Sar& il pegno della rinascita.

II metodo

A prescindero dalla linea* politica fissata nei punti precedenti - linea che deve essere divulgata, popolarizzata, concretrata in comportamenti - e ovvio che noi anarchici

nella lotta contro il militarismo e contro la guerra, non possiamo adottare massiccie tattiche niilitari o guerresche.

AI metodo dell' azione in ordine chiuso bisogna op-porre quello dell' azione in ordine sparso, al sistema dei fronti a linea rigida bisogna opporre il movimento sussul-torio delle iniziative dai basso, al principio degli ordini gerarehici bisogna opporre il principio della responsabilitft, individuate.

Fare diversamente significherebbe essere annientati.

E' assurdo voler lottare contro il potere costituendo, per falso senso di praticitk, un altro potere. Sarebbe il modo piu banale di perdere la partita: l'autogoal.

Diversa e la via: al potere, causa di ogni guerra, opporre Tanti-potere secondo la formula «atomizzare iI potere di individui su altri individui, di gruppi su altri gruppi, disintegrarlo e ceutrifugarlo dovunque si accumuli o si depositi, attrarlo in seno a libere assemblee di libere associazioni

(Questa e la tattica migliore: specie se si tengono presenti alcuni fatti. Anzitutto lo sviluppo della scienza moderna mentre ha rafforzato i mezzi individuali, perso-nali di offesa e di difesa, in caso di guerra totale ha inde bolito assai i governi che hanno bisogno del concorso di tutti i loro sudditi per mettere in moto la macchina bellica. Inoltre se la scienza moderna ha sviluppato mezzi di oft'esa contro grandi masse, tali mezzi, come la bomba atomica, mentre possono essere adoperati contro masse compatte, contro fronti serrati, sono inefficaci contro il singolo con-fuso fra amici e nemici, reso invulnerabile dalla sua stessa posizione la quale d' altra parte presenta larghe possibilila di azione del singolo contro altri singoli responsabili e contro i medesimi mezzi bellici collettivi.

Per questo noi siamo avversi a forme di resistenza aestensiva*, ed anche all'azione per bande. Siamo avversi

'per le dette ragioni anti-autoritarie ed antimarziali che tali sistemi offeuderebbero quanto la guerra regolare; siarao avversi perch § l'azione di masse manovrate da capi si presterebbe troppo al giuoco dei « partigiaui » delle forze belligeranti ed alia fiue resterebbe coufusa con l'azione di questi; siamo avversi infiue perchfc 1' aziona collettiva e per necessity di cose indiscriminate contro gli irrespon-sabili e imprecisa contro i veri responsabili.

Inoltre noi non poniamo semplicisticamente il problema della lotta contro il militarismo nei termini facili di vittoria o di sconlltta. Noi non vogliamo vincere nel senso di occupare un territorio.o di fare dei prigionieri. Che ce ne facciamo'? Noi non vogliamo trovarci di fronte alia brutta sorpresa di aver tolto dei capi e di trovarci poi di fronte al vuoto di masse che ce ne chiedono altri o che ci acclamano addirittura successori legittinii degli spodestati. Xoi intendiamo piuttosto eliminare il militarismo e la guerra, facendovi attorno un lavoro di ero-sione, liberando dai vortice soeiale quelle cnergie che poi saranno capaci di antogovernarsi, bruciando continuamente ai governi le riserve di servitu volontaria e provocando cosi, solo cosi, il loro esaurimento e la loro niorte.

Percio ogni insofterenza di autoritA, ogni rottura del-1' apparato statale nel suo patrimonio materiale, ogni diser-zione, ogni rifiuto attivo, ogni assenza, ogni reazione agli ordini militari, ogni strappo alia disciplina costituisce per noi un successo, una grande vittoria. Al confrario vittorio ottenute altrimenti con 1' artificio di spostamenti superfi-ciali, con awicendamenti di gerarchie, con varie ricom-binazioni politiche, non risolverebbero un bel niente.

Quando noi parliamo di « azionc diretta » intendiamo fra I'altro alludere proprio* a questo carattere della nostra azione ; mettere 1' accento su questo lato di responsabilitA, di immediata rispondenza fra risultato ottenuto e idoneitA

a, compierlo e a difenderlo, per cui ogni successo concreto non & dovuto a fattori estranei ed occa'sionali (la fortuna, T ability, la forza materiale), ma e direttamente e total-mente coperto da una intima conquista morale. Di qui appunto il terzo elemento moralizzatore della nostra lotta (di cui parlavamo- poc' anzi); di qui anche V efficacia mo-ralizzatrice e liberatriee della nostra violenza.

Tuttavia noi non possiamo accettare la astratta distin-zione fra resistenza violenta e resistenza non violenta.

Infatti dal punto di vista del nemico (cioe dello Stato) tutti i resistenti alia guerra - violenti e non violenti - sono considerati violenti in quanto sono molesti al suo ordine.

Dal punto di vista oggettivo semina dolore e sangue tanto chi giustizia un generale quanto chi si rifiuta di partir soldato od abbandona una posizione di prima linea, provocando nei primo caso rappresaglie sui familiari, in-cendio della sua casa, ecc., nei secondo caso decimazione e deportazione in luoghi di maggior pericolo dei suoi commilitoni.

Dal punto di vista nostro possiamo anche accettare ed onorarci della qualifica di « violenti» in quanto -effettiva-mente facciamo uso di tutti i mezzi che disponiamo - con le riserve e le cautele gi& note - per « vim repellere vi mentre non accettiamo questa qualifica nei suo valore peg-giorativo ma la rigettiamo proprio sui nostri accusatori.

In questi termini ci sembra risolto anche il problema della violenza o meno.

Intransigenza

Andare avanti con idee chiare: senza farsi distrarre da scrupoli o da segrete irrequietezze, senza farsi prendere da tendenze capitolarde a pro'di una parte belligerante e dell'altra.

In caso di guerra noi anarchici non possiamo aver

simpatia con nessuno, non dobbiamo argomeutare sui go-verni migliori da preferire o da appoggiare contro i peggiori.

Per noi ogni governo vale 1' altro ; tutti gli Stati siano essi retti a democrazia sociale organica progressiva corporative o cristiana, a monarchia costituzionale o a repubblica popolare, a regime teocratico o schiavista, si equivalgono nelle rispettive classi dirigenti... che si equivalgono sempre tutte. Non esiste il meno peggio.

I governi non possono dififerenziarsi fra loro su una scala di progresso, giustizia o tolleranza. Vige una dina-mica del massimo potere, inerente a tutte le classi dirigenti e questa legge le spinge tutte al massimo coricentramento di autoritA, di privilegi, di ricchezze, di abusi sui sudditi i quali in misura della loro desisteuza sono ridotti al mini mo di liberty compatibile con la loro esistenza fieica (quando, per deflazione demografica, non sono privati an-che di questa). E d' altra parte se i governi si diflferenziano fra loro su un metro di apparente depotenziamento, cio non avviene per virtu propria o per spontanee rinuncie o per benigne concessioni, ma per 1' attiva resistenza opposta dalle masse alle esose pretese governative, per la pressione che le masse lianno esercitato sui governi compriinendone riducendone nnnientaudone il prestigio o la strapotenza (quando non intervengano degli imponderabili indipendenti dalla volonta dei governi come crisi, sconfitte, stati d'e-quilibrio fra parti concorrenti, ecc.).

Ora dovremmo noi combattere a favore di un governo mono tirannico fsuo malgrado!) contro un governo piu lirannico, quando sappiamo che proprio con la guerra offriremmo al governo « migliore » il pretesto di instaurare subito una dittatura militare che lo assimilerebbe al «peg-giore>, e quando sappiamo inoltre che le nostre armi non contro il governo « peggiore * sarebbero puntate ma contro le masse, contro quelle masse che saranno state certo piu

benemerite di noi nella lotta contro il loro governo ? E che colpa hanno queste masse se non quella di aver indi-cibilmente sofferto e di dovere, in caso di nostro intervento, soffrire ancor piu a causa dei nemici di dentro e di quelli di fuori ? Ma appunto per questo dovrebbero essere aiutate non gi& con i bopibardamenti aerei, ma per altre vie di autentica solidarieta. Perchfc altrimenti a vittoria ottenuta queste masse abituate allaschiavitfr, snervate dai sacrifici, accetteranno passivamente un altro governo, tirannico quanto il precedente, che il vincitore imporr& loro.

Cosl oggi di fronte al dilemma Occidente Oriente noi non possiamo attribuire maggiore o minore tolleranza a questa od a quella classe dirigente, maggiore o minore spirito di liberty o di giustizia a questa o a quella legisla-zione promulgata dai governi, bensi dobbiamo ammettere una maggiore o minore resistenza nei popoli che hanno saputo strappare concessioni oppure hanno ceduto posizioni alia protervia degli oppressori.

Questi sono i termini: Non esiste V Occidente. Non esiste T Oriente. Non esiste ne V America, n& la Russia, n& T Inghilterra. Esistono della classi dirigenti che ci sono tutte nemiche, che ci perseguiteranno tutte nella misura che noi retrocedererao di fronte a loro.

Dall' altra parte esistono delle masse oppresse e sfrut-tate e crudelmente ingennate le quali ci sono tutte vicine per diversi motivi: vicine quelle che hanno saputo con-quistare il massimo di liberty in quanto noi ammiriamo le loro conquiste; vicine quelle che gemono ancora nella schiavitu, nella barbarie nell'ignoranza, nell'abulia in quanto condividiamo le loro sofferenze. Vicine cosi le masse americane o russe, inglesi o cinesi, indonesiane o balcani-che, perchfc siamo legati ad esse da un solo destino.

Ogni dubbio di fronte a questa impostazione del pro-blema & pericoloso.. Ogni proiezione di scelta it ancor piu

pericolosa, quando sappiamo gia che una scelta 6 impossible, e ridicola, fc vergognosa, non avendo noi che una scelta: quel la di noi stessi.

Su questo terreno i compagui non devono essere in alcun modo disorientati, inquietati, assillati da dubbi. Fra

Oriente ed Occidente non c' & che la via della Iotta su due

>

t'ronti: via difficile che noi riusciromo tuttavia a percorrere fino al superamento della crisi, se avremo coscienza della nostra missione e fiducia nel nostro movimento.

K' possibile determinare con la nostra volontA la si-tuazione, incidervi con la nostra presenza senza farci im-pressionare dai concentramento di forze o dai curaulo di nemici che abbiamo di fronte.

Occorre reagire decisamente alia pessimistica, rinun-ciataria. soluzione della scelta del meno peggio; se questa scelta e determinata da una sfiducia nel movimento anar-chico, da una suggestione di minority, da un senso di estrema debolezza di fronte ai formidabili blocchi in contrasto, abbiamo ancora tempo per rincuorare gli incerti, facendo se non altro presente che voler scegliere fra Oriente ed Occidente significherebbe gettare lo scompiglio nel movimento per la diversa identificazione di questo « meno peggio » nel blocco N. 1 o nel blocco N. 2, significherebbe far perdere la bussola ai nostri militanti che fin da ora col criterio deir equivalenza dei governi hanno saputo resistere ad ogni attrazione ed indirizzare anarchi-camente il loro lavoro, significherebbe demolire 1'auto-nomia del movimento cioe la sua maggiore forza di presa sull' opinione pubblica, significherebbe infine awenturarei nell' ignoto pregiudicando il nostro passato e compromet-tendo il nostro avvenire.

Ma dire « nfc Oriente n^ Occidente » non siguifica per noi - precisiamolo • gridare un evviva air Italia che suo-nefebbe regolarmente come un evviva alia classe dirigente

italiana. No. Perchfc se tutte le classi dirigenti ci sono nemiche, una particolarmente ci & ostica: qnella italiana; quella con la quale abbiamo conti nostri da regolare.

Ci rifiutiamo di pensare anche per un solo momento che il padrone italiano sia piu accettabile dei padroni forestieri, pur essendo noi assai affezionati ad esso come nemico preferenziale. Tutti * i padroni ci sono forestieri alia stessa tregua, ma questi forestieri d' indigeni che sono i padroni d' Italia - preti o generali - ci sono piu barbari e odiosi di tutti gli altri d' oltremonte o d' oltremare.

Dunque: attiva resistenza contro tutti i governi senza preoccuparsi che sabotando uno di essi, favoriamo content-poraneamente il suo diretto avversario.

Questo & uno scrupolo infantile perche se gli anarchici di tutti i paesi si estraniassero per questo motivo dall' a-zione, avrebbero davvero trovato il modo di favorire con-temporaneamente tutti i governi e lo sviluppo medesimo della guerra. Cid non significa pero che non dobbiamo preoccuparci dei collegamenti internazionali per sincroniz-zare il nostro lavoro e svolgere un' azione combinata.

Dato. per fermo un incremento della nostra resistenza nel caso di successi dello stato italiano, a scopo di solida-rietA per i proletariati delle terre occupate, solleviamo il caso particolare di una guerra le cui sorti volgano a sfa-vore dello Stato italiano. In una ipotesi di questo genere nessuno scrupolo, impregnato di sentimentalismo patriot-tardo (ricordare le debolezze di Turati per il Monte Grappa, sfruttate dallo stato maggiore di Diaz come incentivo per le truppe !)> Perche :

1) per noi come non hanno alcuna importanza gli av-vicendamenti di governi air interno, non hanno neppure importanza gli spostamenti di bandierine sulla carta geo-grafica ;

2) come resistiamo al governo di oggi, resisteremo

ancor piu al governo di domani, non per lanatico odio razziale, ma perch& ne) frattempo ci saremo raeglio alle-nati ed avremo collaudato le nostre capacity di resistenza;

3) il governo invasore non avr& guadagnato niente dalla nostra azione contro il governo indigeno, perchfc nella sua occupazlone trover^ dappertutto « anarchia» ciofe delle masse scatenate a liberty dopo 1' insurrezione vitto-riosa, la crisi della legality nei relativo inter regno, un popolo indocile a nuovi freni dopo esser stato capace di rompere 'gli antichi.

Inftne di fronte all' ipotesi perfetta di uno Stato che intenda realizzare un suo sogno di predominio mondiale, di monarchia universale, rispondiamo:

1) che sarebbe questa Tunica via per quello Stato di suicidarsi, in quanto alia fine resterebbe soffocato dalle unit& nazionali aggregate;

2) che noi non avremo che da compiacerci di questa unificazione ed in solidarietft con i proletariat! di tutto il mondo cui saremo affiancati, potremo ripetere - mutatis mutandis - la frase di Calligola : « vorrei che i miei sudditi (per noi: gli Stati) avessero una testa sola, per poterli decapitare con un colpo solo ».

Questa e la logica delT anarchierao : d la logica stessa di quei cristiani che inviati dall' iinperatore a respingere i Parti, si ammutinarono rifiutandosi di iivanzare a batta-glia e giustameute argomentando che penetrassero pure i Parti nei confini dell' Impero: sarebbero stati alfine con-quistati dalla superiore civilta latina. E' la logica stessa dell'asino di Esopo che di fronte all' incontro con i la<3ri e agli incitamenti del padrone a fuggire per salvare iji carico prezioso, rispondeva: fuggisse pure il padrone, non avendo egli interesse alcuno alia fuga, perchfc il suo de-stino sarebbo stato sempre di servire sotto questo o sotto quest' altro padrone ladro. Noi auspichiamo tuttavia un

avvenire liel quale non sia piu lecito paragonare il popolo air asino, animale da fatica e da bastone.

L9 autonoinia

Noi anarchici, per le nostra esperienze, sappiamo che T attivita antimilitarista si presta a molti equivoci e sor-prese. Troppe volte e avvenuto che antimilitaristi ad

oltranza si sono trasformati improvvisamente in militaristi

, % t

fanatici ed aggressivi. Percio vogliamo andar cauti con 1-antimilitarisrao . degli... altri. E' evidente ormai che si pu6 fare dell' antimilifarismo per ragioni tutt' altro che accettabili dal punto di vista anarchico. Si pu6 fare ad esempio dell' antimiJitarismo demagogico a scopo elettorale per poi fare del militarismo quando si fc al potere (e come una classe dirigente potrebbe difendere i suoi previlegi senza una guardia armata?). Si puo fare dell' antimilita-rismo in casa nostra per favorire il milittirismo degli stati viciniori.

Per questo specialmente iu Italia occorre fare una politica antimilitarista autonoma.

Troppi sono gli equivoci che appestano la vita politica italiana perchfc noi possiamo sperare che certi contatti con altri gruppi politici non compromettano il nostro movi-mento. Ed a prescindere dal fatto che ogni accordo su base contrattuale fra la F.A.I, ed un partito politico 6 tecnicamente ineffettuabile restando la F.A.I, un movimento con diretta e individuale responsabilitA di tutti i militanti nell'attuare un certo indirizzo politico nientre i partiti sono affidati al potere dfscrezionale di capi con facoltA di impegnare i gregari; a prescindere da tutte le difficoltA della politica unitaria che finirebbe per legare gli anarchici a correnti tutt' altro che rivoluzionarie o addirittura con tro-rivoluzionarie, noi anarchici dobbiamo riaffeimare che la sola via da seguire £ quella dell' autonomia assoluta

integrate inderogabile, della sua autodecisione in ogni eon-tingenza, della sua distinfca personality e delle sue respon-sabilitA scisse da quelle eventuali d' altri, del suo distan-ziamento in avanti da tutti gli attardati ed i ritardatari della rivoluzione. Ed anche quello che & convenuto cbia-mare «1' appuntamento unico » deve essere considerato incontro occasionale, fortuito inerodarsi di azioni che seguono raetodi diversi e puntano su diversi obiettivi, senza inutili affettuositA dell' ora.

Solo con certi gruppi tanto piu vicini a noi quanto piii lontani dall' influenza dei partiti, con certi gruppi di gente libera ed indipendente, sincera e voleuterosa possiamo prendere accordi particolari, stabilendo tassativamente e preveutivamente oggetto, estensione e durata di essi.

In conclnsione i compagni apprendano il senso della inconfondtf>ile individuality del nostro movimento anche snl t^rreno dell'antimilitarismo. Qui piii che altrove l'auto-nomia $ segno, condizione e garanzia di forza, specie quando alia base si estrinseca in contatti che non sono contratti, in rapporti di frauca e leale collaborazione con i gregari dei partiti, in rapporti proficui anche dal punto di vi6ta proselitistico oltrechfc da quello importantissimo di una esemplare lezione di serietA politica, in rapporti che sono molto piu utili di certe relazioui di alleanza, di non aggressione, di buon vicinato in alto, destinate solo ad awantaggiare il piu forte od il piu sfacciato.

Iniziativa

Tutte le iniziative sono buone quando siano dirette a realizzare una resistenza attiva ed efficace. Non & obbliga-torio enumerarle. Rientra nei nostro metodo lasciare ad ognuno la piu ampia liberty di intraprendere, da solo o associato con altri, quel lavoro che egli crede piu oppor-tuno.

Id altri nostri appeili potrerao divulgare istruzioni, coiuigli, raccomandazioni.

Ma ddvono esserei sopratutto i singoli che in piena indipendenza pensano le iniziative e prendono il coraggio morale per inetterie in atto.

Eld anche il coordinamento nazionele ed internazionale di tutte queste iniziative non deve provenire da centrali burocratiche (si 6 recentemente proposto di istituire un Ministero della Pace !!!), ma svilupparsi spontaneamente dai basso.

Per concludere ci perraettlamo di esprimere il nostro pensiero su quella che consideriamo 1'iniziativa N. 1, con-dizione e base di partenza per tutte le altre: il potenziare P anarchismo in Italia.

Non basta infatti annunciare una terza via; bisogna creare una terza forza capace di percorrerla. .

II movimento anarchico pud essere effettivamcnte que-8ta forza in quanto £ ormai diffuso in tutta Italia, fe un corpo organico vivo e vitale, un complesso coerente di idee e di volont^ che risponde ad esigenze universali.

La presenza di un moviinento anarchico forte in Italia fc la speranza di tutti coloro che hanno a cuore la causa della giustizia e della liberty nel nostro paese. Altresi tutti coloro che auspicano un mondo di pace di concordia fra i popoli seutono che solo un movimento anarchico forte pu6 sbloccare la presente critica situazione internazionale.

E' il popolo tutto che al di 1 k delle manovrate con-sultazioni elettorali vede negli anarchici i suoi deputati di pace, presenti ed attivi sui terreno della resistenza diretta.

Noi dobbiamo rispondere a queste speranze moltipli-cando i nostri sforzi contro il militarismo e contro la guerra.

E nella sciagurata eventuality che questa scoppi, lavo-rarvi dentro per trasformarla in una avvampante rivoita di tutte le sue vittime contro i criminal!* responsabili.

E sopratutto nei corso del conflitto ogniqualvolta si apriranno breccie all' azione diretta intervenire incuneando nei!' agitata rmlta esperitnenti di ricostruzione anarehica, instaurando delle inserzioni anarchiehe nella society ca-dente, preparando oasi di libertA dove i rinsaviti ed i di-sillusi possano uno ad uno ristorarsi e rieducarsi, inaugu . rando inline nuovi piani di vita collettiva sui quali domani 1'amanita aflranta e disperata possa trovare riposo e eon solazione.

Oil anarchici lanciano alia gioventii di tutto il mondo il loro contr* ordine:

" Metro f ront / JCompete le righe I „

LIRE SO