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CARLO PISACANE

LA VITA, LE OPERE, L'AZIONE RIVOLUZIONARIA

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ROM A-F1REN/.E F. SERANTONI, Editore 1904

BIBLIOGRAFIA

Carlo Pisacane : Testamento Politico. — Ancona, 1880. Carlo Pisacane : Saggi storici, politici, militari sull'Italia, —\ Genova, 59-60. >

Venosta Felice : Carlo Pisacane e Giovanni Ni cot era o la spedizione di Sapri. — Milano, 1876.

Saverio Merlino : Carlo Pisacane. — Milano, 1878.

Carlo Pisacane : Saggio sulla rivoluzione. — Bologna, 1894.

SUb. Tip. « VTRGILIO „ Via Lambro, 12 - Milano 1907

CARLO PISACANE

I.

Questo eroe dell'azione e del pensiero occupa un po-sto che non gli spetta nella storia contemporanea, al-raeno in quel la storia conosciuta per tale dai piu, illu-strata ed insegnata nella nostre scuole e scritta nei libri che hanno maggiore diffusione. Cio fa si che di Carlo Pisacane si sappia da tutti il nome, da pochi la vera es-senza; — da molti si sappia come visse, che cosa fece e come mori; da quasi nessuno come penso, perche agi e quale idea lo conducesse a morire sotto i col pi ignobili dei villani nei dintorni di Sapri.

Carlo Pisacane, che Victor Hugo disse piu simpatico ancora di Garibaldi, ha dettato ai poeti romantici e pa-triottici versi gentili ed a qualcuno ha fatto anche ten-tare il poema; la sua figura e stata idealizzata, n& questo e un male. Chi non ricorda i facili e leggiadri versi •del Mercantini?

l)agli occhi azzurri e dai capelli d'oro Un giovin camminava in mezzo a loro...

Ma, nascosto entro la nube deH'idealismo patriottico, il < bel capitano » dei trecento caduti a Sapri, una delle Termopili della uni&cazione d'ltalia, ai nostri tempi di positivismo e di ricerche scientifiche, non appaga piu completamente il nostro desiderio di sapere. Nonostante, c'e come una congiura — c'e stata, almeno, rolta appcna da qualche tentativo mal riuscito — per non lasciar fuggire l'eroe dalla sua nube di poesia e di romanti-cisrno; se pure non si vuol tener conto che gli amici. delle odierne istituzioni, cosi maniaci ncl voler ineom-brare tutte le piazze ed i trivi del bel Paese con statue erette a quanti, bene o male, prepararono ad essi la cuc-cagna del potere, che questi uomini, dico, di Carlo Pi-sacane hanno taciuto quanto piu era loro possibile, e piu hanno taciuto di cio che di fronte ai lavoratori del braccio e della mente e deU'eroe di Sapri ii monumento imperituro: il suo pensiero.

La poesia e la leggenda e dimenticata presto; la vita materiale, sia pure eroica, d'un uomo perdc coll'andar del tempo sempre piu la sua importanza agli occhi dei futuri. Cio che resta e l'idea che ha fatto vibrare la poesia, che ha dato anima all'azione deU'eroe; e la vita del l'eroe e la poesia che la circonda a un sol patto con-servano imperitura la freschezza dei ricordi e dell'entu-siasmo dinanzi ai posteri, a patto che se ne scorga chiara la relazione col pensiero che ha guidato l'eroe sul suo cammino terreno; e che questo pensiero contenga in se una promessa ed una speranza precorritrice dei tempi.

Eroe e martire della rivoluzione politica, Carlo Pisa-cane fu anche uno dei piu grandi precursori della rivoluzione sociale, uno dei primi che alle odierne aspirazioni delle societa umane hanno dato una base ed un con-tenuto positivo. Come italiani dobbiamo essergli ricono-scenti per cio che ha fatto onde non fossimo piu sotto-posti alia ferula borbonica, al mordacchio papalino ed al bastone tedesco; come uomini che combattono per la fratellanza internazionale dei popoli, per la vera ugua-glianza economica e per la liberta integrale di tutti, anche maggiore riconoscenza gli dobbiamo; a lui, che rrentre ci insegnava Gon l'esempio come si lotta e si muore per una idea, ci dettava fin da allora le prime parole della nostra idea socialista e libertaria.

Guardiamo dunque a Carlo Pisacane, come a Maestro del pensicro e dell'azione.

Carlo Pisacane nacque a Napoli il 22 agosto 1818 dal Dtica Gennaro di San Giovanni e da Niccolina Basile De Luna. Avendo perduto alleta di ("> anni il padre, *ette anni dopo la morte di questo fu rinchiuso in col-legio (1831), e precisamente net Collegio Militare della Nunziatella. Quivi si distinse subito per il suo ingegno svep-Jiato, specialmente nelle matematiche, cio die rive-lava la praticita insieme e 1'acutezza della sua mente. Ancora collegiale, per quattro anni visse alia Corte di Napoli, come paggio del Borbone, rimanendo pero sem-pre di costumi morigerati ed alteri. NelTanno 1839, dopo aver superati splendidamente gli esami, usci di col-legio. Ave\a 21 anni.

Fra i suoi concittadini sail presto a una certa rino-manza come ingegnerc, sopratutto ingegnere militare; ed il governo lo adibi alia costruzione della ferrovia fra Napoli e Caserta. Dopo un certo tempo parti per gli Abruzzi. dove passo un circa 15 mesi; e ritornato quindi a Napoli, fu promosso daH'autorita militare al grado di sottotenente. Qui la sua vita trascorse senza incidenti notevoli, se ne togli che una sera nel rinca-sare venne assalito e ferito a morte da un ladro che ten-tava derubarlo. Guarito, ebbe dal capitano Gonzales in-carico di andare a dirigere la costruzione di una strata alTAnti^nano.

Intanto, da qualche tempo la sua attenzione era stata richiamata sugli avvenimenti politici che si andavano succedendo; e la sua mente non poteva non occuparsi delle ouestioni piu urgenti in quel tempo. II suo tempe-i;amento, la educazione ed istruzione che si era andata man mano impartendo da se stesso, non tardarono a far^li accettare le idee politiche piu avanzate, a fame in una parol a un rivoluzionario. Cos! si sviluppo in lui il desiderio d'una patria unita e della liberta, insieme ad un odio profondo per il regime « paterno » dei Borboni. Fu cost che. desideroso, come sempre si dimostro in se-guito, di essere coerente a se stesso, 1'8 febbraio 1847 rinuncio al suo impicgo ed al suo grado ed emigro a Londra.

Prima di seguirlo nella via avventurosa e battagliera dellesilio dobbiamo accennare alia parte intima ed affettiva della vita di Carlo Pisacane. Egli fin dalTeta di 120 13 anni, prima cioe di entrare in collegio, sera invaofhito d'una fanciulla sua coetanea; e quando usci la trovo gia sposata. Cio non valse agli occhi suoi, ed anzi il tempo aveva raddoppiato il suo amore, che, con-diviso dalla donna am at a con pari intensita, spinse que-sta a lasciare il marito per seguire l'amante. Noi non fa-remo certo i puritani a questo proposito. Si sa come in quel tempo, e in certi ambienti anche presentemente, si combinavano i matrimoni: la donna quasi sempre era gettata nelia braccia e sul letto d'un uomo prima d'al-lora appena conosciuto e quasi mai amato. Questa donna aveva quindi il diritto di ribellarsi ad una unione che era stata forse un mercato, alia quale non era in grado di consentire scientemente. Di questo diritto si v.alse la signora D. che divenne da allora in poi la fida compagna di Carlo Pisacane, da cui ebbe una figlia, Silvia, adottata dopo la morte del padre e della madre da Giovanni Nicotera. Questa donna segui Pisacane

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dappertutto, nella buona e nelTavversa fortuna, sua consolatrice.

E il nostro rivoluzionario, rimanendo a lei fedele fino alia morte, dimostro con lesempio la superiorita della unione libera determinata dall'amore, sulla unione legale forzata basata in interessi estranei al sentimento.

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Dopo breve soggiorno a Londra, Carlo Pisacane parti per Parigi, dove sollecito il permesso di entrare nella legione straniera per addestrarsi alia vita militare, in vista degli avvenimenti che da un giorno all'altro pote-vano richiamarlo in Italia. Bisogna ricordare che a quel tempo, non risolta ancora per tutte le nazioni europee la questione politica, questa incombeva su tulti e ne deter-minava le attitudini. In un tempo in cui dalla sorte delle armi dipendevano molti problemi, anche nelTin-teresse della liberta era duopo essere alle armi adde-strati per non essere inadatti anche in tempo di guerra a fare il proprio dovere rivoluzionario.

Entrato Pisacane nella legione straniera come sotto-tenente, il 5 dicembre 1847 niandato in Africa a com-battere contro gli Arabi. E quivi si distingueva pel suo valore e coraggio, quando gli avvenimenti d'ltalia lo richiam,arono in patria. II 12 gennaio 1848 Palermo era insorta, e 1' 11 febbraio susseguente il Borbone era. costretto a largire al popolo la Costituzione. Tutta l'l* talia era in fiamme — anzi tutta Europa — e Carlo Pisacane non poteva certo rimanere in Africa ad azzuffarsi cogli Arabi, che alia fin dei conti combattevano an-ch'essi per la propria liberta.

Ottenuto il congedo, egli torno in Italia mentre si pre-parava la guerra contro 1'Austria. Corse a Milano, 0 su-bito si arruolo fra i volontari della legione Borra. coi quali combatte poi valorosamente nel Tirolo. A Milano conobbe Carlo Cattaneo e gli altri animosi eroi delle Cinque Giornate; e fu per incarico appunto del Cattaneo ch'egli scrisse in quel tempo la sua memoria sul

MomenUinco ordinamento dell esercito lombardo del

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184.8, in cui mostro fin da allora l'estensione e la pro-fondita delle sue cognizioni e vedute tecniche in materia guerresca e rivoluzionaria.

Ma intanto a Napoli il Borbone affogava nei giorni luttuosi del 14 e 15 maggio la Costituzione nel sangue. O^ni alito di liberta fu soffocato in tutto il reame con 1? stragi del giugno in Calabria e con quelle del set-tembre in Sicilia, la cui resistenza ultima fu vinta. A Milano pel tradimento clei moderati e de monarchic! tor-narono gli Austriaci, vinti gia dalla rivoluzione, ma vin-citori d'un esercito regio da cui lo spirito rivoluzionario era bandito. Carlo Pisacane si rifugio in Svizzera. Qui per la prima volta egli vide e conobbe Giuseppe Maz-zini, cbe gli pose subito grande stin-a, malgrado il di-saccordo e^idente di metodi e di idee fra i due uomini. Desideroso di moto e di lotta sul campo dell'azione, sul la fine del 1848 Pisacane entro in Piemonte per ar-ruolarsi neU'esercito sardo, che doveva continuare la guerra all'Austria.

.Ma non appena si seppe della sollevazione di Roma ch 1 febbraio '^4.9, egli prese congedo e vol6 a Roma a portare alia giovane repubblica laiuto del suo polso d'acciaio, del suo ingegno e della sua esperienza nelle cose di guerra, su cui aveva fatti seri e profondi studi. Infatti dal governo repubblicano fu subito nominato menvbro della Commissionc di guerra; e come tale egli fu che diede il trigliore ordinamento alle milizie rivo-luzionarie di Roma. Pero desideroso come sempre di unire Tazione al pensiero ed al consiglio, l'esser egli uno

- vT.

dei capi tecnici delTesercito dei volontari non gVimpedi di combattere a franco di Garibaldi di perso'nia cori l'armi alia mano, e di prender parte a quasi tutti gli scontri col nemico.

Giuseppe Mazzini gli continuo anche allora la sua stima. benche fosse l'avversario accanito che tutti sarino delle idee razionaliste c socialiste del Pisacane; e lo fe£e colonnello. A proposito di Garibaldi, non torna inop-portuno riferire il pensiero del nostro Pisacane, pensiero di positivista e di libertario, suirentusiasmo dei volontari per l'Eroe dei due mondi. « Guai — egli diceva — allorche le masse giungono a credere alTinfallibilita ed inviolabilita d'un uomo! Guai allorche le masse si av-vezzano alia fcde e non alia ragione! e questo il segreto sul quale fino ad ora si e basata la tirannide, che ha tro-vato facile la strada del conseguimento dei suoi di-segni; dappoiche il pensare e fatica dalla quale rifug-gono le moltitudini corrive sempre al credere.

Vinta la repubblica romana dalle armi francesi mandate dal Bonaparte, Carlo Pisacane fu prima imprigi6-nato e quindi espulso da Roma. Ed egli se ne ando in Svizzera, a Losanna, da dove collaboro asslduamente nel giornale che Giuseppe Mazzini ed altri avevano foil-dato cola, Lit alia del Popolo. In questo giornale egli svolse le sue idee contro gli eserciti assolda(i e permanent^ e sui fatti di Roma dal punto di vista militare. Dopo tre mesi di permanenza in Svizzera passo per Lond.ra; e fu appunto a Londra che, datosi con maggidr ardore agli studi delle questioni sociali, approfondi le sue idee in proposito ed accentuo ancor piu la diffe-renza delle opinioni sue da quelle di Mazzini e dei pa-triotti italiani.

Torno quindi daccapo nel 1850 in Svizzera, .e ani'o questa volta a Lugano, dove scrisse la sua: memoria sul la Guerra combattuta i?i Italia nel 1848-49. In q'ue-

st'opera le sue idee rivoluzionarie ed antiautoritarie si determinano ancor piu: in esse dice che non bisogna avere alcuna fiducia nei principi e nella diplomazia per i! trionfo della liberta, e combatte il principio della di-sciplina che suole essere imposta ai militari. Fedele ai suoi principi razionalisti e social isti, sostiene che « la miseria e la religione sono i primi ausiliarii dei despot*' . che « non si salvano le nazioni marciando alia guerra sotto Tinsegna del privilegio e del cattolicismo che la religione e Tostacolo piu potente che si opponga al progresso deH'umanita ».

* * *

Sulla fine del '850 Carlo Pisacane torno in Italia, recandosi a Genova, dove, prima di ottenere il permesso di soggiornarvi liberamente, dovette restare per qualche tefmpo nascosto; ottenuto questo permesso si diede con maggiore entusiasmo alio studio indefesso dei problemi politici e sociali, che gli erano prediletti e non aveva mai abbandonati. Per essere anzi piu tranquillo si ritiro ad abitare sul vicino colle di Albaro, in una specie di romitaggio. Intanto, nel 1851, l'editore G. Pavesi gli pubblicava la sua opera scritta a Lugano, La guerra combattuta in Italia nel 184-8-49.

Lorrico. franco, integro, d'una fedelta a tutta prova alle sue idee, non arresto, come molti fanno, la coerenza con queste al di fuori della sua vita intima, ma la man-tenne anche dentro Tambito della propria famiglia. Ouando nel 1853 gli nacque la sua bambina, non voile battezzarla, e solo ne fece una notifica per atto notarile al solo scopo di non privare la figlia dei diritti suoi dinanzi alle leggi civili.

Fu nel suo romitag-g-io di Albaro che Carlo Pisacane scrisse 1'opera piu importante del la sua vita che com-pleto nei 1855, e cioe i Saggi storici-politici-militari sulci lalia, libro che si divide in quattro parti: 1° Cenni storici. 20 Cenni storici-militari. 30 La rivoluzione. 4: Ordinamento delVesercito italiano. II libro non trovo subito editori, e solo fu pubblicato quando leroica mor-te del suo autore richiamo la generale attenzicne sul suo nome, nei 1858-1860. Oltre questo libro, e 1'altro accen-nato sopra, Pisacane ha scritto altre cose di minore import an za, fra cui una polemica col generate Rosselli sui fatti militari di Roma nei 49 nei giornale La voce delta liberta, uno scritto per combattere le pretensioni del la famiglia di Murat al trono di Napoli, « Italia e Murat » nei N. 225 del Dirittoy ed un altro scritto « Murat e i Borboni » pubblicato nei N. 263 deWIiaha del F'opolo.

Mentre il pensatore elaborava le idee, l'uoziio d'eizione non rimaneva ozioso. Carlo Pisacane continuo sempre a mantenersi in relazione coi suoi amici politici, special-mente col Comitato Nazionale di Napoli e col barone Giovanni Nicotera che risiedeva allora in Torino. Quando credette opportuno il momento di seguir piu dap-presso gli avvenimenti, lascio Albaro (1856) e torno a Genova,

II.

Prima di seguire la vita del nostro rivoluzionario fino al suo epilogo, al sacrificio generoso di se stesso sul-laltare del la liberta all'ultimo martirio, arrcstiamoci un istante a considerare la sua opera di pensatore e di filosofo.

Nei 1856, quando lascio il romitaggio di Albaro, la

elaborazione delle sue idee era in certo modo compiuta.

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Da allora fino alia morte, e non vi fu intervallo che di pochi mesi, tutta la sua energia la dette all'azione, fedele al suo principio che la miglior predicazione si fa con lesempio, che la miglior propaganda e quella che si fa col fatto. A proposito della propaganda col fatto egli scriveva appunto che « la sola opera che puo fare un cittadino per giovare al paese, e quella di cooperare alia rivoluzione materiale... II lampo della baionetta di A^esilao Milano fu una propaganda piu efficace di mille volumi scritti dai dottrinari. » (Teslamento Politico). Seguendo questo suo concetto egli s'avvio al sa-crificio.

Per comprendere, ripeto, l'importanza dell'azione di Pisacane, occorre saperne il pensiero. Ed il pensiero suo egrli disse sopratutto nelle due opere principali da lui scritte e da noi sopra citate: La guerra combattuta in Italia ncl 184.8-4.9, e i Saggi storici-politici- mil it art.

Di queste due opere, certo gran parte non e piu di attualita. Molte cose hanno perduto d'interesse, parec-chie sono state smentite da una susseguente esperienza. Com'era naturale, si riscontra in esse una evidente con-trad izione fra il teorico che vede tempi ancora lontani e .l'uomo d'azione costretto a maneggiare armi non sue, ad accettar temporaneamente metodi non approvati. Co-si, egli nimicissimo delle sette e delle congiure, dove congiurare ed insegnare agli altri a congiurare; nemico del militarismo, fu per quasi tutta la sua vita un mili-tare e scrisse opere di guerra e di milizia; nemico d'ogni princinio d'autorita, fu autorita egli stesso e capitano d'.uomini anco andando a morire; negatore del patriot-tismo ed internazionalista, combatte tutta la sua vita per la liberazione della patria contro lo straniero... Ma la contraddizione e piu apparente che reale; e fu in ogni modo contraddizione dei tempi, non del l'uomo, causata dal fatto che mentre altre nazioni avevano conqui^tata riinita della patria e s'erano quindi date ad elaborare 1? nuove idee del soeialismo e di emancipazione del •quarto stato, in Italia c'era ancora il terzo stato schiavo, c'era ancora il principio di nazionalita da riaffermare. « Ripassin FAlpe e tornerem fratelli! » gridava fra un momento e l'altro di paura il buon Manzoni.

E Carlo Pisacane subi l'imposizione dei tempi, max pero lasciando di affermare le sue idee, e, individual-mente, mai ad esse facendo oltraggio con la menzogna. Come dice il Colaianni « era, a giudizio di Pisacane, utile, era necessario che si sperimentasse la vanita della ricostituzione della nazione! » E soddisfacendo alia vanita del suo tempo, seppe combattere e morire, insegnan-do come si sarebbe dovuto combattere e morire per le idee da lui, fra i primissimi in Europa, enunciate in una forma razionale e scientifica.

Queste idee, sparse un po* dappertutto nei suoi libri ed articoli di giornali, sono in special modo condensate ed esposte ampiamente e difese nella terza parte dei suoi Saggi, precisamente in quello che ha per titolo: J.a rivoluzione (i).

II Saggio stilla rivoluzione ai tempi nostri, in cui in Italia si sente il bisogno di ricorrere agli stranieri per attingerne idee e; metodi di lotta, merita di essere addi-tato come il libro in cui sono, alcune adombrate ed altre •sviluppate, tutte le idee modeme di filoso&a della sto-ria, di soeialismo e di rivoluzione sociale. Non che una verita non sia ugualmente tale se importata dalFestero

(i) Ouosta parte dei Saggi del Pisacane £ stata ripubblicata nel 1S94 dalla libreria Treves di Bologna, con una prefazione di N. Colajanni sotto il titolo : Saggi sulla rivoluzione. L'e-dizione e esaurita. Perche qualche coraggioso editore non ne fa una cdizione nuova?

invece che rivelata la prima volta al di qua delle AlpL Ma a me sembra che sia una cosa molto poco « scienti-fica » presentare per nuova una teoria gia vecchia, e aspettare ch'essa ci venga in forma astrusa non consen-tanea alia indole del nostro ingegno, tradotta e debi-tamente condensata e ridotta in pillole dal di fuori, quando in forma migliore e piu consentanea alle nostre roenti meridionali potremmo apprenderla da un libra di penna italiana, sol che ci affannassimo a scartabel-lare qualche catalogo delle nostre biblioteche.

* * *

Chi legge il saggio sulla Rivoluzione del Pisacane prova una grande soddisfazione unita a sorpresa, quel la sorpresa che faceva gridare di gioia: Eureka! Eureka! he trovato gli scritti di Pisacane! al nostro Carlo Ca-fiero, che ritrovava nel libro d'un italiano le idee da lui in parte esposte poco prima nel suo compendio del Capitate di Marx, il primo compendio dell'opera del pen-satore tedesco che si sia fatto in Italia.

Infatti, il concetto marxista della massima importan-za della questione economica in rapporto alia minima di quella politica, si trova affermato e delucidato in Pisacane alio stesso modo se non piu che nei libri di Carlo Marx e dei marxisti. L'interpretazione materialistica della storia e sviluppata (non importa che le parole ma-terialismo storico non vi sieno pronunciate, dal momento che ce n'e Tidea) nel Saggio sulla rivoluzione piu che non sia accennata nel celebre Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels. Perfino la teoria della concentra-zione del capitale, ormai dimostrata inesatta e che ha fatto tanto furore fino a poco tempo fa, e della miseria crescente, h detta da Pisacane in pagine che, afferma il

Colaianni, sembrano stralciate da Henry George. Cosl la stessa modernita di idee in Pisacane si riscontra ^quando (1) scrivc della fatalita delle rivoluzioni> della minima influenza della propaganda delle idee e della massima pressione dei bisogni.

Pisacane, pur professando la massima stima, affetto e rispetto per Giuseppe Mazzini, molto prima di Michele Bakounine critico asprairente le dottrine del Maestro repubblicano ligure, sopratutto le idee religiose ed i me-todi autoritari.

Nel Saggio sulla rivoluzione, infine, — continua a dire Napoleone Colaianni nella prefazione succitata — s; rinviene nettamente delineata la teoria anarchica col considerare il governo come un'ulcera, nel ritenere che una societa si livella da se e che la liberta non si ap-prende dagli educatori; nel combattere le leggi perchb riescono sempre a beneficio dei privilegiati che le fanno, nel giudicare che dev'essere spontanea la reciproca li-mitazione tra i diritti di tutti e legittima la soddisfa-zione di tutti i bisogni e delle inclinazioni di tutti; nel propugnare la formula: Liberia e Associazione, da so-stituirsi a quel la mazziniana: Dio e Popolo, e all'altra francese: Liberta, ~Uguaglianza e Fraiellanza, che ai tempi di Pisacane erano in onore tra i rivoluzionari i-taliani. » (OP. cit., pag. VII, VIII).

Di mettere in luce le idee rivoluzionarie, razionalisti-che, socialiste e libertarie di Carlo Pisacane aveva in animo, prima che la malattia tremenda che lo con-•dusse al manicomio e quindi alia tomba lo assalisse, il nostro Carlo Cafiero. Altri ne han parlato piu o meno,

(i) Prefazione di N. Colajanni al Saggio sulla rivoluzione, < IJ brer i a Treves, Bologna, p. VII).

fra cui gli amici Saverio Merlino in un opuscolo pub-blicato a cura della Plebe in Milano nel 1878 (se non erro), Domenico Spadoni in un articolo o due della Critica Sociale di Milano di qualche anno fa, Niccolo Converti in diverse puntate della Questionc Sociale di Paterson del 1895-96. Quosto, senza parlare di altri au-tori, di altri articoli di giornali e di riviste in Italia e all'estero. Manca pero ancora lo studio coscienzioso, che senza settarismo rimetta ancor piu in onore la figura del Pisacane, come filosofo oltre e piu che come eroe.

Tale studio ci mostrerebbe Carlo Pisacane come uno dei

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piu grandi ed acuti precursori della rivoluzione, come il primo pensatore e teorico del socialismo anarchico. Egli infatti, lungi dalle astruserie metafisiche e para-dossali di Max Stirner come dal confusionismo e dal praticismo opportunista di G. P. Proudhon, fu il primo a fare una critica ragionata del principio d'autorita e del privilegio di proprieta individuale, che coonesto 1'idea della liberta individuale a quella della socializ-zazione del capitale, che vcdendo inseparabile la quc-stione politica da quella economica, disse non potervi essere liberta laddove c'e privilegio, e che piu forte e piu nocivo dei privilegi e quello che fa dei pochi i pa~

droni di tutto, e dei molti i servi di pochi.

*

* *

Un altro dei suoi meriti e quello di essere stato molto meno unilaterale di molti socialisti venuti dopo e che si sono chiamati da se stessi scientifici. Piu scientifico di tutti. e meno dogmatico, assegnando a ciascuno dei pro-blemi che agitano il pensiero contemporaneo il suo va-lore, non trascuro a profitto di uno solo tutti gli altri lati della questione sociale. Cosi, dando al lato econo-mico della questione la piu grande importanza, non tra-scuro il lato politico, e disse che Tuguaglianza econo-mica non avrebbe potuto essere garantita che da una eguaglianza radicale in politica, e cioe dalla liberta individuate, non inceppata da leggi o governi, di ciascun associato.

Lungi dal trascurare la questione religiosa, ne affermd la grande importanza, cd ateo egli stesso, cerco di di-mostrare la iniquita di tutte le religioni, e soprattuto quel la del cattolicesimo. Molta parte del primo capitolo del suo libro su La Rivoluzione intende a demolire l'i-potesi religiosa e deista della creazione. Nonostante, ii suo ateismo non e una specie di bigottismo a rovescio come quello di molti nostri anticlericali, e non e nep-pure I'apriorismo dogniatico di molti materialisti alia Biichncr. Da buon positivista egli non immagina, non afferma a priori. Sentite:

<r Chi ha creato il mondo? Nol so. Di tutte le ipotesi la piu assurda e quella di supporre 1'esistenza di un Dio, e Tuomo creato a sua immagine; questo Dio, l'uomo Tha creato ad immagine propria, e ne ha fatto il Creatore del mondo; e cosi una particella e diventata creatrice del tutto. »

Sviscerando la storia e interrogandone la filosofia, Carlo Pisacane rintraccia le origini religiose di tutte le tirannie e di tutti i privilegi, dimostra la enorme influenza perniciosa di tutte le religioni, e, preludendo aeli ultirni moderni studi critici sul cristianesimo, nega che questo abbia portato alcun bene&cio allumanita, smentendone altresi la leggenda d'una origine libertaiia ed egualitaria.

« Se qualche aspirazione alia fratellanza v'e stata, dice Pisacane, Vavvenire imma ginato dai cristiani in talt aspirazione sarebbe stata la trasformazione del mondo in un convento... Per contro le dottrine dei moderni so-

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cialisti, fra le loro massime, non avvene alcuna che dis-solva o avvilisca; gli uomini oggi si associano non gia per pregare e soffrire, ma per prestarsi vicendevole aiuto, lavorando per acquistare maggior prosperity e per com-battere; Faspirazione del socialismo non e quel la di a-scendere in cielo, ma di godere sulla terra. La differen-za che passa tra esso e il Vangelo e la stessa che si ri-scontra fra la rigogliosa vita di un corpo giovane, ed il rantolo di un moribondo. » (Saggio sulla rivoluzione. Edizione citata, pag. 69-70).

Come si vede, Carlo Pisacane non sottintende la sua fede socialista; socialista si dichiara ed il socialismo difende a spada tratta. Gia nella prima parte dei suoi saggi (Cenni storici) aveva affermato che « la proprieta, primo errore deH'umano istinto, era la piu potente, se non la sola cagione della cancrena sociale. » E prima ancora, nel libro La guerra combattuta in Italia nel 184.8-4.Q1 aveva detto che a il progresso mira ad ugua-gliare tutte le classi. ed a proclamare la sovranita del diritto »... nel senso di un « socialismo fondato sull'u-tile di ciascuno, e non sull'abnegazione e sul sacrifi-cio... » Nella medesima opera egli aveva gia fatto il processo alia borghesia (0 nel modo piu severo, ma sempre sopra un terreno eminentemente scientifico. La frase celebre di Prampolini « La miseria non nasce dal-la malvagita dei capitalisti, » con quel che segue di buono, ma non con Tultima illazione pessima, era stata gia detta da Carlo Pisacane nel I.a guerra combattuta: « E^Ii e una verita incontrastabile, che i mali delle na-

(1) Ecco il giudizio che Pisacane da della borghesia: La borghesia, impotentc per se medesima, in Europa e tirannica ove regna, e demagoga ove e scrva. (La guerra combattuta, ecc.).

zioni non dipendono dagli uomini, i quali non sono che i frutti delle loro costituzioni sociali, e da cui non bi-sogna attendere un'abnegazione sinora sognata per man-canza di principii. » In qualche modo si direbbe che Pisacane precorre il venturo socialismo marxista anche nelle sue esagerazioni fataliste.

Cos! pure egli enuncia la teoria della lotta di classe applicata alia storia nel modo piu moderno, seguendo l'evoluzione del proletariato nel la triplice fase della schiavitu, del servaggio e del salariato, proclamando la nccessita che anche quest'ultimo giogo sia scosso e che gli operai inalzino la bandiera che sventolo a Lione nei 1833, su cui era scritto: Yivre en travillant, ou mourit cn combattanty il motto cioe che Filippo Turati ha tra-dotto nel suo inno col ritornello:

() vivrcmo del lavoro,

() f)uirnando si morra.

SO

ottenere non altro compenso che l'accettazione delle sue idee, b

Ed il tipo di societa verso cui secondo Pisacane gli oomini devono avvicinarsi e... « quella in cui ciascuno fosse nel pieno godimento dei propri diritti, che potesse raggiungere il massimo sviluppo di cui sono suscettibili le proprie facolta fisiche e moral i, e giovarsi di esse sen-za la necessita o d'umiliarsi innanzi al suo simile, o di sopraffarlo; quella societa, insomma, in cui la liberta non turbasse l'eguaglianza; quella in cui in ogni uomo il sentimento fosse d'accordo con la ragione; e in cui niuno fosse mai costretto di operare contro i dettati di questa, o soffocare gli impulsi di quello. In tal caso l'uomo ir.a-nifesterebbe la vita in tutta la sua pienezza... (Saggio sulla rivoluzione, cdizione citata, pag. 2).

Or che cosa e questa se non l'anarchia degli anarchic! odierni? Con i quali Carlo Pisacane va molto d'accordo, per esempio, nella critica al matrimonio ed al-l'attuale organizzazione della famiglia. « Tutte le leggi, egli dice, sono scaturite dalle dipendenze che la violen-za e l'ignoranza stabili fra gli uomini; ed in tal guisa ii matrimonio risulto dai ratti, che i piu forti fecero delle piu belle, per usurparne il godimento. La natura, per contro, sottopone l'unione dei sessi alia sola legge delVamore, e se un'altra regola, qualunque siasi, inter-viene, l'unione cangiasi in contratto, in prostituzione... L'amore adunque, nel nostro patto sociale, sara la sola ccndizione richiesta a rendere legittimo il congiungi-mento dei due sessi. » (Saggio sulla rivoluzione, ed. cit., pag. 241).

Cosi, comune agli anarchici socialisti, Pisacane ha la rclazione e filiazione che egli stesso trova delle sue teo-rie dalle idee deH'utopista Fourier; comune cogli anarchici ha il concetto della rivoluzione e della espropria-la critica al suffragio universale (che chiama

amara delusione), al parlamentarismo ed al costituzio-nalismo. Ai repubblicani egli dice parole che sembrereb-bero tolte ad un giornale socialista di oggi: « ...i repubblicani dicono di non accettare il formalismo, ma combattono il comunismo, temono dichiararsi socialistic propugnano il vangelo, in una parol a niegano la rivoluzione e vogliono la rivoluzione. Quali sono le ri-forme da essi desiderate? Si ignora, 1'ignorano essi me-desimi, e pretendono che il popolo, per conquistare que-sto futuro incognito, compia la rivoluzione, ed attenda rhe Iddio comunichi le tavole della legge ad un nuovo Mose. i) (La guerra combattuta, ecc.). Chiama « strano ed assurdo argomento » quello dei dottrinari che sosten-gono « che bisogna educarsi al vivere libero, ottenere la liberta per gradi e non per salti, ed accettare una mezana liberta come sgabello alTintera, come pegno di migliore avvenire. » (Saggio sulla Rivoluzione, ediz. cit, pag. 93). « La liberta non ammette restrizioni di •sorta alcuna, ne fa d'uopo d'educazione o di tirocinio per gustarla; essa e il sentimento innato neH'umana na-tura. » .Idem, pag. 98). Si dichiara contrario alle ditta-ture rivoluzionarie (Idem, pag. 197 e seguenti), e par-lando degli eroi delle rivoluzioni, da buon positivista :sostiene che non questi fanno i loro tempi, ma sono i tempi, le circostanze e l'ambicnte che creano gli eroi.

Insomina, i libri del Pisacane sono una vere e propria miniera di idee per il socialista, per Tanarchico, per il rivoluzionario, per il sociologo. E — insisto nel notarlo — non si tratta di idee utopistiche fondate sul sentimento piu che sulla ragione; non si tratta di concezioni astratte d'un immaginoso e generoso riformatore di uo-mini, come potevano essere i Moro, i Campanella, i Saint-Simon, i Fourier, gli Owen, i Cabet, ecc., ma di tutta una serie di osservazioni, di argomentazioni e dt illazioni solide, positiviste e scientifiche, che il lettore,. sorpreso, trova di aver lette e sentite mille volte in forma meno concisa e meno chiara, da autori vissuti parec-chio dopo il Pisacane, piu di questo saliti in fama di scienziati del socialismo.

Certo, molte idee da Carlo Pisacane appena accen-nate, sono state poi ampliate e precisate meglio, inca-nalate per le vie da lui non provvedute, per le diverse condizioni politiche dell'Italia di allora e per l'assenza di un partito socialista, e sopratutto per l'assenza del proletariato come classe militante. Cio spiega le con-tradizioni del nostro autore, quando dalle idee volendo passare a dar consigli pratici, come nel capitolo ultimo, non sa spastoiarsi di tutte quelle medesime istituzioni che ha criticato tanto aspramente.

Ma questo e naturale in un precursore a cui mancava la collaborazione della piu piccola minoranza, che non aveva sotto gli occhi e sotto mano l'elemento principale per un'azione vera men te socialista, il proletariato, e su cui influivano potentemente le condizioni politiche diversis-sime del proprio paese, le quali esigevano attenzioni ed azioni politiche piu che sociali. Eppoi si sa bene c'e sem-pre incertezza in sul primo elaborarsi d'una idea; e Carlo Pisacane fu il primo (e forse il solo veramente originate, prima di Antonio Labriola) in Italia, e dei primi in Europa, a dare al socialismo un contenuto scien-tifico e veramente rivoluzionario. Forse che lo stesso Marx, lo stesso Bakounine, e tutti gli internazionalisti della prima ora, autoritari e liberitari, non vagarono in principio in una quantita di incertezze, maggiori anche di quelle di Pisacane, prima di formulare un completo-ed organico programma di azione? E c'e del resto anche oggi questo programma? E' lecito dubitarne.

Ma Carlo Pisacane ha elaborata una dottrina piu che

tan programma, ed un programma massimo piu che un programma minimo. Una azione socialista era allora impossible, e per aprire a questa la via c'era bisogno delTazione rivoluzionaria politica. Carlo Pisacane com-prendeva bene questa necessita, e non si ritiro percio sul Monte Sacro a sognare il socialismo e ad aspettare che il tempo venisse di poter agire social isticamente. Egli agi con gli altri rivoluzionari politici italiani perche questo tempo arrivasse piu pretso, ed agi in modo da insegnare con l'esempio ai socialisti doggi come si com-batte e si muore per una idea.

Abbiamo visto come Carlo Pisacane fu un filosofo ed uno scienziato del socialismo; or vediamo come sep-pe essere un eroe del la rivoluzione.

III.

Ritornato Carlo Pisacane nei 1856 dai romitaggio Hi Albaro in Genova, dagli studi scientifici e sociali al-Vazione rivoluzionaria politica, molti stenti dovette du-rare per campare la vita. Insegnava privatamente mate-matiche, e non erano molto numerose le lezioni trovate, tanto che dovette, si puo dire, soffrire letteralmente la fame, insieme alia sua compagna ed alia figliuola.

Mantenutosi sempre in relazione coi comitati rivoluzionari di Torino e di Napoli, queste relazioni fece piu vive; e sui-primi di maggio del 1857 rec^ di persona in Torino a trovare Giovanni Nicotera, per proporgli senz'altro una spedizione insurrezionale nei Napoletano. A viva voce e per lettera, sentito anche il parere dei lon-tani, fu presto tutto combinato. Sorta una idea, Pisacane non tergiversava affatto prima di porla in azione, e cor-reva diritto alia meta. Fu stabilito che Carlo Pisacane, per essere del paese e sopratutto per le sue cognizioni tecniche e militari, avesse il comando supremo della spedizione. Egli infatti si mise subito all'opera, recan-dosi clandestinamente a Napoli, dove si abbocco con gli amici piu fervorosi del Comitate nazionale, fra. i quali ricordiamo Giuseppe Fanelli, il futuro internazionalista amico di Bakounine; e tutti gli assicurarono che uno sbarco sui suolo di Napoli di emigrati politici sarebbe stato seguito da una insurrezione gencrale. Vedremo poi come questa assicurazione fosse avventata e fall ace.

Tomato a Genova, Pisacane fisso la partenza della spedizione per i lidi partenopei per il giorno 13 giugno 1857. Come si vede, non aveva perduto tempo. Ma un contrattempo fece rimandare di qualche giorno la partenza dei volontari; Rosolino Pilo, 1'eroc della rivoluzione siciliana che doveva morire vicino a Palermo nel i860 a capo dei ficciotti insorti in aiuto di Garibaldi, incaricato di portare in alto mare una barca di arnii, fu sorpreso da una tempesta, e costretto a gettare il pre-zioso carico in acqua a poche miglia da Genova. Dopo questo fatto Enrico Cosenz si rifiuto di prender parte all'-impresa, come aveva promesso; e allora Pisacane col passaporto di quegli ritorno daccapo a Napoli per con-certarsi meglio, e non far avvenire un moto fuori tempo. Ne ritorno, dopo aver prose tutte le precauzioni e aver tutto provveduto, celeremente, e stabili insieme agli altri di partire da Genova di nuovo con i volontari della spedizione, il 25 giugno, dieci giorni dopo aver lasciato Napoli.

Alia vigilia della partenza, il 24, Carlo Pisacane scrisse il suo testamento politico, in cui dichiarava di credere « che il socialismo, nella formula liberta e as-sociazioney sia il solo avvenire non lontano dell'Italia e forse dell'Europa. » Affermava in esso di non avere alcuna fiducia per il risorgimento d'ltalia nei regimi costituzionali, neppure in quello del Piemonte, che anzi

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credeva piu dannoso all'Italia di quello borbonico. Van-tava altresi la superiorita dei fatti sulle idee: « Le idee risultano dai fatti, non questi da quelle, ed il popolo non sara libero quando sara educato, ma sara educato quando sara libero. » E da questo concetto deriva la superiorita della propaganda coi fatti, cui abbiamo accennato piii sopra, e la necessita della ini-ziativa rivoluzionaria individuate con queste parole: « Alcuni dicono che la rivoluzione deve farla il paese; cio e incontestable. Ma il paese e composto di individui, <3 poniamo il caso che tutti aspettassero il paese senza far nulla, la rivoluzione non scoppierebbe mai; invece se tutti dicessero: la rivoluzione dee farla il paese di cui io sono una particella infinitesimale, eppero ho an-che la mia parte infinitesimale da compiere, e la compio, la rivoluzione sarebbe iminediatamente gi-gante »(i). Diceva essere sua opinione che la spedizione sarebbe riuscita, ma che in caso contrario disprezzava coloro che avrebbero detto folle il suo tentativo, poiche nessuno farebbe nulla di ardito se prima aspettasse l'appiovazione delle maggioranze; e concludeva di tro-var premio solo dalla propria coscienza, e dal cuore dei suoi amici e cooperatori; c che del resto, sc nessun bene fosse venuto all'Italia clal suo sacrificio, sarebbe

(i) Questo Testameiito Politico di C. Pisacane ha avuto una infinite di edizioni in Italia ed e conosciutissimo. Percio mi sembra inutile ripubblicarlo intero. Esso e stato inserito in fondo al Saggio sulla Rivoluzione (edizione citata) a pag. 266, ed e stato pubblicato, per cio che ricordo 1*0, nella vita di Carlo Pisacane dall'on. Felice Visconti Venosta, senatore del Regno, e poi a cura del I.ucifcro in Ancona, e delVUguagliansa so-dale in Marsaln.

stata sempre una gloria per lei aver trovata gente vo-lenterosa d'immolarsi al suo avvenire.

-***

Finalmente, il 25 giugno 1857, Carlo Pisacane, Giovanni Nicotera, Battistino Falcone ed altri ventidue s'imbarcarono in Genova sul piroscafo Cagliari, diretto in Tunisia, tocando la Sardegna; e si imbarcarono alia ohetichella, come passeggeri che nan si conoscessero l'un l'altro. Pero, appena lontani dal lido, a un segno convenuto si lanciarono tutti sui marinai e sul capitano, li fecero prigionieri con la forza e li rinchiusero sotto coperta. Si uni a loro, benche non fosse della partita, anche qualche passeggero, e perfino un cameriere del piroscafo. Nominato capitano uno dei loro, a 20 miglia dalla spiaggia si aspettava Rosolino Pilo che doveva anche questa volta con una barca portare un carico di armi ai volontari. Ma sventuratamente una folta nebbia impedi a Pilo di veder il piroscafo, finche s'imbatte nella sua barca un piroscafo del governo sardo, Ylsh-nusay che la catturo. I congiurati in alto mare, capito che non v'era piu da sperare su quell'aiuto, vollero pro-seguire lo stesso: — « Impareranno i moderati — disse Pisacane — come poche anime generose sappiano ini-ziare grandi fatti, armati d'un pugnale soltanto. »

Fortuna voile pero che, navigando verso Ponza, si scoprisse che nel naviglio c'era gia una cassa di 150 schioppi da caccia diretti a un armaiuolo di Tunisi. Figuratevi l'allegrezza dei volontari! Per tutto il viag-gio, da allora, non fecero che fabbricar cartucce e fonder palle adatte a quei fucili, che, naturalmente, cre-dettero bene di appropriarsi come diritto di guerra.

: II giorno 27 giunsero a Ponza, isola dell'arcipelago napoletano, in cui il governo borbonico teneva relegati molti condannati politici. Oggi in un muro dell'unica strada dell'isola si possono leggere in una lapide al-cuni nomi di quei relegati. II governo italiano non ha voluto in questo esser da meno del governo borbonico, ed anche lui ha mandato a piu riprese a Ponza ed in altrc isole del meridionale, relegati col nome di coatti, i socialisti e gli anarchici che con la loro azione poli-tica lo disturbavano. Ma torniamo a Pisacane ed ai suoi amici.

Questi, giunti nella rada di Ponza, con un'astuzia at-tirarono a bordo ed imprigionarono il capitano di por-tc e qualcne altra autorita del luogo piu ingenua. Quin-d» in quattordici scesero a terra, assaltarono e disar-marono il porto doganale e la gardia dei veterani. I 300 soldati di fanteria che erano nell'isola di guardia, non sapendo di tanta inferiority di numero, si arresero quasi senza colpo ferire. Pisacane impose loro la con-segna delle chiavi delle prigioni, e quindi corse a libe-rare tutti i prigionieri politici, un migliaio circa. Uno di questi, per ricompensa si fece traditore dei suoi libe-ratori. Si chiamava De Leo. Istigo gli altri suoi conde-tenuti a non seguire Pisacane, che li aveva gia tutti in-gaggiati, e riusci a distoglierne da lui quasi seicento. E mentre Pisacane e i suoi compagni stavano per partire con q-H altri quattrocento rimasti fedeli, il De Leo sur una barca si reco a Gaeta ad avvertire le autorita bor-boniche.

Intanto, nella notte, il piroscafo Cagliari con i rivolu-zionari faoeva strada verso il continente, e vi giunse innanzi che il giorno sorgesse. Carlo Pisacane ed i suoi sbarcarono precisamente dove s'era convenuto col co-mitato di Napoli, vicino al villaggio di Sapri. Qui pero riessuno li aspettava; 1 soccorsi promessi non vennero,

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e nessuno rispose al lore appello di liberta. Venuto il giorno, gli abitanti in cui si imbattevano fuggivano spaventati, e dopo aver aspettato tutta la giornata del 28 pernottarono a Sapri, donde partirono l'indomani in-ternandosi. A mezzodi del giorno 24 i volontari, che ormai possiamo chiamare i volontari della morte, giun-gevano a Torraca. Niun volto amico neppur qui: at-torno a loro silenzio, paura, abbandono, fuga. Perfino il barone Gallotti, che si sapeva liberale, corse dalle autorita a scagionarsi d'ogni solidarieta coi rivoluzio-nari sbarcati a Sapri. Giunti a Padula, un altro paeset-to. il 30 giugno, la cosa si ripete: la gente fuggi atter-rita o si nascose, come fossero arrivati i briganti, tanta era l'ignoranza di quel la popol azione ed il loro feticcio-attaccamento ai Borboni.

Intanto il governo, avvertito, spediva battaglioni su battaglioni sui passi degli insorti, cercando di attorniar-li. Contemporaneamente la guardia urbana di Sapri, di Torraca e di altri paesi dei dintorni si armo con-tro gli sbarcati dai Cagliari. II Cagliari presto veniva raggiunto dalle navi borboniche e catturato, e presine prigioni tutti i marinai e le persone rimastevi.

Abbiamo detto della guardia urbana; ma non si cre-da che questa fosse qualche cosa come la guardia ci-vica o nazionale, che si istituiva durante le rivoluzioni del 1848 nelle varie citta d'ltalia. Era essa una guardia civica a rovescio, composta di tutti gli oziosi e le canaglie de' vari luoghi, assoldati dai la polizia in ser-vizio della reazione. Era gente brutale, manesca, anal-fabeta, ignorante, quasi sempre rea di delitti comunir attaccata ai borboni come Tostrica alio scoglio. Circa 8oo di queste guardie urbane, insieme a 200 gendanni, s'imbatterono il primo luglio con i rivoluzionari, e at-taccarono battaglia con essi. I rivoluzionari ebbero la vittoria, sbandando, dopo uno scontro accanito, le guardie e i gendarmi borbonici. Malgrado la vittoria pero, gli insorti erano in tristi condizioni; stanchi e tra-felati dopo tre giorni di cammino, e dopo un combat-timento, non potevano trovar modo di riposarsi e tauto meno di rifocillarsi. Mancava loro pane ed acqua; e niuno voleva darne. Tutte le porte venivano ad essi chiuse in faccia; e forse e deplorevole che i rivoluzionari non si prendessero con la forza cio che loro veniva negato, chiesto con le buone e col denaro alia mano. La sete sopratutto che soffrirono fu terribile.

Mentre dopo la vittoria essi riposavano alia meglio sotto gli alberi, giunsero altre truppe nemicHe. Questa volta erano otto compagnie regolari di Cacciatori borbonici, comandati dal tenente colonnello Ghlo, il me-desimo che nel '60 doveva ignominiosamente fuggire davanti a Garibaldi.

Per giudicare deU'entita delle forze giunte airim-provviso sugli insorti,% bastera dire che ciascyna com-pagnia Napoletana si componeva di 150 o 160 uomini. Mille e due cento soldati regolari e bene armati, contro appena trecento volontari (che tanti eran rimasti) con munizioni scarsissime e con poveri fucili da caccia! Era il principio della fine...

La battaglia duro piu di due ore, ma alia fine man-carono le cartuccie ai volontari, e si dovette pensare ad una risoluzione disperata. O internarsi ancora nei monti, o morire battendosi alia meglio fino alTultimo. Carlo Pisacane era del secondo parere, ma Nicotera lo dis-suase, persuadendolo invece a battere in ritirata e ri-piegare con gli altri verso il Cilento. Cosi comincio la dolorosa ritirata — il Calvario! Nell'attraversare Pa-dula il volgo si scagli® contro di loro, assalendoli di fianco, a tergo, gettando sul loro capo pietre e masseri-zie dalle finestre, uccidendone alcuni, altri facendone prigionieri, e assassinando anche cinque di questi. II manipolo di generosi, assottigliato gia nei precedenti scontri, si assottiglio cosi anche di piu; erano rimasti in 96 da 400, attorno a Pisacane, Nicotera e Falcone.

Percorsero insieme, internandosi ancora, la pianura, e giunsero alle falde delle montagne di Buonabitacolo. Ahi! che non fu abitacolo buono per quel generosi! Stanchi, digiuni, assetati, tutti negavano loro asilo, ac-qua, pane. Smarriti, non sapevano ove andare; e solo un pastore si offerse loro di guidarli verso il villaggio di Sanza. Credcte voi che vi andassero per ottenerne ristoro materiale? No! Ancora la speranza di far in-sorgere quelle terre non era spenta in loro, e di nuovo baldanzosi, benche pochi e disarmati, entrarono il 2 luglio nel villaggio di Sanza a bandiere spiegate, Carlo Pisacane alia testa, gridando a gran voce: Viva VItalia! Viva la liberta! Ma miglior sorte neppur qui doveva loro toccare.

II popolaccio del luogo, mentre gli altri si nascon-devano, tutt'altro che seguirli, si scaglio pur esso furi-btndo contro gli sventurati. Si armarono in un batter docchio di scuri, di forche, di falci e di bastoni, e li • rincorsero fuori del villaggio, guidati dai preti e dai frati; e piu furenti di tutti eran le donne!

L'ultima carneficina cosi comincio. Alcuni der^li ex relegati di Ponza si dispersero, cercando di sfuggire aHeccidio correndo via per la campagna e per i rronti. Non rimasero che in dodici attorno a Pisacane, Nicotera e Falcone. La strage continuo su loro. Falcone presto cadde in un lago di sangue, e Carlo Pisacane, circondato da ogni parte, gia ferito, fu mortalmente colpito da un fendente di scure, e tutti ^li altri villani

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gli si lanciarono sopra finendolo a colpi di forche e di falci.

Cosi l'eroe fini la sua vita gloriosa e laboriosa, spesa tutta nel pensiero e nell'azione per la liberta, a soli 39 anni, il 2 luglio 1857.

Che cosa avvenne poi? Giovanni Nicotera stava per raccogliere e trascinar via il cadavere di Carlo Pisacane, quando una palla lo feri alia destra ed altri colpi di scure lo stramazzarono a terra. Egli fu preso prigione, insieme agli altri, e trascinato via ignudo, fra gli insulti, le beffe, gli sfregi della plebaglia. Si fece contro loro e i complici e pretesi tali un gran processo a Salerno. Poche furono le assoluzioni, e molte le condanne piu feroci. Giovanni Nicotera si porto valentemente in quel processo; con l'astuzia salvo dalla condanna i pochi che infatti furono assolti, ed al Procuratore fiscale che lo taccio di mentitore, ricaccio in gola l'insulto scaranven-tandoeli contro in piena udienza il calamaio di ferro del Cancel Here.

Notiamo con rammarico questo contegno fiero del Nicotera; poiche pensiamo che molti anni piu tardi, libe-rato dalla prigionia perpetua nel fosso di Favignana, cui 1'aveva condannato il Borbone, e giunto al potere a capo delTItalia una, cambio siffattamente di pensiero e di sentimento da minacciare a una commissione ope-raia di lanciare la cavalleria sulle donne ed i fanciulli dei lavoratori, durante la manifestazione del Primo Maggio. Indegno davvero quel giorno si rese d'aver a-dottata ed ospitata in sua casa la figlia del socialista e rivoluzionario mortogli a fianco a Sanza! A tanto puo giungere l'influenza pervertitrice e corruttrioe del potere 1

La compagna di Carlo Pisacane mori qualche tempo dopo del suo amico. II primo che ando, e bene ricor-d4rlo, ad annunziarle che il padre della figlia sua era stato ucciso, fu un giudice del governo sardo, recatosi a perquisirne la casa insieme al vice console del governo borbonico al quale, con atto di poliziesca defe-renza, fu fatta prender visione di tutte le carte rimaste in casa del Pisacane. E verita stoiica vuol che si dica che chi quel giorno tratto piii gentilmente e umanamente la vedova desolata, e la conforto di buone parole, fu il funzionario borbonico; per sola intercessione del quale, anzi, il villano giudice sardo non sfratto in nome del governo piemontese dal la casa dell'erce la sua compagna e la figlia.

Or riniquita dei tempi ha voluto che il desiderio di Carlo Pisacane non si sia avverato, che il risorgimento d'Italia non sia avvenuto com'ei voleva. Pensi la genera-zione che surge a realizzare delFeroe di Sapri l'altro ideale. quel lo che preconizzava non lontuno, per gli uo-mint affratellati di tutte le patrie, un avvenire di vero benesere e di integrale liberta.

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LUIGI Fabbri.

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